
Fra Ibrahim Faltas cura i rapporti della Custodia di Terra Santa – di cui è vicario – con l'Autorità nazionale palestinese e con lo Stato d'Israele. E non si stanca di ripetere, a noi e a tutti, quanto sia urgente far tacere le armi e por fine a umiliazioni e sofferenze. Non solo a Gaza.
Dal fronte di Gaza continuano ad arrivare notizie tragiche. Oltre 50 palestinesi sono stati uccisi o risultano dispersi dopo un attacco aereo israeliano delle prime ore dell’alba di oggi, 23 maggio 2025, su un edificio residenziale nel nord di Gaza.
La guerra di Israele contro Hamas ha ucciso dal 7 ottobre 2023 almeno 53.762 palestinesi e ne ha feriti 122.197, secondo il ministero della Salute di Gaza. Ma c’è chi parla di un bilancio ben più grave (ben oltre le 60mila vittime), includendo le migliaia di persone disperse sotto le macerie e non ancora ritrovate. In più, lo spettro della fame è di ora in ora di più palpabile, essendo insufficienti gli aiuti che, solo da pochi giorni, riescono a entrare nella Striscia.
Fra Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, segue ogni giorno, con dolore e apprensione, la sorte dei cristiani – e non solo – che vivono nella Striscia e quella delle comunità che si trovano nei Territori occupati della Cisgiordania.
• Papa Leone XIV, nei suoi primi giorni di pontificato, ha lodato i cristiani d’Oriente per la loro testimonianza. Oggi, mentre non cessano le violenze, qual la situazione concreta dei cristiani a Gaza? E in Cisgiordania?
La situazione a Gaza è drammatica. Continuano i bombardamenti ed è iniziata da qualche giorno una grande operazione di terra. Manca l’indispensabile: cibo, acqua, cure mediche, farmaci, elettricità. La gente soffre, ha fame, ha paura. È disumano dover sopportare tanto dolore e tanta umiliazione. Anche in Cisgiordania la situazione va peggiorando, sono aumentati gli scontri fra i coloni israeliani e la popolazione, sono saliti i livelli di povertà in modo sempre più evidente. È difficile trovare lavoro a causa delle conseguenze della guerra e per le molte limitazioni al movimento: sono aumentati i check-point [istituiti dai militari israeliani – ndr]; attualmente sono circa 900.
• Il richiamo del Papa alla pace e al dialogo è incessante, a partire dalle prime parole pronunciate dalla loggia di San Pietro. In che modo la presenza francescana nei Luoghi Santi può contribuire a costruire ponti di dialogo e speranza in un contesto così segnato dal conflitto?
Noi francescani siamo presenti in Terra Santa da più di otto secoli. La Custodia di Terra Santa svolge una missione continua e costante a favore della pace. Nelle nostre scuole studiano allievi cristiani e musulmani, nella scuola di musica Magnificat di Gerusalemme abbiamo anche studenti e insegnanti di religione ebraica. Sperimentiamo ogni giorno la possibilità di convivere pacificamente attraverso un’educazione alla pace che coinvolge gli insegnanti, gli studenti e le loro famiglie. In questi lunghi mesi di guerra è difficile aiutarli ad avere fiducia e speranza, ma continuiamo ad avere cura e a dare sostegno e vicinanza a chi subisce i traumi visibili e invisibili della guerra. La Custodia di Terra Santa continua a favorire l’incontro fra persone di nazionalità e fedi diverse. Lo fa attraverso progetti specifici e attraverso programmi di supporto a situazioni che favoriscono strumenti di pace e possibilità di confronto fra persone di religioni diverse, ma con le stesse difficoltà di vita. I cristiani, e in particolare i francescani, sono stimati come operatori e mediatori di pace. Io rappresento la Custodia nei rapporti con l’Autorità nazionale palestinese e con lo Stato d’Israele e posso dire che le opere e le azioni dei francescani sono molto apprezzate, e considerate necessarie al processo di pace.
• Come giudicare l’impatto del recente viaggio del presidente statunitense Donald Trump in Medio Oriente? Ritiene che abbia portato speranze concrete o ha acuito le tensioni già esistenti?
