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A Gerusalemme c’è accordo sui nuovi lavori al Santo Sepolcro

Marie-Armelle Beaulieu
28 maggio 2019
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Nel pomeriggio di ieri, 27 maggio 2019, a Gerusalemme i capi delle tre comunità religiose che custodiscono la basilica del Santo Sepolcro hanno firmato un accordo per l'avvio di una nuova fase di lavori nel sottosuolo intorno alla tomba vuota di Gesù.


Al convento di San Salvatore, la casa-madre dei francescani di Terra Santa, il patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Theophilos III, il custode di Terra Santa, fra Francesco Patton, e il patriarca armeno di Gerusalemme, Nourhan Manoughian, hanno firmato nel pomeriggio di ieri, 27 maggio 2019, un altro accordo di grande importanza. Le tre comunità religiose che custodiscono la basilica del Santo Sepolcro (o della Risurrezione, come la chiamano i cristiani d’Oriente) hanno raggiunto un’intesa a due anni dalla fine dei complessi restauri dell’edicola che racchiude la tomba vuota del Signore Gesù, approvando «con grande gioia e soddisfazione» (come recita un comunicato congiunto) l’avvio di una nuova fase di restauro e recupero.

Il primo, importante, capitolo dei restauri, messo in atto tra il marzo 2016 e il marzo 2017, aveva evidenziato che, malgrado i lavori portati a termine, l’edicola rimane comunque a rischio. A minacciarla è l’umidità del sottosuolo della basilica che ne erode le fondamenta.

Restauri, fase due

La seconda campagna di interventi, messa in conto sin da allora, è ora resa possibile dall’accordo firmato ieri. Si prevede la rimozione del pavimento della basilica per andare ad eliminare le sottostanti fonti di umidità. Il pavimento verrà poi rimesso al suo posto livellandolo. «Chiunque cammini nel Santo Sepolcro sa di cosa stiamo parlando», ha detto sorridendo il padre custode durante la conferenza stampa convocata ieri in occasione della firma.

Con questo nuovo accordo, le tre autorità religiose affidano la responsabilità degli studi di fattibilità a due università e istituzioni scientifiche italiane (i cui nomi, per il momento, non vengono resi noti perché i contratti sono ancora in via di definizione – ndr). In autunno esse dovrebbero procedere alle indagini e alle rilevazioni che consentiranno di determinare quali tipi di interventi adottare, la loro durata e una stima dei costi. Questa prima fase di studio potrebbe durare un anno. Gli interventi veri e propri verranno avviati in seguito dalle stesse istituzioni italiane, con il sostegno dei tecnici che fanno capo alle tre comunità religiose.

Mentre padre Francesco Patton ha sottolineato che la frequenza della basilica del Santo Sepolcro è raddoppiata dopo il restauro dell’edicola, il patriarca Theophilos ha osservato che questi nuovi lavori potrebbero creare minori problemi rispetto ai precedenti. «Una delle difficoltà del restauro dell’edicola – ha chiosato – veniva dalla necessità di far in modo che le funzioni religiose al suo interno potessero continuare a svolgersi regolarmente».

Un’operazione complessa

Il patriarca Manoughian, dal canto suo, ha citato un detto armeno: «Quando si arriva a firmare un contratto, si è già a metà dell’opera». La metà che resta, tuttavia, potrebbe rivelarsi assai lunga e complessa.

L’attuale pavimento in pietra rosa poggia su una struttura metallica ormai intaccata dalla ruggine. La pavimentazione copre una rete di tubature che risalgono in parte ai tempi del Mandato britannico (prima metà del Novecento) e in parte alla precedente epoca ottomana. Tutte devono essere sostituite. Oltre ai tubi, sotto le piastrelle vi sono anche tesori archeologici, come hanno svelato i sondaggi realizzati dall’archeologo francescano padre Virgilio Corbo negli anni Sessanta del secolo scorso. Parliamo di resti della basilica fatta erigere dall’imperatore Costantino a partire dal 324, ma anche delle fondamenta del tempio di Adriano del 135 d.C. C’è anche un piccolo canale scavato nella roccia per drenare l’acqua che pioveva dal tetto della basilica quando, dall’epoca costantiniana fino a metà del Diciannovesimo secolo, alla sommità della cupola c’era un oculus aperto (simile a quello del Pantheon di Roma – ndr) che lasciava filtrare all’interno tutte le intemperie.

I risvolti archeologici

Se padre Corbo ha documentato tutto ciò a cui poté avere accesso sessant’anni fa (vedi galleria fotografica), vi sono dei punti nelle immediate vicinanze dell’edicola e verso ovest, in direzione della cappella siriaca, che potrebbero fornire ulteriori informazioni sul complesso tombale che costituiva il cimitero in cui furono tumulate, fino al momento della risurrezione, le spoglie di Gesù crocifisso.

Sollevando il pavimento nei pressi dell’ingresso della basilica potremmo inoltre saperne di più sulle sepolture dei cavalieri crociati che furono seppelliti in questa zona dell’edificio sacro. Le nostre conoscenze sul santuario potrebbero così arricchirsi e diventare maggiormente dettagliate.

Intanto, tutte queste sacche sotterranee sono spazi in cui si accumula l’umidità della condensa prodotta dai visitatori del santuario, dalle perdite nelle condotte esistenti e dai rivoli creati dal deflusso dell’acqua piovana. Ci vorrà tutta l’inventiva dei tecnici incaricati dei lavori per trovare le modalità di intervento più adatte a risolvere i problemi senza danneggiare i resti archeologici.

Il capitolo finanziamenti

Per quanto riguarda i finanziamenti, i tre responsabili ecclesiastici hanno annunciato l’apertura di un conto bancario congiunto sul quale far confluire le donazioni che i cristiani vorranno effettuare rispondendo alle campagne di raccolta fondi che verranno promosse.

Già nel 2017 la Santa Sede ha dichiarato di aver previsto uno stanziamento di mezzo milione di euro per questa seconda fase dei lavori. Il 6 maggio scorso, poi, il patriarca Theophilos ha reso nota la volontà di re Abdallah II di Giordania di destinare al Santo Sepolcro una parte dell’importo ricevuto con il Premio Templeton 2018. Emerge ora che la somma messa a disposizione potrebbe essere pari a 125 mila euro.

La prima fase dei lavori sulla tomba di Gesù è costata circa 4 milioni e mezzo di euro.

«Spetta a noi [capi delle Chiese] – ha detto Teophilos III – mantenere e preservare il carattere cristiano di Gerusalemme. Una missione che non è solo religiosa, ma anche diplomatica e, oserei dire, politica. La realizzazione di questi lavori è intesa a completare gli sforzi compiuti per anni dalle Chiese per restaurare la basilica e restituirle il suo splendore».

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