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Fra Toufic: Libanesi in fuga senza meta, tutto il Libano è a rischio

Giuseppe Caffulli
24 settembre 2024
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Fra Toufic: Libanesi in fuga senza meta, tutto il Libano è a rischio
Giacigli improvvisati nel cortile del convento francescano di Tiro, dove hanno trovato riparo decine di sfollati in fuga dalle zone libanesi al confine con Israele, pesantemente bombardate il 23 settembre 2024.

Sono migliaia le famiglie in fuga da ieri, 23 settembre 2024, dal sud del Libano per sottrarsi alla pesante offensiva israeliana contro Hezbollah. La testimonianza di fra Toufic Bou Merhi, francescano della Custodia di Terra Santa a Tiro.


Secondo i dati diffusi questa mattina dal ministero della Salute libanese, gli attacchi aerei israeliani contro Hezbollah in Libano ieri, 23 settembre 2024, hanno ucciso quasi 500 persone, tra cui decine di donne e bambini, e ne hanno ferite oltre mille. È il bilancio, provvisorio, più grave dal 2006, quando Israele lanciò una pesante offensiva contro Hezbollah, la milizia scita sostenuta dall’Iran. Con il martellante bombardamento l’esercito israeliano ha fatto sapere di aver colpito tramite raid aerei oltre 2.000 obiettivi qualificati come postazioni di Hezbollah in Libano. Tra il confine con Israele e il fiume Litani (o Leonte), in un’area di oltre 40 chilometri, i bombardamenti israeliani stanno facendo letteralmente terra bruciata.

Un gruppo di sfollati nel convento di Tiro.

Hezbollah, da parte sua, ha lanciato una pioggia di razzi contro Israele ieri, la maggior parte dei quale è stato intercettato dal sistema di difesa antimissile Cupola di ferro (Iron Dome). I leader di Hezbollah hanno affermato che continueranno i loro attacchi finché non ci sarà un cessate il fuoco a Gaza. Il risultato, finora, è che migliaia di famiglie libanesi sono in fuga dalle aree meridionali verso nord, per sottrarsi alle bombe israeliane. Alcune famiglie sono state colpite su auto e veicoli mentre cercavano di fuggire. Secondo il ministro della Salute libanese, gli attacchi israeliani hanno colpito anche ambulanze e camion dei pompieri mentre accorrevano a domare gli incendi provocati dalle bombe.

«La situazione è tragica. Ormai la gente della nostra zona fugge verso Beirut, senza una meta. Gli 80 chilometri tra Tiro e la capitale sono un lungo ingorgo di macchine. L’autostrada in entrambe i sensi è invasa da gente che scappa, senza una meta, perché è chiaro che in Libano oggi nessun posto è sicuro». Fra Toufic Bou Mehri, frate minore della Custodia di Terra Santa e superiore del convento di Tiro, a pochi chilometri dal confine con Israele, non nasconde la sua angoscia nel descrivere quello che il Libano del sud sta vivendo. «La gente vive ormai per strada, nei giardini, sulla spiaggia. Nel nostro convento abbiamo ospitato oltre cento persone in fuga. Ma non eravamo preparati a fronteggiare una simile situazione, sia dal punto di vista igienico, sia per offrire un pasto caldo. Ci hanno chiamato dall’Unifil (il contingente dei caschi blu dell’Onu – ndr) e ci hanno assicurato che manderanno acqua e pannolini per i bambini. Con l’aiuto del municipio abbiamo reperito dei materassi per l’emergenza, ma è una goccia di fronte alle necessità che si stanno prospettando».

Intanto i bombardamenti proseguono e ormai sono decine di migliaia gli sfollati che si stanno riversando sulle strade. «Per ora – aggiunge il religioso – non si vede una via d’uscita da questo tunnel, che sta dando il colpo di grazia a una popolazione che nel corso degli ultimi anni è stata già messa in ginocchio da una crisi economica senza precedenti. La guerra è contro Hezbollah, ma a pagare il prezzo è sempre la povera gente».

Un centinaio di persone il 23 settembre 2024 ha bussato alle porte del convento di Tiro. Qui una veduta dei cortili interni.

Intanto, sul versante israeliano, si moltiplicano le reazioni all’azione dell’esercito sul fronte libanese. I leader dei partiti anti-Netanyahu sono convinti che la guerra contro Hezbollah abbia delle ragioni. Ma vedono questo nuovo focolaio di conflitto come un cuscinetto protettivo per i militari e l’establishment «pro-Bibi». Il sentimento generale del Paese è ben descritto da un commento apparso oggi su The Jerusalem Post, che lascia pochi dubbi: «Dopo anni di continue provocazioni, le Forze di difesa israeliane hanno finalmente risposto con un’azione decisa contro Hezbollah in Libano. Per troppo tempo siamo stati il bersaglio di aggressioni, con razzi lanciati indiscriminatamente contro le nostre città e minacce strategiche incombenti sui nostri confini. Ora, dopo numerosi avvertimenti e appelli internazionali, è giunto il momento per Israele di difendersi senza scuse. Era ora».

Sul fatto che non sarà una guerra rapida e soprattutto sulle conseguenze per la popolazione civile, l’avvertimento è chiaro: gli attacchi mirano a smantellare l’infrastruttura terroristica di Hezbollah, «ma la strada verso la sicurezza non è priva di ostacoli. Hezbollah ha piazzato le sue armi nelle aree residenziali, si fa scudo dei civili, trasformando le case in armerie». Che ciò sia confermato o meno, lo scenario che si prospetta fa pensare alle terribili conseguenze patite dal 7 ottobre scorso ad oggi dalla popolazione nella Striscia di Gaza.

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