È difficile fare una valutazione delle azioni di Trump in Medio Oriente perché abbiamo sentito ipotesi di intervento nella Striscia di Gaza che non sono sembrate molto «pacifiche». Non conosco precisamente cosa hanno prodotto gli incontri fra il presidente americano e gli Stati arabi più importanti. Spero che oltre ad accordi economici ci siano stati accordi e intese per risolvere al più presto le sofferenze di due milioni di persone a Gaza. Le parole e le promesse dei Paesi arabi fanno pensare ad un sostegno forte al popolo palestinese ma non abbiamo visto ancora la fine della guerra e condizioni di vita dignitosa a Gaza, in particolare, ma neppure nel resto della Terra Santa. Preghiamo perché il Signore illumini le menti e le coscienze di chi può fermare la violenza e l’odio che affliggono questa terra benedetta dalla presenza viva di Cristo Risorto!
• Quali sono le principali sfide quotidiane che affrontano i cristiani in Terra Santa oggi, dal punto di vista sociale ma anche spirituale? Si parla di diaspora crescente, di problematiche legate all’identità e alla visione di futuro…
I cristiani che vivono in Terra Santa stanno affrontando difficoltà notevoli. A Gaza sono sostenuti dalle parrocchie [la cattolica e l’ortodossa – ndr] che li hanno ospitati fin dall’inizio, ma anche le scorte, utilizzate con parsimonia, stanno finendo. Negli anni scorsi la pandemia e, da quasi venti mesi, la guerra hanno fatto cancellare i pellegrinaggi nei Luoghi Santi. Il lavoro nel settore turistico è la maggior fonte di reddito per i cristiani locali e la mancanza di pellegrini ha fatto salire i livelli di povertà, soprattutto in Cisgiordania. Le difficoltà economiche sono quelle più evidenti perché vengono a mancare necessità importanti per il sostentamento delle famiglie, manca il cibo e manca la possibilità di curarsi. Manca la prospettiva di un futuro per i figli e si cerca di trasferirsi in nazioni più sicure. Tantissime famiglie di Betlemme e di Gerusalemme lo hanno fatto dal 7 ottobre 2023 ad oggi. La Custodia di Terra Santa offre lavoro, istruzione e abitazioni. È diventato molto difficile e complesso aiutare e sostenere le necessità di tanti cristiani che vorrebbero rimanere in Terra Santa ma che non possono farlo a causa della situazione di guerra. Con l’aiuto della Provvidenza e dei benefattori, noi francescani continuiamo ad essere vicini e a sostenere i nostri fratelli. Non perdiamo la speranza di vedere la comunità cristiana nuovamente riunita nei Luoghi Santi, magari con il ritorno di tante famiglie.
• Nella recente Colletta dl Venerdì Santo si è nuovamente sottolineato l’impegno del sostegno alla Chiesa Madre di Gerusalemme. Cosa può fare la comunità internazionale, e in particolare i cristiani d’Occidente, per sostenere la presenza cristiana in Terra Santa?
Prima di tutto la comunità internazionale deve lavorare per la pace, favorire e chiedere la fine della guerra. È la necessità più importante e vitale. I cristiani d’Occidente e del mondo hanno l’arma più potente: la preghiera. Pregare è indispensabile perché la preghiera aiuta e sostiene. Gli uomini e donne di buona volontà non devono dimenticare i fratelli della Terra Santa che vivono nella sofferenza. Il sostegno economico, in questo momento storico, è più che mai necessario.
• Cosa serve oggi per poter nuovamente proporre a diocesi e parrocchie un pellegrinaggio in Terra Santa? È solo questione di sicurezza o serve una nuova consapevolezza e nuovi stimoli?
Comprendo che le notizie di Gaza che riempiono giornali e televisioni non spingono a partire per un pellegrinaggio in Terra Santa.
Chi sente il bisogno di venire a pregare nei Luoghi Santi è bloccato dalla paura e dall’insicurezza. Credo che bisognerebbe dare un segno anche in questo ambito: il pellegrinaggio non è un semplice viaggio, va preparato e condiviso con i partecipanti ad un evento che a volte rimane unico nella vita (anche se chi ha vissuto pienamente l’esperienza del pellegrinaggio non vede l’ora di tornare in Terra Santa e sente il bisogno di tornare a casa, nella terra dove «tutti siamo nati»). L’amore profondo per la Terra Santa è tale che può annullare le paure e le insicurezze. Con la dovuta preparazione, le dovute accortezze e in sicurezza, il pellegrinaggio e la preghiera restano le uniche armi consentite in Terra Santa.