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La bussola del patriarca Rai per il Libano

Andro Marelli
8 marzo 2021
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La bussola del patriarca Rai per il Libano
Il patriarca maronita Beshara Rai rivolge il suo discorso sul Libano davanti a un vasto uditorio accorso alla residenza patriarcale di Bkerke, nei sobborghi di Beirut, il 27 febbraio 2021 (foto Bkerki Media)

Non cessano gli echi del discorso alla nazione che il patriarca maronita Beshara Rai ha pronunciato il 27 febbraio scorso per incoraggiare il popolo, rilanciare l'idea di un Libano neutrale e chiedere una conferenza internazionale sotto l'egida dell'Onu.


La classe politica libanese si è dimostrata finora incapace di risolvere i gravi problemi del Libano, di cui è spesso la causa, e sembra impermeabile davanti ai richiami della comunità internazionale e alle sofferenze del popolo, che da più di un anno protesta scendendo in strada con manifestazioni sia pacifiche che violente. Questi sono i motivi che hanno spinto il patriarca dei Maroniti, il cardinale Béshara Rai (che rappresenta la maggioranza dei cristiani in Libano, i quali compongono quasi la metà della popolazione, caso unico in Medio Oriente), a chiedere la convocazione di una conferenza internazionale sul Libano sotto l’egida della Nazioni Unite. Lo ha fatto in un discorso rivolto a tutto il popolo libanese (non solo ai cristiani) tenutosi il 27 febbraio presso la sede patriarcale di Bkerke davanti a una folla stimata dagli organizzatori in 15.000 persone, convenute nonostante le restrizioni agli spostamenti per via della pandemia, e grazie a una copertura mediatica integrale. I principali commentatori riconoscono la legittimità dell’intervento del Patriarca, che in ciò si pone sulla scia dei suoi predecessori come autorità nazionale e non solo di una confessione religiosa. Un discorso storico dopo il quale, secondo il quotidiano An-Nahar, «nulla sarà più come prima». «Il dado è tratto», commenta L’Orient-Le Jour.

Il golpe strisciante

Già in altre occasioni, soprattutto nell’ambito di alcune omelie domenicali, il patriarca Rai aveva anticipato i suoi argomenti, ma questa volta ha voluto costruire un evento meramente politico, con lo scopo di «proporre soluzioni e non solo elencare problemi», per far uscire il Paese da una situazione di stallo che egli non ha esitato a equiparare a un «colpo di Stato» (espressione usata due volte). Il riferimento è all’impasse che si protrae da mesi per la formazione di un nuovo governo, mentre il paese è al collasso. Egli, stesso si era speso al fine di far dialogare le parti, ma invano. La partita a scacchi tra il presidente della Repubblica Michel Aoun e il primo ministro incaricato Saad Hariri sull’attribuzione dei ministeri sta bloccando le istituzioni in un momento drammatico. La divergenza comprende anche aspetti istituzionali e costituzionali sull’interpretazione dei rispettivi ruoli, che il Patriarca chiede di chiarire: «Abbiamo liberato la terra, lasciateci liberare lo Stato da tutto ciò che ostacola la sua autorità e la sua performance (…) Non significa abolire le carte costituzionali, ma piuttosto chiarire ciò che è ambiguo in esse», ambiguità «che hanno influenzato profondamente la vita dello Stato fino a paralizzarlo».

Due parole d’ordine

«Neutralità» ( hiad ) e «internazionalizzazione» ( tadwil ) sono le parole distintive proposte come soluzione ai problemi e ormai entrate nel dibattito libanese, formule che vorrebbero indicare chiaramente la linea da seguire.

Secondo il patriarca maronita, la caratteristica del Libano è quella di essere un «ponte di comunicazione tra Oriente e Occidente» in cui la «collaborazione cristiano-islamica», all’interno di un pluralismo culturale e religioso «e di un sistema che si basi sull’appartenenza alla cittadinanza e non alla religione», costituisce «il nostro progetto storico». Ma questo progetto si fonda sulla determinazione del Libano come stato neutrale: «Non esistono due persone in disaccordo sul fatto che l’allontanamento dalla politica di neutralità sia la ragione principale di tutte le nostre crisi nazionali e delle guerre che hanno avuto luogo in Libano (…) Vogliamo che la conferenza internazionale dichiari la neutralità del Libano in modo che non sia più vittima di conflitti e di guerre, né una terra di divisioni. La neutralità si basa sulla forza dell’equilibrio, non sull’equilibrio delle forze, che è sempre foriero di guerre».

Quello della neutralità è un richiamo alle componenti politiche libanesi che mantengono legami e alleanze con Stati esteri (Siria, Iran, Arabia Saudita), partecipando alle strategie geo-politiche di questi ultimi e riproducendo all’interno del Libano i conflitti internazionali. Alcune di queste componenti esercitano anche un potere diretto su alcune porzioni di territorio, dove lo Stato è presente come mera sovrastruttura. Per questo il patriarca Rai si augura che la conferenza internazionale da lui auspicata possa «salvare l’indipendenza e la sovranità del Libano e consentire allo Stato libanese di estendere la propria legittima autorità su tutto il suo territorio senza alcuna partnership o concorrenza».

