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Hagar Shezaf e i giornalisti palestinesi, premi al coraggio

Manuela Borraccino
23 maggio 2024
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L’International Press Institute ha premiato, il 23 maggio 2024, i giornalisti palestinesi di Gaza durante il Congresso mondiale sulla libertà di stampa. Domenica 19 maggio, la reporter Hagar Shezaf, del quotidiano Haaretz, ha vinto il maggiore premio giornalistico israeliano per le sue inchieste dai Territori occupati.


Il premio 2024 sulla Libertà di stampa del mondo dell’International Press Institute (con sede a Vienna) è stato conferito oggi, giovedì 23 maggio 2024 – durante il Festival dell’innovazione nei media, in corso a Sarajevo – ai giornalisti palestinesi in servizio a Gaza e alla memoria dei 105 reporter caduti nella Striscia dal 7 ottobre. È la prima volta che il premio, conferito in passato – tra gli altri – ad Anna Politkovskaya, Katherine Graham, Hrant Dink, Shireen Abu Akleh, viene assegnato a un collettivo: «È un riconoscimento – si legge nelle motivazioni – dello straordinario coraggio e resilienza che i cronisti palestinesi hanno mostrato nel coprire la guerra a Gaza, nel combattere per la libertà di stampa e la libera circolazione di notizie. Nelle circostanze più dure ed estreme, hanno rischiato le loro vite per essere gli occhi e le orecchie del mondo».

L’istituto ricorda come in questi sette mesi e mezzo – con i giornalisti israeliani e stranieri impediti dal lavorare liberamente nella Striscia – i reporter palestinesi si siano assunti la responsabilità di informare su quello che avveniva sotto i bombardamenti: i blackout, gli sfollamenti, la devastante perdita dei familiari e una montante catastrofe umanitaria. «Durante la guerra – si legge nelle motivazioni del riconoscimento – hanno fornito ai loro concittadini informazioni vitali che spesso hanno potuto salvare vite. Con questo premio onoriamo il loro coraggio, la loro tenacia nel non accettare di venir messi sotto silenzio, i loro sforzi nel documentare probabili crimini di guerra commessi a Gaza».

Le perdite sono state molto pesanti. Almeno 105 fra giornalisti e operatori dell’informazione, nella Striscia di Gaza, sono rimasti uccisi a partire dal 7 ottobre 2023. Un numero senza precedenti in qualsiasi guerra moderna in un tale lasso di tempo.

I cronisti gazesi hanno pagato un prezzo altissimo per informare su quello che avviene a Gaza. Il pensiero corre al caporedattore della redazione di Al Jazeera nella Striscia, Wael Dahdouh, che ha continuato ad informare il pubblico malgrado immani sofferenze personali fino a quando, il 16 gennaio, ha lasciato la Striscia: lo scorso ottobre Dahdouh aveva perso in un raid la moglie, uno dei figli, la figlia e un nipotino; nei mesi successivi è rimasto ferito durante un bombardamento da un drone nel quale è morto il collega Samer Abudaqa. A gennaio poi, è stato suo figlio Hamza Dahdouh, giornalista lui stesso come il padre, a rimanere ucciso a Khan Yunis.

Il premio viene anche conferito alla memoria del 45enne Bilal Jadallah, anch’egli, a quanto risulta, ucciso da un missile israeliano lo scorso 19 novembre in un attacco mirato, come quello che ha stroncato Hamza Dahdouh. Jadallah è considerato un’icona del giornalismo indipendente, professionista di riferimento per media palestinesi e stranieri nella Striscia di Gaza da quando, nel 2013, aveva fondato la Press House Palestine con la missione di promuovere la libertà di stampa, offrire assistenza legale ai giornalisti e servizi giornalistici ai reporter che coprivano l’area.

Jadallah aveva dovuto districarsi tra le tensioni fra Hamas e i superstiti militanti di Fatah nella Striscia per affermare il suo modello di giornalismo non asservito al potere. Il suo ufficio era diventato una tappa obbligata per gli inviati stranieri nella Striscia in cerca di collaboratori, traduttori e di un luogo sicuro da cui trasmettere i servizi. La sede della Press House Palestine è stata rasa al suolo con tutte le sue attrezzature giornalistiche lo scorso febbraio.

Menzione a parte meritano le giornaliste donne, esposte non solo al rischio di perdere la vita sotto le bombe ma anche a costanti minacce di violenze, abusi sessuali e intimidazioni. Nel conferire il premio, il direttore esecutivo Frane Maroević ha rivolto un nuovo appello a Israele per la fine immediata dei bombardamenti, la cessazione delle uccisioni mirate di giornalisti a Gaza e per il rispetto del diritto internazionale bellico sulla protezione dei civili e dei professionisti dell’informazione. L’istituto chiede infine allo Stato ebraico di «assicurare giustizia» per l’uccisione a Jenin, nel maggio 2022, della corrispondente di Al Jazeera Shireen Abu Akleh. «L’impunità verso chi ha commesso questo crimine – ha aggiunto Maroević – getta un’ombra sinistra sul giornalismo in questa area del mondo».

Pochi giorni fa, il 19 maggio, un’altra donna, la giornalista Hagar Shezaf – corrispondente del quotidiano Haaretz dalla Cisgiordania – ha ricevuto il premio giornalistico per il 2024 dell’Istituto della stampa israeliana (Israel Press Institute) «per le sue inchieste sugli attacchi da parte dei coloni israeliani chiamati “i giovani delle colline” e per i servizi sugli abusi perpetrati sui detenuti palestinesi dalla polizia penitenziaria israeliana nel carcere di Sde Teiman, spesso bendati, spogliati, privati dell’assistenza medica, in condizioni che hanno provocato la morte di alcuni di loro ». Secondo l’istituzione israeliana il lavoro di corrispondente dai Territori occupati di Hagar Shezaf «ha indotto un mutamento nelle politiche delle autorità israeliane».

Durante la cerimonia di consegna del premio la cronista ha osservato come esso rappresenti uno sprone «a perseguire il dovere di informare e di dire anche quello che il pubblico non vuole sentirsi dire in tempi di drastica riduzione della libertà di espressione, di occultamento, censura e autocensura». Il premio è stato conferito, altresì, alla memoria del fotografo della testata Ynet Roy Edan, ucciso il 7 ottobre con la moglie a Kfar Azza mentre cercava di respingere gli assalitori di Hamas e di documentare quanto stava avvenendo nel kibbutz.

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