È di ieri, mercoledì 22 novembre, dopo 46 giorni di guerra, l’annuncio del governo israeliano di un accordo con Hamas mediato dal Qatar, dall’Egitto e dagli Stati Uniti per un cessate il fuoco di 4-5 giorni con lo scambio fra 50 ostaggi sequestrati nell’attacco del 7 ottobre in cambio del rilascio di 150 donne e minorenni detenuti nelle carceri israeliane. Un accordo per liberare dieci ostaggi al giorno, slittato a domani venerdì 24, chiesto a gran voce fin dalle primissime ore dai familiari delle vittime e da una parte dell’opinione pubblica israeliana: secondo il collettivo delle famiglie dei 238 ostaggi (decine dei quali con doppio passaporto) ci sono 33 minorenni, il più piccolo dei quali ha 9 mesi, e 62 donne – fra le quali quattro soldate – in mano a Hamas e al Jihad islamico.
Così come c’è grande attesa fra le famiglie dei detenuti palestinesi: se fino al 7 ottobre 2023 erano 5.200 i prigionieri nelle carceri israeliane, fra i quali 31 donne e 156 minorenni, secondo l’associazione per il sostegno e i diritti umani dei detenuti Addameer, al 22 novembre il numero è salito a 7.000 (inclusi 80 donne fra le quali cinque minorenni e 200 ragazzi fra i 12 e i 17 anni). Tra costoro almeno 2.000 sarebbero i carcerati in detenzione amministrativa. Per l’associazione per i diritti umani israeliana HaMoked, in effetti, in un mese è passato da 1.319 a 2.070 il numero di coloro che sono stati arrestati senza capi di imputazione, senza convalida del fermo e senza poter accedere ad un’udienza col giudice. Si tratta di una prassi – già condannata dalle Nazioni Unite e da un recente rapporto di Amnesty International – prevista dai regolamenti militari in vigore nei Territori occupati che consentono una detenzione potenzialmente indefinita.
Chi sono le detenute e i minori palestinesi al centro dello scambio? Il ministero della Giustizia ha diramato una lista di 300 nomi (296 provengono dalla Cisgiordania e da Gerusalemme, solo quattro da Gaza) di detenuti per reati minori o che si trovano a fine pena, nel caso che Hamas decida di rilasciare altri ostaggi in cambio di altri prigionieri: per ogni dieci ostaggi in più Israele allungherà di un giorno il cessate il fuoco a Gaza. Nell’elenco figurano 33 donne e 123 minorenni, fra i quali cinque 14enni.
Le detenute più anziane sono Hanan Abdullah Barghouthi, 59 anni, in carcere per capi di imputazione legati alla sicurezza e Samira Abd Al-Aziz Harbawi, 53 anni, detenuta per aggressione, detenzione e fabbricazione di coltelli e armi da taglio. Nella lista figurano anche Asra Jabas, 39 anni, che nel 2015 fece esplodere una bombola di gas ferendo un poliziotto 45enne in un check-point di guardia alla colonia di Ma’ale Adumim, nei Territori occupati tra Gerusalemme Est e Gerico. E ci sono anche giovani che erano incensurate quando, nel 2015, vennero coinvolte nella cosiddetta «intifada dei coltelli»: Misoun Mussa, che oggi ha 28 anni, venne condannata a 15 anni per aver accoltellato una soldata israeliana a Gerusalemme, e Marah Bakeer, che aveva 16 anni quando accoltellò un poliziotto e venne condannata a 8 anni e 6 mesi di carcere.
Dovrebbero essere liberate anche giovani finite in carcere in quest’ultimo mese: Aseel Osama Shadeh, 17 anni, arrestata nelle scorse settimane per aver sventolato una bandiera di Hamas al check-point di Qalandia, fra Ramallah e Gerusalemme, e Ahed Tamimi, 22 anni, attivista ormai di fama internazionale per aver scontato 8 mesi di reclusione nel 2018, quando aveva 17 anni, per aver schiaffeggiato un soldato israeliano (dopo che era già diventato virale dieci anni fa un video che la ritraeva a 12 anni, mentre alzava il pugno e inveiva contro un soldato armato di tutto punto che era alto il doppio di lei). La ragazza è stata nuovamente arrestata due settimane fa per un post incendiario contro i coloni sui social, incriminata per istigazione all’odio online per le autorità israeliane che non hanno creduto alle attestazioni della famiglia che ha negato lo avesse scritto lei.
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Saranno il premier Benjamin Netanyahu con i ministri Yoav Gallant e Benny Gantz a decidere quali prigionieri liberare in ogni fase. Sempre loro tre decideranno anche quando terminerà il cessate il fuoco. Israele ha escluso il rilascio di detenuti condannati per omicidio, ma potrebbe essere incluso chi sta scontando il tentato omicidio, o anche chi è accusato di preparazione di attentati terroristici o reati minori come danni alla proprietà, ostacoli alle attività della polizia o assembramenti non autorizzati. Altri reati minori – che sono la maggior parte di quelli per cui sono accusati i 123 minorenni della lista ed in particolare cinque 14enni – includono il lancio di pietre, l’oltraggio a pubblico ufficiale, lancio di bottiglie molotov, l’incendio doloso, il possesso di esplosivi. Secondo l’Osservatorio dei Tribunali militari, un’associazione israeliana che monitora il rispetto dei diritti umani dei minorenni detenuti nelle carceri israeliane fra i 156 minori tra i 12 e i 17 anni presenti nelle carceri al 7 ottobre 2023 la stragrande maggioranza erano stati arrestati proprio per reati riconducibili alla guerriglia: nel rapporto 2022 dell’organizzazione, stilato su un campione di 100 minori detenuti, risultava che il 74 per cento aveva riportato abusi fisici e il 42 per cento era stato posto in isolamento.
Molti commentatori israeliani hanno fatto presente dall’inizio della guerra come quella dei detenuti sia una questione centrale per il popolo palestinese visto che, secondo le Nazioni Unite, quattro palestinesi maggiorenni su dieci hanno trascorso del tempo in detenzione. In 56 anni, secondo l’ultimo rapporto della Relatrice speciale dell’Onu sui Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, Israele ha detenuto fin qui circa un milione di palestinesi, comprese alcune decine di migliaia di minorenni. I funzionari dell’Onu hanno più volte richiamato Israele al rispetto del diritto internazionale, che vieta tra l’altro l’applicazione delle leggi marziali ai civili (sono 1.600 le ordinanze militari emesse dal 1967 nella Cisgiordania occupata), ma il governo israeliano ha sempre fatto orecchie da mercante.
L’associazione Addameer fa presente come molti dei più recenti arresti provengano proprio dai raid condotti dall’esercito israeliano in Cisgiordania, dove le proteste dei palestinesi per l’occupazione sono cresciute di pari passo con gli attacchi dei coloni, alcuni dei quali culminati in omicidi, contro contadini e pastori. Ci sono anche 700 scomparsi da Gaza che sarebbero detenuti nelle carceri israeliane ma su di loro, spiega la portavoce di Addameer Tala Nasir, il riserbo delle autorità israeliane è totale: l’esercito con la stella di Davide ha dichiarato di aver arrestato 300 persone a Gaza dall’inizio dell’invasione di terra e di averle trasferite in Israele «per interrogatori».