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Yemen, l’Arabia Saudita si compra l’ingiustizia

Fulvio Scaglione
29 settembre 2017
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Paesi Bassi e Canada propongono la creazione di una commissione d'inchiesta sullo Yemen, ma l'Arabia Saudita si oppone con un ricatto. Il finale appare scontato.


Se uno vuole capire i meccanismi che nell’ultimo secolo hanno prodotto tante tragedie in Medio Oriente, non deve far altro che seguire le attuali vicende dello Yemen, dove dal 2015 infuria una guerra che, come tutte le altre in questa regione, per metà è civile e per metà imperialistica e coloniale.

Come si sa, alla ribellione del fronte sciita Houthi ha risposto l’invasione di una coalizione militare dei Paesi sunniti, guidata dall’Arabia Saudita. In questi anni la situazione è precipitata: almeno 8 mila civili sono stati uccisi, tra i quali almeno 1.500 bambini; l’epidemia di colera, scoppiata a causa del blocco aereo, terrestre e navale organizzato dai sauditi per piegare la popolazione, ha già fatto più di 1.800 vittime, con altri 400 mila casi sospetti in tutto il Paese; milioni di persone sono profughe, lo Yemen è sull’orlo della carestia e l’Onu ha definito questa situazione «la più grande crisi umanitaria nel mondo».

L’Arabia Saudita e i suoi alleati (tra i quali anche Usa, Francia e Regno Unito, che provvedono all’intelligence militare) sono stati spesso criticati per la spietatezza con cui conducono le loro operazioni. Ma nulla di quello che accade in Yemen sembra toccare la comunità internazionale, in altri casi ben più sollecitata e pronta alla commozione. Basti ricordare che nell’ottobre del 2015, quando già si parlava di attacchi indiscriminati contro i civili, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, su pressione dei sauditi e con la complicità di Usa e Regno Unito, bocciò la proposta olandese di creare una commissione d’inchiesta indipendente e affidò le indagini sui presunti crimini di guerra in Yemen a uno strano organismo guidato… dall’Arabia Saudita.

Sorvoliamo la cronaca di questi anni e arriviamo all’oggi. La storia si ripete. i Paesi Bassi e Canada sono tornati a presentare al Consiglio di Sicurezza una risoluzione per creare una commissione d’inchiesta indipendente. La stessa richiesta l’aveva fatta, più volte anche nel recentissimo passato, Zeid Ra’ad, presidente della Commissione dell’Onu per i Diritti umani. L’Arabia Saudita, ovviamente, si oppone. E i suoi diplomatici hanno inviato una lettera a due Paesi del Consiglio di Sicurezza dicendo che il regno non solo non accetterà un’eventuale risoluzione che accontenti le richieste di Paesi Bassi e Canada, ma che interromperà tutti gli investimenti e le relazioni commerciali con i Paesi che voteranno a favore.

Visto quanto è successo finora, e considerate le ambiguità (eufemismo) della gran parte dei Paesi occidentali, Ue compresa, che direttamente o indirettamente spalleggiano i sauditi, come potrà andare a finire? E tutto questo da che parte ci mette, sulla bilancia della Storia?

 


 

Perché Babylon

Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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