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Il Papa agli ambasciatori in difesa della pace

Terrasanta.net
8 gennaio 2024
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Il Papa agli ambasciatori in difesa della pace
8 gennaio 2024, nell'Aula della benedizione in Vaticano l'incontro di papa Francesco con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. (foto Vatican Media)

Questa mattina si è svolto in Vaticano l'annuale solenne incontro del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede con papa Francesco per lo scambio degli auguri a inizio anno. Il Pontefice ha incentrato il suo discorso sul tema della pace, sotto vari aspetti. Ineludibile un passaggio su Israele e Palestina.


Papa Francesco ha ricevuto questa mattina nell’Aula della Benedizione, in Vaticano, gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede per il consueto scambio di auguri per il nuovo anno. Bergoglio ha voluto percorrere tutta la lunga aula con le proprie gambe, lentamente, appoggiandosi al bastone. Due ali di diplomatici lo hanno accolto in silenzio. Ha poi preso la parola, in francese, il decano del corpo diplomatico George Poulides, ambasciatore di Cipro. Guardando al quadro attuale del «pianeta malato», il decano ha evocato ovviamente i temi della «terza guerra mondiale a pezzi» e della crisi climatica e ha ripercorso idealmente le questioni salienti toccate dal Papa nel corso dei viaggi all’estero compiuti lo scorso anno.

Prima di salutare uno ad uno tutti i presenti, il Papa ha rivolto all’uditorio un discorso molto articolato. Il tema di fondo è stato quello della pace, accostato da diverse prospettive. È su queste parti del discorso che ci soffermeremo qui, rinviando alla lettura del testo completo chi volesse cogliere altri aspetti.

Nei primi minuti della sua riflessione, il Papa ha osservato: «Cari Ambasciatori, c’è una parola che risuona in modo particolare nelle due principali feste cristiane. La udiamo nel canto degli angeli che annunciano nella notte la nascita del Salvatore e la intendiamo dalla voce di Gesù risorto: è la parola “pace”. Essa è primariamente un dono di Dio: è Lui che ci lascia la sua pace (cfr Vangelo di Giovanni 14,27); ma nello stesso tempo è una nostra responsabilità: «Beati gli operatori di pace» (Vangelo di Matteo 5,9). Lavorare per la pace. Parola tanto fragile e nel contempo impegnativa e densa di significato. Ad essa vorrei dedicare la nostra riflessione odierna, in un momento storico in cui è sempre più minacciata, indebolita e in parte perduta. D’altronde, è compito della Santa Sede, in seno alla comunità internazionale, essere voce profetica e richiamo della coscienza».

Un compito oggi tanto più urgente. Così Bergoglio: «Alla vigilia di Natale del 1944, Pio XII pronunciò un celebre Radiomessaggio ai popoli del mondo intero. La seconda guerra mondiale stava avvicinandosi alla conclusione dopo oltre cinque anni di conflitto e l’umanità – disse il Pontefice – avvertiva “una volontà sempre più chiara e ferma: fare di questa guerra mondiale, di questo universale sconvolgimento, il punto da cui prenda le mosse un’era novella per il rinnovamento profondo”. Ottant’anni dopo, la spinta a quel “rinnovamento profondo” sembra essersi esaurita e il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito “terza guerra mondiale a pezzi” in un vero e proprio conflitto globale».

Il passaggio successivo è calibrato e letto dal Papa senza l’aggiunta di glosse a braccio: «Non posso in questa sede non ribadire la mia preoccupazione per quanto sta avvenendo in Palestina e Israele. Tutti siamo rimasti scioccati dall’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro la popolazione in Israele, dove sono stati feriti, torturati e uccisi in maniera atroce tanti innocenti e molti sono stati presi in ostaggio. Ripeto la mia condanna per tale azione e per ogni forma di terrorismo ed estremismo: in questo modo non si risolvono le questioni tra i popoli, anzi esse diventano più difficili, causando sofferenza per tutti. Infatti, ciò ha provocato una forte risposta militare israeliana a Gaza che ha portato la morte di decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza civili, tra cui tanti bambini, ragazzi e giovani, e ha causato una situazione umanitaria gravissima con sofferenze inimmaginabili. Ribadisco il mio appello a tutte le parti coinvolte per un cessate-il-fuoco su tutti i fronti, incluso il Libano, e per l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi a Gaza. Chiedo che la popolazione palestinese riceva gli aiuti umanitari e che gli ospedali, le scuole e i luoghi di culto abbiano tutta la protezione necessaria».

