Costituiscono la seconda più grande comunità ebraica in Medio Oriente dopo Israele e si sono compattati senza esitazioni per condannare gli attacchi «vergognosi» dello «Stato sionista» e di Washington contro il «sacro suolo della Repubblica islamica iraniana». Come mai?
La Persia è stata per oltre 2.500 anni la loro patria e lo è rimasta anche sotto le bombe di Israele e degli Stati Uniti. Gli ebrei che vivono in Iran, e che costituiscono la seconda più grande comunità del Medio Oriente dopo Israele, si sono compattati senza esitazioni per condannare gli attacchi «vergognosi» dello «Stato sionista» e di Washington contro il «sacro suolo della Repubblica islamica iraniana». Si tratta di circa 15mila persone, concentrate soprattutto a Teheran e Isfahan.
Nei giorni scorsi, la comunità di Teheran, 8-9mila membri, si era detta convinta che la Repubblica islamica d’Iran, «con il suo orgoglio e il suo senso dell’onore» avrebbe dato agli aggressori «una riposta schiacciante e dolorosa».
La comunità di Isfahan, circa 1.500 persone, denunciava una «brutalità sionista ormai sganciata da qualsiasi valore morale e umano».
Erano dichiarazioni che sembravano coincidere con i testi dei proclami del regime iraniano. Tanto che la testata elettronica israeliana The Times of Israel si era chiesta se non fossero parole messe in bocca, sotto ricatto e minacce, alle comunità ebraiche. No, ha risposto Lior Sternfeld, docente di Storia iraniana moderna alla Penn State University (Usa), ed autore di un libro sulla comunità ebraica nella Repubblica islamica, intitolato Tra Iran e Sion. Continua ad esserci tra gli ebrei in Iran – ha spiegato a The Times of Israel – un forte sentimento contro lo Stato sionista e gli Stati Uniti. «Gli ebrei saranno probabilmente più controllati del solito, ma non credo che si trovino in particolare pericolo».
A suo dire, per il momento, non ci sono notizie di atti ostili o di antisemitismo, nonostante la stretta poliziesca su possibili spie e complici interni del Mossad. Certo, l’ansia è cresciuta con la guerra e le incertezze sul futuro politico dell’attuale regime, che finora ha garantito libertà religiosa e sicurezza alla minoranza ebraica. Se le cose – nonostante il cessate il fuoco tra Israele e Iran annunciato oggi – precipitassero in una resa dei conti interna e in una destrutturazione istituzionale, Sternfeld paventa tempi brutti per gli ebrei in Iran, con possibili rappresaglie e vendette da parte di gruppi estremisti fuori controllo.
All’epoca dello scià – il sovrano a capo dello Stato – vivevano in Iran circa 100mila ebrei. Poi la Rivoluzione del 1979 creò una situazione di paura. L’ayatollah Khomeini inquadrò gli ebrei come minoranza protetta ma i più non si fidarono.
La scelta di chi è rimasto è stata fatta con una profonda convinzione: «In Iran viviamo bene e, sebbene da Israele e dai nostri parenti ci giungano molte pressioni, l’emigrazione non è un obbligo», spiegava a Terrasanta.net, molto prima della guerra, un commerciante di gioielli ebreo del bazar di Teheran, il quale raccontava di potersi persino recare a Gerusalemme e poi ritornare in Iran, grazie ad accordi sottotraccia tra i due Paesi nemici. La maggioranza degli ebrei in Iran, almeno ufficialmente, vede nel sionismo un abominio e una violenza della Storia, in una maniera tutto sommato simile alla visione degli ultra-ortodossi religiosi, come i «timorati di Dio» del quartiere di Mea Shearim a Gerusalemme, anche se, nel caso della Repubblica islamica, si tratta di comunità laiche.
La strage di ebrei (e di arabi israeliani e stranieri) compiuta da Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre 2023 non ha mutato l’atteggiamento della comunità in Iran. Già il 30 ottobre di quell’anno, il rabbino capo Younes Hamami Lalehzary guidava una manifestazione ebraica a Teheran in solidarietà con la popolazione palestinese di Gaza bombardata dalle forze militari israeliane.
Gli ebrei, giunti in Persia dopo la schiavitù di Babilonia e la loro liberazione da parte di Ciro il Grande (539 a.C), hanno alle spalle una storia millenaria, che ha lasciato anche monumenti di grande importanza religiosa, come la tomba ad Hamadan della bellissima Ester e di suo zio Mordecai (o Mardocheo), consigliere dell’allora re Serse.
I due, nel racconto biblico del libro di Ester, riuscirono a sventare un complotto anti-ebraico ordito dal gran visir e, con l’aiuto del re persiano innamorato di Ester, a punire con la morte il colpevole, tutti i suoi familiari e i suoi seguaci. Dall’evento nacque la festa di Purim, una festa del ribaltamento della sorte, conosciuta anche come il carnevale ebraico.
La sorte degli ebrei in Iran si ripropone anche oggi, tra i tanti effetti collaterali creati dalla guerra aperta da Israele contro la Repubblica islamica, data l’incertezza sulla tenuta del cessate il fuoco e sugli sviluppi della situazione politica iraniana.