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La scelta di Tal

Giuseppe Caffulli
30 gennaio 2024
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La scelta di Tal
L'obiettore di coscienza Tal Mitnick.

Tal Mitnick è un diciottenne con doppia cittadinanza, statunitense e israeliana. A fine dicembre ha rifiutato l’arruolamento nell’esercito dello Stato ebraico e ora sconta vari periodi di detenzione. Una decisione, la sua, più difficile che mai, nel clima che si respira dopo il 7 ottobre 2023.


Hitpakhut è una parola molto in voga oggi in Israele. «Significa disillusione. Molti liberal israeliani favorevoli al processo di pace, ora appoggiano la distruzione di Gaza. Dicono di essersi ubriacati della fantasia della pace; ora sono tornati sobri e sostengono che dobbiamo uccidere i palestinesi». Sono parole di Tal Mitnick, riportate in un’intervista di qualche giorno fa al quotidiano britannico The Guardian.

Tal Mitnick è un diciottenne con doppia cittadinanza statunitense e israeliana. A fine dicembre ha rifiutato l’arruolamento nell’esercito dello Stato ebraico ed ora, dopo qualche giorno in libertà, ha iniziato a scontare la sua seconda condanna a 30 giorni. La prassi è infatti questa: al primo rifiuto vengono comminati dai sette ai dieci giorni di carcere, una sanzione standard. A fronte di un nuovo rifiuto, a Tal sono stati inflitti altri 30 giorni da trascorrere in una prigione appena fuori dalla città di Kfar Yona. Non è dato sapere per quanto verranno reiterati i provvedimenti di detenzione. Alla fine – dopo qualche mese o qualche anno trascorso così –, solitamente si viene dichiarati «non idonei al servizio militare».

In un momento storico in cui anche diverse centinaia di ebrei ultraortodossi, esentati dalla leva e contrari al servizio militare per ragioni sia religiose che sociali, hanno scelto di arruolarsi come volontari, il rifiuto di Tal ha sollevato diverse polemiche e alimentato le più disparate letture.

Vigliacco, traditore, disfattista, fiancheggiatore di Hamas? Il ragazzo, figlio di un famoso reporter di guerra israelo-americano, afferma di aver messo in conto tutte queste critiche. La scelta di fare obiezione di coscienza era maturata ben prima del 7 ottobre, giorno dell’attacco terroristico di Hamas dentro Israele, con il massacro di 1.200 persone e il rapimento di 240 ostaggi. La guerra scatenata da Israele in risposta al «sabato nero» non ha fatto altro che confermare la sua decisione. «Israele? Ha già perso questa guerra – dice Tal –. Più omicidi e più violenza non riporteranno indietro le vite perse il 7 ottobre. So che le persone sono ferite. Io stesso sono traumatizzato. Ma questo non migliora nulla. Per sradicare le idee estremiste dalla società palestinese, dobbiamo sradicarle in Israele».

A sostegno della scelta di Tal Mitnick è stata organizzata una mobilitazione di protesta da parte di Mesarvot – una rete che sostiene gli obiettori, i refusenik – poco fuori dalla base militare di Tel HaShomer, il luogo in cui era stato arruolato. È qui che il ragazzo, dopo aver presentato all’ufficiale di reclutamento la sua carta d’identità, ha annunciato la decisione di rifiutare la leva. «Sono stato rimbalzato da un ufficiale all’altro. A ciascuno di loro ho detto la stessa cosa: credo che non esista una soluzione militare a questo conflitto. Sono un pacifista».

«Non mi vedo come un eroe – ha confidato ancora a The Guardian – mentre le persone vengono massacrate ogni giorno a Gaza. E ci tengo a sottolineare che non sono affatto l’unico. Ci sono altri attivisti contro l’occupazione. Persone che scelgono di non arruolarsi nell’esercito, attivisti per la pace, giovani e meno giovani. Anche se credo che un gesto come questo richieda coraggio».

Rifiutare il servizio militare in Israele ha gravi conseguenze sociali. Molte carriere dipendono infatti dall’aver svolto o meno, e a quale livello, la leva militare. Nei colloqui di lavoro, la prima domanda verte spesso su dove si è prestato servizio e in quale reparto. Per chi non ha fatto la naia scatta una sorta di stigma sociale.

Dopo l’attacco di Hamas, quasi tutte le controversie sul servizio militare in Israele sono svanite nel nulla e i riservisti si sono presentati in massa per il più grande arruolamento nella storia del Paese. Un sondaggio condotto dallIstituto israeliano per la democrazia nel novembre scorso rilevava come il 90 per cento degli ebrei israeliani condividesse la strategia militare dell’esercito nella Striscia di Gaza.

Gli eventi del 7 ottobre hanno infatti determinato un profondo cambiamento all’interno di Israele. Solo qualche mese fa, le piazze erano piene di persone che protestavano contro la riforma della giustizia promossa dal governo di destra presieduto da Benjamin Netanyahu. Anche Tal ha preso parte attiva alle manifestazioni. «Il movimento contro l’attuale governo stava guadagnando terreno – spiega – ma ora i presunti progressisti che protestavano contro la riforma giudiziaria, sono piloti di aerei e carri armati che massacrano la gente a Gaza. Le persone che parlavano apertamente della corruzione del governo ora sostengono la leadership di estrema destra, dicendo che “non ci sono civili a Gaza”».

Anche tra i suoi coetanei Tal è oggi una mosca bianca. Come per gli adulti, anche tra i più giovani il 7 ottobre ha spinto sull’acceleratore della polarizzazione: «I giovani? Sono più di destra dei loro genitori. Ma rimango fiducioso. Non possiamo avere il privilegio di perdere la speranza! Spero che sempre più giovani della mia età capiscano che non è normale vivere nella costante paura di attacchi terroristici. Non è normale e noi abbiamo il potere di cambiare la situazione».

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