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Il cristiano Vanunu

02/07/2007  |  Milano
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Il cristiano Vanunu
Mordechai Vanunu.

Porta di Jaffa un po' particolare oggi: invece di rilanciare un commento riprendiamo una notizia dai siti israeliani, non sapendo se e quanto la stampa italiana vorrà occuparsene. Il quotidiano Yedioth Ahronot racconta che un giudice ha stabilito che Mordechai Vanunu debba tornare in carcere. Vanunu è un tecnico nucleare israeliano che lavorava alla centrale di Dimona e che ha già scontato per intero una condanna a diciotto anni di detenzione per aver rivelato, per motivi di coscienza, a un quotidiano britannico alcune notizie sull'arsenale nucleare israeliano. Ora è stato condannato ad altri sei mesi di reclusione per aver violato quindici dei divieti impostigli al momento del rilascio, nel 2004. Il suo caso è ormai internazionalmente noto e spesso additato come esempio di violazione dei diritti umani.


Porta di Jaffa un po’ particolare oggi: invece di rilanciare un commento riprendiamo una notizia dai siti israeliani, non sapendo se e quanto la stampa italiana vorrà occuparsene.

L’articolo che riprendiamo dal quotidiano Yedioth Ahronot racconta infatti che un giudice ha stabilito che Mordechai Vanunu deve tornare in carcere. Vanunu è un tecnico nucleare israeliano che (da metà anni Settanta a metà anni Ottanta del Novecento) lavorava alla centrale di Dimona e che ha già scontato per intero una condanna a diciotto anni di carcere per aver rivelato per motivi di coscienza a un quotidiano britannico alcune notizie sull’arsenale nucleare israeliano. Ora è stato condannato, infatti, ad altri sei mesi di reclusione per aver violato quindici dei divieti impostigli al momento del rilascio, nel 2004. Tra questi il più significativo è aver rilasciato interviste a giornalisti stranieri.

La vicenda Vanunu è un caso internazionale di cui si parla ormai da anni. Compare puntualmente in tutti i rapporti sulle violazioni dei diritti umani in Israele. Eppure quest’uomo ha dovuto scontare per intero la sua condanna. E anche dopo non è tornato a essere un cittadino libero, ma ha dovuto fare i conti con pesanti limitazioni. Alcuni aspetti, in particolare, meritano di essere sottolineati: Vanunu ha sempre sostenuto di essere stato rapito a Roma nel 1986 perché ingannato dalle lusinghe di un’agente donna del Mossad. Lo ha ripetuto davanti alle telecamere dopo il suo rilascio nel 2004. Nel caso in cui le affermazioni di Vanunu fossero provate la similitudine tra il suo e il caso di Abu Omar risulterebbe evidente: entrambe le azioni sarebbero state realizzate da un servizio segreto straniero sul territorio nazionale italiano. Con la differenza, però, che Vanunu non è accusato di aver preparato alcun attentato, ma di un’intervista rilasciata per motivi di coscienza (anche se comprensibilmente lesiva degli interessi dello Stato di Israele).

Perché, allora, in Italia c’è un processo in corso sul caso Abu Omar mentre nessuno si muove per garantire che Vanunu, almeno ora, possa lasciare il suo Paese come vorrebbe? In un settore come quello nucleare, dove pochi anni equivalgono a un balzo tecnologico enorme, possibile che, essendo ormai trascorsi vent’anni dai fatti, non siano state prese tutte le contromisure contro il pericolo rappresentato dalle dichiarazioni dell’ingegner Vanunu? Infine: Vanunu è un cristiano anglicano. E tra le quattordici violazioni che gli sono addebitate c’è quella di aver provato a recarsi a Betlemme la notte di Natale dell’anno scorso. In questi tempi in cui così tante persone sembrano scoprire il problema della libertà religiosa negata ai cristiani, qualcuno si preoccuperà anche della libertà religiosa del cristiano Vanunu?

Clicca qui per leggere l’articolo di Yedioth Ahronot

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Francesco D'Assisi

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