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Ora a Gaza si muore anche per fame

Giuseppe Caffulli
28 giugno 2025
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Ora a Gaza si muore anche per fame
Palestinesi in coda per gli aiuti umanitari nel nord della Striscia di Gaza il 26 giugno 2025. (foto Khalil Kahlout/Flash90)

Da oltre tre mesi, Gaza vive in una crisi umanitaria estrema, peggiorata dall’adozione di un controverso sistema di distribuzione degli aiuti umanitari, gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation, per tagliare i viveri a Hamas.


Mentre l’attenzione internazionale era rivolta a Teheran e al rischio di una guerra regionale dopo lo scontro diretto tra Iran e Israele, nella Striscia di Gaza continuava a consumarsi quasi silenziosamente la tragedia in corso da mesi. Il cessate il fuoco negoziato e imposto da Donald Trump, il 24 giugno, tra Israele e Iran ha riportato un’apparente calma a nord del confine, con i residenti delle città israeliane che escono dai bunker e tornano alla quotidianità. Ma pochi chilometri più a sud, nella devastata enclave palestinese, la guerra continua a mietere vittime, spesso lontano dai titoli dei giornali e dai servizi dei principali telegiornali.

Da oltre tre mesi, Gaza vive in una crisi umanitaria estrema, peggiorata dall’adozione di un controverso sistema di distribuzione degli aiuti umanitari, gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation, un’organizzazione privata sostenuta da Israele e Stati Uniti. Questo nuovo sistema, attivo dal 27 maggio, ha escluso le agenzie delle Nazioni Unite, Unrwa in testa, e le principali ong internazionali, riducendo il numero dei centri di distribuzione e concentrandoli nel sud della Striscia. Lo scopo proclamato dal governo israeliano era togliere a Hamas il controllo di gran parte degli aiuti, una volta entrati nell’enclave.

Il risultato finora è stato catastrofico: secondo fonti locali, oltre 500 persone sono state uccise e più di 3mila ferite nei pressi dei punti di distribuzione, abbattute in momenti di confusione e panico da colpi sparati dalle Forze di difesa israeliane (Idf). Il portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Thameen al-Keetan, ha denunciato pubblicamente che le vittime sono state «bombardate o colpite» mentre tentavano di provvedere cibo per le loro famiglie. «Le persone disperate e affamate di Gaza continuano a trovarsi di fronte alla disumana scelta tra morire di fame o rischiare di essere uccise mentre cercano di procurarsi del cibo», ha dichiarato al-Keetan.

La presa di posizione del funzionario Onu non è isolata. Secondo Jens Laerke, portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha), Gaza è oggi «il luogo più affamato sulla Terra». I nuovi centri di aiuto sarebbero «trappole mortali», dove civili disperati si accalcano all’arrivo dei convogli che vengono immediatamente assaltati. In sostanza, quello che dovrebbe essere un momento di sollievo e di soccorso, diventa occasione di morte.

Israele ha interrotto l’ingresso degli aiuti nel nord della Striscia di Gaza già da un paio di giorni, dopo la diffusione di immagini che mostrano uomini mascherati sui camion degli aiuti. Secondo fonti d’agenzia, non sarebbero però membri di Hamas, ma uomini di clan locali che si sarebbero organizzati autonomamente per proteggere i convogli ed evitare gli assalti da parte della popolazione disperata. Una tesi che non ha convinto il leader della destra nazionalista, e ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, che ha minacciato di uscire dal governo se non fossero state adottate misure ad hoc. In seguito a questa presa di posizione, il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz hanno ordinato all’esercito di presentare «entro 48 ore» un piano per impedire che Hamas si possa impadronire degli aiuti umanitari.

Come abbiamo già accennato, il nuovo sistema era nato per evitare che gli aiuti finissero nelle mani di Hamas, accusato di appropriarsi sistematicamente delle risorse destinate alla popolazione civile. Ma il prezzo di questa strategia si misura ora in vite umane. I 30 milioni di dollari annunciati dagli Stati Uniti per finanziare la Gaza Humanitarian Foundation sembrano servire più a costruire una parvenza di risposta che a risolvere davvero l’emergenza.

Nel frattempo, a Gaza manca letteralmente tutto: cibo, carburante, medicine… Le infrastrutture sanitarie sono al collasso e i bambini sempre più malnutriti. La crisi tra Iran e Israele ha tenuto con il fiato sospeso il mondo, ma l’effetto collaterale è stato quello di mettere in un angolo Gaza e la sua grave crisi umanitaria. A pagare, ancora una volta, sono i più vulnerabili.


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