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Leone XIV: Tutta la Chiesa è vicina ai cristiani di Siria

Terrasanta.net
27 giugno 2025
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Leone XIV: Tutta la Chiesa è vicina ai cristiani di Siria
Damasco, 24 giugno 2024. Nella cattedrale greco-ortodossa di Damasco si svolgono i funerali di nove delle vittime dell'attentato suicida del 22 giugno nella chiesa di Mar Elias. (foto Mohamad Daboul/Middle East Images/Abacapress.com)

Nei giorni scorsi il Papa ha espresso prossimità e cordoglio ai cristiani di Siria scossi per l'attentato del 22 giugno in una chiesa a Damasco. La minoranza cristiana è sotto choc, ma a testa alta. Lo testimonia il patriarca greco-ortodosso Youhanna X.


(g.s.) – Ieri mattina, 26 giugno 2025, in una giornata densa di incontri e udienze, papa Leone XIV ha ricevuto in Vaticano anche i partecipanti alla 98.ma assemblea plenaria della Riunione delle opere per l’aiuto alle Chiese orientali (Roaco), al termine della sua sessione.

I lavori, coordinati dal cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del dicastero per le Chiese orientali e presidente della Roaco, si erano aperti il 23 giugno. Nel corso delle sedute si è presa in considerazione la situazione di varie aree geografiche. Sulla Terra Santa – con interventi da remoto – hanno riferito il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, il delegato apostolico mons. Tito Yllana, il Custode di Terra Santa uscente, fra Francesco Patton, e il vicecancelliere dell’Università cattolica di Betlemme, fratel Hernan Santos. A margine si è anche analizzato l’andamento della Colletta pro Terra Sancta nel 2024. Sulla situazione in Siria, alla quale torneremo tra poco, sono intervenuti mons. Hanna Jallouf, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, e mons. Joseph Tobji, arcivescovo maronita di Aleppo. Ampio spazio è stato dedicato anche all’analisi degli eventi in Armenia e in Etiopia.

Zoom sulla Siria nei lavori della Roaco

Il Papa non ha preso parte alle giornate della Roaco, ma, com’è consuetudine, con la sua udienza ha voluto incoraggiare l’opera di tutte le agenzie cattoliche che si prodigano fattivamente per sostentare le comunità cristiane nei contesti orientali.

«So – ha detto Leone XIV – che per voi sostenere le Chiese orientali non è anzitutto un lavoro, ma una missione esercitata in nome del Vangelo che, come indica la parola stessa, è annuncio di gioia, che rallegra anzitutto il cuore di Dio, il quale non si lascia mai vincere in generosità. Grazie perché, insieme ai vostri benefattori, seminate speranza nelle terre dell’Oriente cristiano, mai come ora sconvolte dalle guerre, prosciugate dagli interessi, avvolte da una cappa di odio che rende l’aria irrespirabile e tossica. Voi siete la bombola di ossigeno delle Chiese Orientali, sfinite dai conflitti. Per tante popolazioni, povere di mezzi ma ricche di fede, siete una luce che brilla nelle tenebre dell’odio. Vi prego, col cuore in mano, di fare sempre tutto il possibile per aiutare queste Chiese, così preziose e provate».

Il Papa ha brevemente ricordato anche «il recente terribile attentato nella chiesa di sant’Elia a Damasco», sul quale si era espresso anche al termine dell’udienza generale in piazza San Pietro del 25 giugno con queste parole: «Domenica scorsa è stato compiuto un vile attentato terroristico contro la comunità greco-ortodossa nella chiesa di Mar Elias a Damasco. Affidiamo le vittime alla misericordia di Dio ed eleviamo le nostre preghiere per i feriti e i familiari. Ai cristiani del Medio Oriente dico: vi sono vicino! Tutta la Chiesa vi è vicina! Questo tragico avvenimento richiama la profonda fragilità che ancora segna la Siria, dopo anni di conflitti e di instabilità. È quindi fondamentale che la comunità internazionale non distolga lo sguardo da questo Paese, ma continui a offrirgli sostegno attraverso gesti di solidarietà e con un rinnovato impegno per la pace e la riconciliazione».

