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Diluvio di fuoco su Gaza, decine di migliaia gli sfollati

Terrasanta.net
12 ottobre 2023
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La violenza di Hamas ha scatenato Israele. Piovono bombe su 2 milioni e 300mila gazesi. L'Unrwa chiede aiuto e dice che gli sfollati sono 340mila. Tra loro anche una manciata di cattolici, rifugiatisi nella parrocchia di Gaza. Le diplomazie premono per creare una via di fuga attraverso l'Egitto. Ma verso dove?


(g.s.) – Per darsi coraggio a vicenda e trovare scampo dalle bombe israeliane che piovono sulla Striscia, molti membri della minuscola comunità cattolica che abita a Gaza hanno trovato rifugio nei locali della parrocchia della Sacra Famiglia.

Il parroco padre Gabriel Romanelli non è con loro. Venuto a Roma per assistere al Concistoro del 30 settembre scorso e far festa al suo vescovo, il patriarca Pierbattista Pizzaballa, si è fermato a Betlemme, sulla via del ritorno, per recuperare un medicinale introvabile nella Striscia e destinato a una suora. Gli eventi del 7 ottobre lo hanno sorpreso e bloccato lì. «Non posso uscire da Betlemme e, tantomeno, entrare nella Striscia», ripete ai tanti giornalisti che lo raggiungono al telefono. Con i fedeli e le suore è rimasto il più giovane padre Yousef Assad, egiziano e membro dell’Istituto del Verbo incarnato, come Romanelli.

Si fa scorta d’acqua alla parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza.

Il parroco si tiene comunque in contatto con i suoi e racconta che sono 180 circa le persone ospitate dalla parrocchia. Non solo cristiani; anche vicini di casa musulmani.

«La situazione è veramente terribile – dice padre Gabriel facendo eco a tante altre voci che provengono dalla Striscia –. I bombardamenti non si arrestano da giorni. Morti e feriti continuano ad aumentare. L’acqua potabile (consegnata in precedenza da un’autobotte – ndr) viene centellinata e utilizzata essenzialmente solo per bere».

Forse più che altrove, in questa parrocchia si prega insieme per la pace.

Nei giorni scorsi papa Francesco ha telefonato al parroco per manifestare la sua vicinanza e inviare un messaggio di solidarietà ai cristiani di Gaza (un migliaio in tutto se si considerano i non cattolici) e agli altri 2 milioni e 300mila abitanti. «Io l’ho ringraziato – dice padre Romanelli – per il suo appello a cessare le aggressioni e il terrore della guerra».

«Abbiamo bisogno che tutto questo si fermi e che la situazione non peggiori, per poter curare le migliaia di feriti», dice il parroco, ma sa che difficilmente andrà così. «Si prega per la pace. Speriamo che possa arrivare presto, anche se sembra impossibile da un punto di vista umano. Solo Dio sa cosa accadrà».

Materassi per gli sfollati alla Sacra Famiglia.

Nel pomeriggio di ieri, 11 ottobre, l’agenzia Onu per l’assistenza ai profughi palestinesi (l’Unrwa) ha fornito un aggiornamento dei dati in suo possesso: 340mila persone dentro la Striscia hanno abbandonato le loro abitazioni per sottrarsi ai bombardamenti; oltre 218mila si sono riversate nelle 92 scuole dell’Unrwa. È arduo tener dietro alla conta di morti e feriti (12 i morti tra il personale dell’agenzia Onu). L’assedio israeliano, deciso come reazione agli atti terroristici commessi dagli uomini di Hamas il 7 ottobre scorso, è strettissimo e causa una serie di conseguenze per la popolazione e non solo per i terroristi, che verosimilmente avevano già calcolato le conseguenze delle loro azioni e si sono attrezzati per farvi fronte. La mancanza di energia elettrica blocca gli impianti di desalinizzazione dell’acqua marina; si va verso un progressivo esaurimento delle riserve di carburanti, cibo e acqua potabile; molte strade sono rese impraticabili dall’accumulo di macerie.

L’Unrwa ha lanciato un appello internazionale per la raccolta di 104 milioni di dollari necessari per finanziare l’assistenza umanitaria nei prossimi 90 giorni (anche i privati possono donare attraverso il sito Internet dell’Unrwa). Un’assistenza che comunque avrà bisogno di varchi di transito degli aiuti d’emergenza. Il governo egiziano ha dichiarato che consentirà di utilizzare per l’invio di soccorsi il valico di Rafah.

Israele invece, dice che allenterà l’assedio solo una volta ottenuta la liberazione degli ostaggi (forse 150) sequestrati da Hamas il 7 ottobre.

Il premier Benjamin Netanyahu nei giorni scorsi ha detto che ogni membro di Hamas è un uomo morto e che Israele, con il suo intervento militare, si accinge a cambiare il volto dell’intero Medio Oriente. Ora che è entrato nella coalizione di governo – con il suo partito Unità nazionale – anche (l’ex generale) Benny Gantz, uno dei principali leader dell’opposizione, diventa operativo un gabinetto di guerra ristretto, di cui faranno parte soprattutto ex alti ufficiali delle forze armate e che dovrebbe essere precluso ai ministri più estremisti come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir.

 

Intanto le diplomazie internazionali lavorano all’apertura di un varco umanitario che consenta ai gazesi che lo vogliano di lasciare la Striscia, entrando da Rafah in territorio egiziano. Il Cairo oppone resistenza perché sa bene che quei profughi in fuga dalla guerra non faranno più ritorno nella Striscia; e neppure troveranno altre nazioni arabe disposte ad accoglierli a braccia aperte.

Le spiagge del Mediterraneo e le coste dell’Europa son lì che aspettano…

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