La Santa Sede guarda avanti, come gli altri attori internazionali, che hanno “riscoperto” la soluzione dei due Stati, tanto più difficile da far digerire ora ai due popoli della Terra Santa e di certo non priva di asperità e incognite, quand’anche si attuasse: «Auspico – ha detto il Papa – che la Comunità internazionale percorra con determinazione la soluzione di due Stati, uno israeliano e uno palestinese, come pure di uno statuto speciale internazionalmente garantito per la città di Gerusalemme, affinché israeliani e palestinesi possano finalmente vivere in pace e sicurezza».

«Il conflitto in corso a Gaza – ha aggiunto Bergoglio allargando lo sguardo ai Paesi vicini – destabilizza ulteriormente una regione fragile e carica di tensioni. In particolare, non si può dimenticare il popolo siriano, che vive nell’instabilità economica e politica, aggravata dal terremoto del febbraio scorso. La Comunità internazionale incoraggi le Parti coinvolte a intraprendere un dialogo costruttivo e serio e a cercare soluzioni nuove, perché il popolo siriano non abbia più a soffrire a causa delle sanzioni internazionali. Inoltre, esprimo la mia sofferenza per i milioni di rifugiati siriani che ancora si trovano nei Paesi vicini, come la Giordania e il Libano. A quest’ultimo rivolgo un particolare pensiero, esprimendo preoccupazione per la situazione sociale ed economica in cui versa il caro popolo libanese, e auspico che lo stallo istituzionale che lo sta mettendo ancora più in ginocchio venga risolto e che il Paese dei Cedri abbia presto un presidente» (a Beirut i partiti non hanno ancora trovato un accordo per eleggere il successore del presidente Michel Aoun, il cui mandato è cessato il 31 ottobre 2022 – ndr).

«Le guerre moderne – ha ricordato il Papa – non si svolgono più solo su campi di battaglia delimitati, né riguardano solamente i soldati. In un contesto in cui sembra non essere osservato più il discernimento tra obiettivi militari e civili, non c’è conflitto che non finisca in qualche modo per colpire indiscriminatamente la popolazione civile. Gli avvenimenti in Ucraina e a Gaza ne sono la prova evidente. Non dobbiamo dimenticare che le violazioni gravi del diritto internazionale umanitario sono crimini di guerra, e che non è sufficiente rilevarli, ma è necessario prevenirli. Occorre dunque un maggiore impegno della Comunità internazionale per la salvaguardia e l’implementazione del diritto umanitario, che sembra essere l’unica via per la tutela della dignità umana in situazioni di scontro bellico. (…) Anche quando si tratta di esercitare il diritto alla legittima difesa, è indispensabile attenersi ad un uso proporzionato della forza. Forse non ci rendiamo conto che le vittime civili non sono “danni collaterali”. Sono uomini e donne con nomi e cognomi che perdono la vita. Sono bambini che rimangono orfani e privati del futuro. Sono persone che soffrono la fame, la sete e il freddo o che rimangono mutilate a causa della potenza degli ordigni moderni. Se riuscissimo a guardare ciascuno di loro negli occhi, a chiamarli per nome e ad evocarne la storia personale, guarderemmo alla guerra per quello che è: nient’altro che un’immane tragedia e “un’inutile strage” (cfr. Benedetto XV, Lettera ai Capi dei popoli belligeranti, 1 agosto 1917), che colpisce la dignità di ogni persona su questa terra».

«D’altra parte – ha ripetuto ancora una volta stamattina il Pontefice – le guerre possono proseguire grazie all’enorme disponibilità di armi. Occorre perseguire una politica di disarmo, poiché è illusorio pensare che gli armamenti abbiano un valore deterrente. Piuttosto è vero il contrario: la disponibilità di armi ne incentiva l’uso e ne incrementa la produzione. Le armi creano sfiducia e distolgono risorse. (…) Tra le minacce causate da tali strumenti di morte, non posso poi tralasciare di menzionare quella provocata dagli arsenali nucleari e dallo sviluppo di ordigni sempre più sofisticati e distruttivi. Ribadisco ancora una volta l’immoralità di fabbricare e detenere armi nucleari».

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