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Beirut in ginocchio, la testimonianza di un frate

Giuseppe Caffulli
5 agosto 2020
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Abbiamo raccolto al telefono la voce di fra Firas Lutfi, superiore della comunità dei frati della Custodia di Terra Santa che operano in Libano, Siria e Giordania. Ci racconta i danni subiti dal convento di Beirut per l'esplosione del 4 agosto 2020. Ma anche le sue preoccupazioni per la Siria.


La voce arriva concitata, carica di preoccupazione. Da Aleppo, Siria, dove si trova in questo momento per una visita alle comunità locali, il superiore della Regione San Paolo della Custodia di Terra Santa fra Firas Lutfi non nasconde la sua preoccupazione: «Mi sono messo in contatto immediatamente con i frati a Beirut, subito dopo le esplosioni. Uno dei confratelli, fra Maroun, mi ha mostrato in videochiamata le condizioni in cui si trovavano. Il convento di Beirut, la chiesa di San Giuseppe (segnalata in rosso nella mappa qui sotto), le stanze, la facciata (di un edificio storico, tra le perle architettoniche di Beirut – ndr). Tutte fortemente lesionate. Parte del tetto crollato… Mentre mi parlava, fra Maroun era tutto imbrattato di polvere. Calcinacci ovunque. Nella strada sottostante macerie e gente in fuga tra una nuvola di polvere. Per fortuna nessuno dei frati è rimasto ferito».

Beirut, 4 agosto 2020. Le immagini dell’immane esplosione che, intorno alle 18.00 ora locale, ha scosso il centro storico della capitale libanese, a partire dal porto, hanno fatto il giro del mondo. Al momento in cui scriviamo si parla di un centinaio di morti e tremila feriti. Fino a 300 mila persone (grosso modo un quarto della popolazione cittadina) potrebbero restare senza un tetto. «Ma sono purtroppo convinto che le vittime saranno molte, molte di più, perché il nostro quartiere e la zona del porto sono densamente abitate, piene di uffici e di attività commerciali», prosegue fra Firas.

Le ragioni che hanno determinato l’evento drammatico sono ancora da appurare. C’è chi parla di un deposito di fuochi artificiali, chi di un grande quantitativo di materiale chimico esplosivo… «Quello che è capitato al magazzino 12 del porto – osserva il frate – sembra sia stato causato da un materiale infiammabile ed esplosivo sequestrato anni fa e rimasto nei depositi non si capisce il perché. Tra le altre cose, l’aria di Beirut resta anche oggi irrespirabile, perché questa esplosione ha scatenato fumi tossici. Chi può sta lasciando la città verso i villaggi sulle montagne retrostanti. Ho invitato i frati di Beirut a trasferirsi nel convento di Harissa (sulle colline a nord-est di Beirut – ndr) non appena messi in sicurezza l’edificio e la chiesa. In una situazione di tale caos e povertà in città, aggravati anche dalla crisi sanitaria determinata dal coronavirus, temiamo purtroppo anche saccheggi e rischi di sciacallaggio».

E in Siria il coronavirus

Un altro motivo di preoccupazione per fra Firas è la situazione della Siria, dove l’emergenza umanitaria non ha fine, dove è esploso il Covid-19 e dove purtroppo anche quattro confratelli francescani sono stato contagiati dal virus, a lungo negato dal governo di Damasco. «Sembra ormai che il virus in Siria sia fuori controllo. Ogni giorno si contano nuovi contagiati e decine di morti. Purtroppo, nessuno ne parla e non ci sono strutture mediche in grado di curare adeguatamente di fronte alla violenza della pandemia, sia a Damasco che ad Aleppo. Il governo non può imporre il lockdown perché nella situazione della Siria di oggi vorrebbe dire condannare alla morte per fame intere famiglie. Chi non trova qualche lavoretto per campare, non ha infatti nessun aiuto. Non ci sono tamponi per fare lo screening, non ci sono strumenti diagnostici, non ci sono farmaci… Le terapie intensive sono insufficienti».

In un momento di tale sofferenza per il popolo libanese e per la vicina Siria, fra Lutfi invita tutti – sia a livello civile sia ecclesiale – a non far mancare la propria vicinanza. «Abbiamo bisogno di solidarietà spirituale e di aiuti, perché le vicende che stiamo vivendo superano le capacità umane… Beirut in pochi istanti è stata messa in ginocchio da un evento di cui dobbiamo ancora capire a fondo le dinamiche; la Siria, di cui nessuno parla più in questi ultimi mesi, sta attraversando una fase delicata, con una emergenza sanitaria in atto e in attesa di una soluzione politica e di una reale pacificazione, specie per la zona del governatorato di Idlib (ancora sotto il controllo dei jihadisti – ndr), che ancora non si vede».

Le testimonianze dei frati dal Libano continuano. Clicca qui

Ultimo aggiornamento: 05/08/2020 16:41


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