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Sofia e gli altri, in Israele il carcere non piega gli obiettori di coscienza

Manuela Borraccino
20 giugno 2024
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Sofia Orr è tornata libera mentre Tal Mitnick e Ben Arad, altri due coetanei, restano dentro per il rifiuto di andare a combattere dopo il 7 ottobre. «La nostra scelta è per dire che un cambiamento è necessario e possibile», ha spiegato la giovane al quotidiano Haaretz.


È stata rilasciata all’inizio di giugno dopo 85 giorni di detenzione in un carcere militare per essersi rifiutata di svolgere il servizio di leva obbligatorio per tutti i maggiorenni in Israele (salvo esenzioni). Sofia Orr (ne abbiamo parlato nel numero di marzo-aprile 2024 della rivista Terrasanta, a p. 20) è stata la seconda 18enne dopo Tal Mitnick ad esprimere obiezione di coscienza in segno di protesta contro la guerra a Gaza e contro decenni di occupazione dei Territori palestinesi. Una decisione che la giovane ha esplicitato il 25 febbraio scorso al centro di reclutamento nei pressi di Tel Aviv dove era stata invitata a presentarsi e che le è costata vari periodi di carcere, come è prassi in questi casi in Israele, popo i quali – generalmente – si viene dichiarati «non idonei al servizio militare».

Una decisione, quella di Sofia, per la quale anche oggi continua a subire oltraggi e insulti da parte di estremisti di destra e di sinistra nel clima di mobilitazione generale che ha preso piede in Israele dopo i massacri perpetrati da Hamas il 7 ottobre 2023. «Rifiuto di servire nell’esercito per dimostrare che è necessario un cambiamento e che il cambiamento è possibile, per la sicurezza e la salvezza di tutti noi in Israele e Palestina, e nel nome di quell’empatia che non ha nulla a che vedere con l’identità nazionale» ha dichiarato nei giorni scorsi in un’intervista al quotidiano Haaretz dalla sua casa a Pardes Hannah, nel nord di Israele.

→ Leggi anche: La scelta di Tal

La ragazza ha raccontato come la sua scelta sia nata molto tempo prima del 7 ottobre 2023 e affondi le radici nelle domande che ogni adolescente israeliano si pone su quale significato il servizio militare obbligatorio rivesta nella propria vita. «Mi sono resa conto che l’esercito non rappresenta i valori fondamentali con cui sono cresciuta: la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo, l’empatia, la solidarietà e l’uguaglianza – né nel modo in cui tratta i propri soldati né nel modo in cui si comporta esternamente nell’occupazione e nella guerra. È un sistema intrinsecamente molto aggressivo e violento, e non posso prendere parte a un tale sistema».

In Israele essere refusenik è una presa di posizione talmente impopolare e gravida di conseguenze, anche per la possibile esclusione da molte opportunità di carriera nel pubblico impiego e nel privato, che Sofia spiega di averla compiuta anche per chi non può permettersi, pena l’esclusione dalla propria famiglia, di portare alle estreme conseguenze una simile scelta.

La sua fermezza ha provocato reazioni di una brutalità inaudita, ingiurie e persino minacce di stupro. «Ma ogni tanto – racconta – arriva un messaggio di qualcuno che mi dice che il mio atto lo sta spingendo a riconsiderare la propria posizione, e allora penso che se anche fosse uno su mille val la pena andare avanti». Lo dimostra tra l’altro il caso di Ben Arad, il terzo refusenik dal 7 ottobre ad aver fatto questa scelta seguendo l’esempio di Tal Mitnick, incarcerato alla fine di dicembre con una condanna iniziale di 30 giorni e al 17 giugno detenuto per 185 giorni nelle carceri militari.

Dopo diversi mesi nella prigione militare, lo scorso maggio Sofia è stata convocata da una Commissione formata da militari e da un civile chiamata a valutare se il suo fosse un reale caso di obiezione di coscienza. Alla domanda se fosse grata all’esercito per essere andato a combattere contro Hamas, Sofia ha risposto di «poter essere grata ma non felice per questo: resto convinta che non possa esserci una soluzione militare a un problema che è politico e di umanità».

Quello stesso giorno, mentre lei ha ottenuto l’esenzione dalla leva, Tal Mitnick ha subito una quinta condanna ad altri 35 giorni di carcere.

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