Il peso di Hezbollah

Il bersaglio principale di queste affermazioni, mai nominato, è Hezbollah che molti riducono sbrigativamente a formazione terroristica, con una semplificazione che non aiuta a capire il problema. Va ricordato che il Partito di Dio è un soggetto politico, vale a dire il partito di maggioranza relativa che partecipa al governo del Paese in alleanza con il più grande partito cristiano, il Movimento Patriottico Libero, fondato dall’attuale presidente della Repubblica Michel Aoun. Hezbollah faceva anche parte del governo precedente (che chiameremmo «di unità nazionale»), composto da tutti i maggiori partiti (e presieduto dal sunnita Saad Hariri tra il 2016 e il 2019 – ndr). Questo per dire che non c’è in Libano un problema di legittimità politica del Partito di Dio. Hezbollah esercita la sua influenza diretta – diciamo pure il controllo – su diverse aree del territorio nazionale, nelle quali è anche un fornitore di servizi sociali come scuole e ospedali, arrivando dove lo Stato non arriva e godendo quindi di grande seguito e credito.

C’è però un nodo fondamentale che rimanda a Hezbollah in maniera esclusiva, ed è il possesso di una milizia armata professionale finanziata dall’Iran, attiva sullo scacchiere regionale contro Israele e a sostegno della Siria di Bashar al Assad. Ciò comporta, a livello politico, la difficoltà per il Libano di sviluppare una politica estera libera da condizionamenti (con la conseguenza di non potere accedere pienamente agli aiuti di diversi Stati, in primis degli Stati Uniti), e a livello istituzionale la presenza sul territorio di un secondo esercito, che non risponde ai poteri costituiti dello Stato. È questo il problema più intricato, la cui soluzione il patriarca Rai demanderebbe alla conferenza internazionale sul Libano che auspica e propone: «Vogliamo che la conferenza internazionale fornisca supporto all’esercito libanese, perché sia l’unico difensore del Libano, in grado di assorbire le capacità militari del popolo libanese attraverso un sistema di difesa legittimo. (…) Siamo nati per vivere sui prati della pace permanente, non sui campi della battaglia permanente. I problemi dei popoli si risolvono attraverso il dialogo, la negoziazione e le relazioni pacifiche».

Secondo il patriarca maronita, la conferenza internazionale dovrebbe porre la sua attenzione anche su un altro problema che, se irrisolto, può minacciare la particolare identità interconfessionale del Paese, minando l’equilibrio demografico (già precario – ndr) tra libanesi cristiani e musulmani, ovvero il gran numero di profughi, siriani e palestinesi, quasi tutti di religione musulmana, che non dovrebbero essere integrati nel tessuto sociale della nazione.

Per un popolo protagonista

Il capo dei cattolici maroniti rivolge direttamente al popolo libanese l’appello a vigilare e «non tacere» ogni ingiustizia, sopruso e inefficienza: «Capisco la tua rabbia e la tua rivoluzione. Non tacere di fronte alla corruzione; non tacere sullo sperpero dei tuoi soldi; non tacere di fronte alle violazioni del nostro spazio aereo (da parte di Israele – ndr), al fallimento della classe politica, alle scelte sbagliate, alla mancata attuazione delle riforme. Non tacere sulla politicizzazione della magistratura, sulle armi illegali e non libanesi, sull’incarcerazione degli innocenti e sul rilascio dei colpevoli. Non tacere sul disordine delle indagini per l’esplosione del porto. Non tacere sugli insediamenti palestinesi e sull’integrazione degli sfollati, e non dimenticare i tuoi martiri (nella semantica mediorientale sono martiri le vittime di ogni tipo di violenza e ingiustizia – ndr): guai a coloro che dimenticano i loro martiri e fanno di loro un baratto».

Le reazioni dei politici

All’indomani dell’intervento del patriarca, le reazioni dei politici sono state perlopiù pacate e misurate (un po’ meno quelle della piazza e sui social media), con la tendenza a sottolineare i punti di accordo e a relativizzare quelli di disaccordo. I leader si sono astenuti dal precipitarsi a commentare. Come ha fatto notare Antoine Courban sul quotidiano L’Orient-Le Jour del primo marzo, «l’analisi dell’evento di Bkerke richiederebbe intere pagine, in quanto questo 27 febbraio 2021 non ha ancora svelato tutte le dimensioni della sua portata politica». Dal campo sciita – di cui Hezbollah fa parte – sono state avanzate contro-osservazioni di merito sulle problematiche della neutralità e dell’internazionalizzazione. Solo un articolo pubblicato sul sito del canale iraniano Al-Alam (di proprietà di una società statale e solo per questo considerato come un commento ufficiale) ha creato agitazione, tanto che la Lega Maronita ha chiesto le scuse del governo iraniano, scuse che sono arrivate attraverso l’ambasciatore dell’Iran in Libano Mohammad Jalal Firouznia, che è stato anche convocato dal ministro degli Esteri libanese Charbel Wehbé (l’articolo, che accusava il patriarca Rai di collaborazionismo con Israele, è stato cancellato dal sito e al suo posto compare ora un messaggio di rettifica). Ora è come se tutti aspettassero di vedere gli ulteriori sviluppi tra il patriarcato maronita e Hezbollah. I canali di comunicazione tra le due parti non si sono mai interrotti.


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