La Siria cristiana tra lutto e fierezza

Per i cristiani siriani l’eccidio del 22 giugno nel quartiere di Dweilaa – con le sue 25 vittime e la sessantina di feriti più o meno gravi – ha rappresentato un profondo choc. Attentati suicidi come quello messo a segno a Mar Elias non sono nuovi, purtroppo, nelle cronache di altri Paesi asiatici o arabi, ma in Siria non vi era memoria di una carneficina simile dentro una chiesa.

Alla messa domenicale in quel luogo di culto della capitale partecipavano fedeli di varie parti del Paese. Giovani e adulti presenti in città chi per motivi familiari, chi per studio o lavoro. Così il lutto ha colpito direttamente anche villaggi e comunità periferiche, dove le salme sono state trasferite nei giorni successivi per i funerali. Ad accoglierle cortei con il vessillo della croce e slogan che esprimevano un grappolo di sentimenti: cordoglio; fierezza nel professarsi cristiani disposti a versare il sangue per la propria fede; richiamo alla responsabilità dei politici che devono assicurare ordine pubblico e sicurezza nel Paese.

Nella cattedrale greco-ortodossa di Damasco, dedicata alla Santa Croce, si sono svolte il 24 giugno le esequie comuni di nove delle vittime, con una partecipazione affranta, corale e numerosa di fedeli, religiosi ed ecclesiastici.

Il rito funebre è stato presieduto dal patriarca greco ortodosso di Antiochia, Youhanna X Yazigi. Nell’omelia – pronunciata con accanto il patriarca siro-cattolico Ignace Youssef III Younan e il greco-cattolico (o melchita) Joseph Absi, quasi a voler sottolineare la comunanza di intenti – il patriarca ha messo da parte il testo scritto per lasciar parlare il cuore.

L’omelia del patriarca ai funerali

Poco dopo l’esordio, Youhanna X ha detto: «Mi rivolgo a voi, miei amati, fratelli e sorelle, famiglie dei martiri, feriti, malati e colpiti. Vi porgo le mie più sentite condoglianze e chiedo al Signore Gesù di custodirvi con la Sua mano divina, di benedirvi, di confortarvi, di donarvi pazienza e consolazione. Mi rivolgo ai fedeli della nostra parrocchia di Sant’Elia, dove si è consumata questa tragedia. Mi rivolgo a tutti i nostri figli cristiani in Siria e nel mondo intero. Mi rivolgo a ogni siriano, musulmano o cristiano, in questa patria, perché ciò che è accaduto non è un fatto isolato, né un atto personale, né un attacco a un individuo o a una singola famiglia. È un attacco a ogni siriano, a tutta la Siria. È un attacco mirato, nello specifico, all’identità cristiana. Perciò mi rivolgo a tutti, chiedendo al Signore Dio di confortare i cuori, di rafforzarci, e di mantenerci saldi nella fede, nella Chiesa e nella nostra patria».

Youhanna X: «Niente di simile dal 1860»

Poi, con tono vibrante, l’ecclesiastico ha chiamato in causa il capo dello Stato e il governo, per metterli di fronte alle loro responsabilità e segnalare che un simile attacco ai cristiani non si registrava in Siria dal 1860 (il riferimento è alle tensioni ed eccidi durante i quali persero la vita i martiri – francescani e laici maroniti – di Damasco, canonizzati lo scorso 20 ottobre da papa Francesco).

Il patriarca ha detto, quasi a voler scongiurare una nuova guerra civile: «Non permetteremo che un crimine così odioso diventi causa di discordia nazionale o settaria, Dio ce ne guardi. Siamo fautori dell’unità nazionale e ad essa restiamo fedeli, insieme a tutti i siriani, musulmani e cristiani allo stesso modo». E tuttavia, ha soggiunto, «dirò con franchezza: signor presidente, ci addolora profondamente che, subito dopo il crimine, nessun rappresentante del governo o dello Stato fosse presente sul posto, eccetto la signora Hind Kabawat, una cristiana [ministra del Lavoro e degli affari sociali, unica donna nell’esecutivo – ndr]. Ce ne rammarichiamo profondamente. Noi siamo parte integrante di questa nazione, e qui intendiamo rimanere».

