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Il gas di Gaza
Negli ultimi mesi, la situazione di Gaza è stata descritta in tutta la sua tragicità, con la fame, la miseria e il caos. Ma 36 chilometri al largo della costa il panorama può apparire decisamente diverso. Perché qui si trova un ricchissimo giacimento di gas naturale ancora tutto da sfruttare, e da sette anni al centro di una complicatissima vicenda, a metà tra politica e affari. A raccontare questa storia è il lungo articolo del Jerusalem Post che vi segnaliamo oggi.
Il fattore G
C'è un dato di fatto che colpisce immediatamente chi mette piede in Israele e nei Territori palestinesi: si tratta di due società con tanti giovani. Per il campo palestinese, come per tutte le società arabe, è un dato risaputo. Ma non va dimenticato che anche in Israele l'età media è di parecchio più bassa rispetto a quella di un qualsiasi Paese occidentale. Come incide - allora - il fattore giovani nell'evoluzione del conflitto israelo-palestinese? È la domanda niente affatto banale che si pone questa settimana la newsletter bitterlemons.org
Raccontare gli arabi
Porta di Jaffa, oggi, su un articolo molto coraggioso apparso sul quotidiano israeliano Yedioth Ahronot. Coraggioso perché ha a che fare con una questione sempre più decisiva, non solo in Medio Oriente. Parla infatti del modo di raccontare il mondo arabo. Dror Ze'evi passa in rassegna le notizie date nelle ultime ore da tivù e giornali sui Paesi islamici. E vi ritrova come dominante il registro dell'«incredibile». «È come se avessimo perso - scrive Ze'evi - la voglia di capire realmente il mondo arabo e islamico e ci fossimo rassegnati a mettere in luce solo il ridicolo».
Siamo a una svolta?
Bush che annuncia una conferenza di pace sul Medio Oriente, una personalità del calibro di Blair in prima linea, i ministri degli esteri di Egitto e Giordania in visita a Gerusalemme come apripista della Lega Araba, il premier israeliano Olmert che annuncia di essere pronto a riprendere negoziati in cui rinuncerebbe al 90 per cento dei Territori. Siamo alla svolta decisiva per lo Stato palestinese? L'offerta di Israele illustrata da un articolo del quotidiano Haaretz.
Tornare sul Monte
Abbiamo già parlato qualche mese fa della svolta di un gruppo di rabbini secondo cui non è vero che l'halakha, la legge talmudica, vieta per motivi religiosi agli ebrei di salire sul Monte del Tempio (che come tutti sappiamo oggi coincide con la spianata delle Moschee) perché si rischierebbe di calpestare la terra sotto cui è sepolto il Santo dei Santi. La caduta di questo divieto è una tesi che, sotto traccia, sta avanzando nel mondo ebraico. Lo si vede chiaramente scorrendo i giornali oggi, giornata in cui Israele commemora la distruzione del Tempio. Ecco, ad esempio, cosa scrivono due quotidiani come Haaretz e il Jerusalem Post.
Soppesando Bush
Si discute animatamente in Palestina sul discorso con cui Bush ha espresso l'intenzione di convocare una Conferenza di pace in Medio Oriente. Da questo dibattito rilanciamo due voci significative che riassumono bene le opportunità e le incognite di questa mossa. Le riprendiamo entrambe da Mifah.org, uno dei siti più interessanti per seguire il dibattito interno palestinese.
Israele parla parsi
L'Iran del presidente Ahmadinejad è sempre più percepito in Israele come il vero nemico. E allora vale la pena di fermarci oggi su due notizie interessanti che riguardano le relazioni tra Gerusalemme e Teheran. La prima è il lancio, il 9 luglio scorso, di un sito internet in persiano da parte del ministero degli Esteri israeliano. Della seconda iniziativa ha dato notizia il quotidiano Haaretz: l'offerta di 10 mila dollari per ogni ebreo che dall'Iran voglia emigrare in Israele.
La lezione dei nabatei
Tra le nuove sette meraviglie del mondo, proclamate a Lisbona al termine di un sondaggio molto discusso, alla fine è entrata anche Petra, la città dei nabatei nell'attuale Giordania. Ma perché duemila anni fa le civiltà che popolavano il Medio Oriente erano in grado di costruire meraviglie e oggi invece non più? E che cosa potrebbe insegnare la loro esperienza all'attuale mondo arabo? Sono le domande che Rami Khouri si pone nella sua rubrica sul quotidiano libanese The Daily Star.
Divisi sul Darfur
C'è una questione che sta facendo particolarmente discutere in Israele e nelle comunità ebraiche di tutto il mondo: la sorte dei profughi del Darfur. Perché la persecuzione che stanno vivendo in Sudan non può lasciare indifferente chi ha vissuto l'esperienza della Shoah. Però c'è un problema: per la sua collocazione geografica in Israele i profughi del Darfur non sono solo un fatto teorico. Perché alla frontiera con lo Stato ebraico dal Sudan attraverso l'Egitto ci si arriva davvero. E allora come comportarsi? Il parere di Yossi Sarid sul quotidiano Haaretz.
Palestina. È democrazia?
Hamas e Fatah rappresentano davvero la popolazione palestinese? È la domanda che Salim Nazzal. intellettuale palestinese della diaspora (vive in Norvegia), propone in un articolo pubblicato su Arabic Media Internet Network (Amin), un altro sito interessante da tener d'occhio per capire gli umori della società civile palestinese. Nazzal pensa che sia arrivato il momento di analisi coraggiose sul tema della democrazia all'interno delle istituzioni palestinesi.