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Video – Libano, i risvolti economici della crisi

Giuseppe Caffulli
8 novembre 2019
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Serve presto una via d'uscita istituzionale e politica alla crisi in atto, per evitare che il Libano vada a picco. Lo chiedono il popolo, la Chiesa ed anche gli organismi internazionali.


L’allarme è arrivato qualche giorno fa dalla Banca Mondiale: serve una rapida soluzione della crisi libanese. Diversamente la «situazione economica, già molto grave, probabilmente peggiorerà». Il direttore regionale per il Medio Oriente, Saroj Kumar Jha, in una dichiarazione resa dopo un faccia a faccia con il presidente libanese Michel Aoun, ha chiesto misure urgenti e credibili «per ripristinare la fiducia economica e rispondere alle aspettative del popolo libanese».

Da diversi giorni, oltre ai blocchi stradali, in Libano si registrano lunghe code agli sportelli bancari. Chi può, cerca di prelevare, non fidandosi della solvibilità degli istituti di credito.

«La Banca mondiale – ha spiegato Saroj Kumar Jha – aveva previsto una piccola recessione nel 2019, con una crescita negativa dello 0,2 per cento, ma ora la recessione sarà decisamente più grave». A livello sociale significa un aumento drammatico della povertà e della disoccupazione, specie giovanile. «La Banca mondiale è pronta a collaborare con la comunità internazionale per offrire tutto il supporto possibile a qualsiasi nuovo gabinetto che si impegni per il buon governo e per creare nuove opportunità per tutti i libanesi e in particolare i giovani e le donne», ha concluso.

Intanto il presidente Michel Aoun (sulla cui scrivania sono arrivati anche 17 casi di corruzione sui quali sta indagando la magistratura) sta proseguendo le consultazioni e ha assicurato che il nuovo governo sarà formato da «ministri competenti non sospettati di corruzione».

Dal 17 ottobre scorso ad oggi il Libano è teatro di una protesta senza precedenti che ha paralizzato il Paese e ha portato alle dimissioni, il 29 ottobre, del primo ministro Saad Hariri.

Uno dei termometri della crisi economica e finanziaria di cui è preda il Paese è il giudizio dell’agenzia Moody’s, che nel giro di un mese ha declassato due volte il rating libanese. Il Libano ha un debito di 86 miliardi di dollari, pari al 150 per cento del Prodotto interno lordo, uno dei rapporti più alti al mondo.

Sulla crisi libanese è intervenuto anche il patriarca maronita cardinal Bechara Rai, che ha invocato la formazione di un governo «interamente composto da volti nuovi, moderato e neutro, la cui composizione sia stabilita in precedenza, in modo da evitare ogni pericolo di vuoto governativo al momento delle dimissioni dell’attuale esecutivo». Il patriarca, mentre sottolinea «la dimensione spirituale, etica e culturale» della protesta libanese, si è detto convinto che la formazione del governo «allontanerà lo spettro del collasso economico e finanziario».

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