«Un crimine contro tutta la Siria»

Qui val forse la pena ricordare che, in verità, molti cristiani siriani negli ultimi anni sono già stati indotti a emigrare dalla guerra, dalla grave crisi economica che ne è seguita e dalle molte incognite sul futuro del Paese. Lo sa anche il patriarca che, rivolto ad Ahmed al-Sharaa, ha tuonato: «Signor presidente, il popolo ha fame. Se nessuno glielo ha detto, glielo dico io. Onorevoli membri del governo, la gente bussa alle porte delle nostre chiese chiedendo soldi per comprare un pezzo di pane!».

Nei giorni scorsi il capo dello Stato ha chiamato telefonicamente la curia patriarcale per esprimere il suo personale cordoglio. Youhanna X di chiamate simili ne ha ricevute molte, da tutto il mondo. Al nuovo rais siriano dice: «Apprezziamo la telefonata, ma il crimine che si è consumato è molto grave e merita ben più di una chiamata. Speriamo che il governo riesca a realizzare gli obiettivi della rivoluzione che, come lei stesso e tutti avete dichiarato, sono: la democrazia, la libertà, l’uguaglianza e lo Stato di diritto. Questo è ciò che ci aspettiamo, ciò che desideriamo e per cui lavoriamo. Lo dico apertamente: ci è stato comunicato che il governo intende proclamare un giorno di lutto nazionale. Signor presidente, proclami pure questa giornata, ma non come giorno di lutto. Noi cristiani non desideriamo che si faccia lutto per noi. Troverei bello che lei dichiarasse questo giorno una giornata di lutto per il governo stesso. Questi martiri non sono, come alcuni funzionari hanno detto, semplici vittime o “persone decedute”. Sono martiri. E oso affermare, carissimi, che sono martiri della fede e della patria. È importante per noi sapere chi c’è dietro questo crimine atroce. Ci è stato promesso che lo sapremo. E mentre questo è molto importante per noi, ciò che conta ancora di più è ribadire – e lo dico chiaramente – che il governo porta la piena responsabilità. Ciò che il nostro popolo desidera è sicurezza e pace. Il dovere primario del governo è garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza eccezioni né discriminazioni».

Sul fronte delle indagini è emerso che l’attentatore apparteneva a una cellula terroristica collegata al gruppo Stato islamico (Isis), stando a quanto ha dichiarato alla stampa il ministro dell’Interno, Noureddine al-Baba. Tutti i membri della cellula sarebbero stati arrestati dopo che uno di loro, fermato nella prima fase delle indagini, ha confessato e indicato la base operativa del gruppo. Secondo il ministro, gli attentatori suicidi del 22 giugno erano in realtà due ed entrambi stranieri: uno avrebbe dovuto farsi esplodere nella moschea di Sayyida Zeinab, sempre a Damasco, ma è stato arrestato prima che potesse mietere morte; l’altro ha raggiunto la chiesa di Mar Elias.

«Così muoiono i nostri martiri»

Nell’omelia dei funerali il patriarca Youhanna X ha riferito quanto riportato dalle testimonianze dei presenti: «Questo criminale è entrato armato in chiesa, portando con sé degli esplosivi. I nostri giovani Jiries, Bishara e Boutros, che conoscevo personalmente, lo hanno visto. Lo hanno afferrato, respinto e si sono gettati su di lui. Hanno accettato volontariamente il rischio di essere fatti a pezzi, e così è stato, pur di proteggere coloro che erano all’interno della chiesa. Questo è il nostro popolo. Questi sono i nostri eroi. Sono stati fatti a pezzi per proteggere, come mi è stato detto, 250 persone all’interno della chiesa. (…) Dinanzi alla grandezza di questa scena, concludo affermando che avrebbero agito allo stesso modo per proteggere coloro che li circondavano, anche se si fossero trovati in una moschea. Le nostre preghiere sono per i nostri martiri, e chiediamo le loro preghiere, da dove ora dimorano nella Luce Divina, per tutti noi».


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