Ne hanno parlato nei giorni scorsi il britannico The Telegraph e la tivù israeliana Channel 12, con ampi reportage. Man mano che prosegue l’offensiva di terra dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza appaiono sempre più definiti i contorni dei grandi arsenali di armi a disposizione di Hamas. Oltre alla quantità di armamenti di ogni tipo (cosa che spiega anche la resistenza in atto, a quattro mesi di distanza dal 7 ottobre) quello che stupisce è la provenienza: fucili d’assalto, lanciagranate e apparecchiature di comunicazione avanzate sarebbero per molta parte di provenienza cinese.
La scoperta, oltre a sollevare la domanda su come le armi siano arrivate ad Hamas, mette a dura prova le relazioni tra Israele e Cina.
Che l’operazione intrapresa da Hamas il 7 ottobre, con l’invasione oltre barriera e il sanguinoso attacco ai kibbutz di confine e la mattanza dei giovani riuniti per un rave party nelle vicinanze della Striscia, avesse segnato un salto di livello nella preparazione e nella strategia della fazione terroristica, era stato subito chiaro. Il ritrovamento delle armi cinesi (e le ipotesi sulla loro provenienza) indicano ancora più chiaramente – secondo fonti dell’intelligence israeliana – chi sia stato l’ispiratore e il regista occulto dell’operazione.
«Si tratta di armi e tecnologie di comunicazione di altissimo livello, in grado di funzionare anche all’interno del complesso sistema di tunnel che percorre il sottosuolo, cose che Hamas non aveva prima, con esplosivi molto sofisticati che non sono mai stati trovati prima e soprattutto su così larga scala», fanno sapere esponenti dello Shin Bet, i servizi segreti interni.
Se è vero che le armi sono per lo più di fabbricazione o prodotte su licenza cinese, è però difficile che Pechino abbia potuto venderle direttamente al gruppo jihadista. La Cina, infatti, solitamente cede armi solo ad un altro Stato, il che fa dell’Iran il più probabile indiziato
Secondo Carice Witte, fondatrice del gruppo Signal (acronimo di Sino-Israel Global Network & Academic Leadership), esperta di relazioni Cina-Israele, «per definizione, Pechino non vende armi a entità non statali; certamente vende armi a Paesi del Medio Oriente».
Nel supermercato bellico di Hamas, a quanto si apprende, sono presenti anche armi di provenienza russa, nordcoreana e bulgara. Canali di approvvigionamenti sarebbero gli infiniti tunnel che collegano la Striscia con l’Egitto, dove sarebbero stati fatti transitare nottetempo. Ma è possibile anche un approdo via mare, o in container utilizzati per spedizioni di cibo e altre merci.
Tra le armi che sono state rinvenute, anche il letale AM-50 Sayyad (in arabo «cacciatore»), un fucile di precisione di fabbricazione iraniana che spara colpi calibro 50 abbastanza potenti da perforare l’acciaio. Ma non mancano anche rimasugli dell’era sovietica: armi russe copiate e prodotte in Iran e Cina. Tra queste il 9M32 Strela di progettazione russa, un sistema missilistico antiaereo portatile a infrarossi.
Nell’arsenale di Hamas non manca un tocco di made in Italy: le mine anticarro TC/6. Seán Moorhouse, ex ufficiale dell’esercito britannico ed esperto artificiere, ritiene però che in questo caso, più che di provenienza italiana, le mine TC/6 siano state copiate dall’industria bellica iraniana.
Ci sono poi anche armi prodotte in gran numero, anche se in forma artigianale, dentro la Striscia: razzi e mortai realizzati al tornio e alimentati con esplosivi realizzati usando fertilizzanti. E poi un lanciamissili in grado di lanciare 14 razzi contemporaneamente e il drone Zuwari, armato con esplosivo, usato il 7 ottobre per colpire le torri di controllo israeliane e abbattere le telecamere di sorveglianza.
Tra le armi più sofisticate prodotte da Hamas, spiegano gli esperti, c’è anche la copia di un razzo anticarro russo chiamato PG-7VR, progettato specificamente per penetrare i sistemi di difesa dei carri armati israeliani Merkava Mark VI. Dal mercato globale dei mercanti di morte Hamas sembra aver ottenuto la licenza di copiare droni di progettazione iraniana dotati di testate che esplodono quando si schiantano contro l’obiettivo. Ma anche leggeri droni quadricotteri di fabbricazione cinese, adattati nelle segrete di Hamas per sganciare esplosivi su carri armati e truppe.
Una modalità di combattimento, come abbiamo visto in Siria, nello Yemen, in Iraq, in Ucraina e ora a Gaza, che sta cambiando radicalmente la guerra dell’era moderna.