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Le confessioni di padre Paolo

Terrasanta.net
22 settembre 2023
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Le confessioni di padre Paolo

Pubblicato nel decennale della sparizione di padre Paolo Dall'Oglio, questo libro inaugura un trittico in cui il gesuita romano commenta la regola della comunità monastica di Mar Musa, in Siria, da lui stesso fondata. Fonte preziosa per conoscere meglio anche la sua vocazione.


Viene fuori l’uomo spirituale, la guida carismatica, da questo volume che inaugura un trittico destinato a completarsi nei prossimi anni. Il gesuita Paolo Dall’Oglio – fatto sparire nel luglio 2013 a Raqqa, nel nord della Siria – qui parla ai suoi, cioè ai monaci e alle monache della comunità da lui fondata trent’anni orsono.

Il libro – spiega l’attuale superiore, padre Jihad Youssef – «è il frutto di una serie di conferenze che Paolo ha tenuto in arabo “impeccabile” a Deir Mar Musa tra novembre 2011 e giugno 2012, prima di lasciare la sua amata Siria [per via dell’espulsione decretata dalle autorità politiche – ndr], commentando la forma non ufficiale della nostra Regola monastica. (…) In quelle conferenze, Paolo desiderava consegnare a noi, e alla Chiesa, l’essenza del suo pensiero».

Proprio per tale caratteristica essenziale, queste pagine si propongono come una sorta di testamento spirituale, che delinea la fisionomia di Mar Musa, ma fa anche meglio conoscere abuna Paolo.

Padre Youssef assicura che «nonostante le difficoltà e le incomprensioni che Paolo ha sperimentato all’interno di certe dinamiche della Chiesa locale e romana, e in seno alla Compagnia di Gesù, ci ha sempre ripetuto che è meglio fare un passo con la Chiesa che non dieci da soli. Le sue idee innovative e rivoluzionarie nascono sempre e comunque dalla sua passione per il Vangelo e dalla sua fedeltà a Gesù». (p. 14)

Dall’Oglio amava la Siria e il suo popolo visceralmente, eppure – ci dice l’attuale superiore di Mar Musa – per lui il desiderio più forte era seguire la propria vocazione. Scrive padre Jihad: «Prima di lasciare la Siria, la sua terra-sposa, tornando in Italia, la sua terra-madre, abuna Bulos ci ha raccomandato di non aggrapparci a niente, nemmeno a Deir Mar Musa, di scappare sui monti se fossimo stati in pericolo di vita, perché non dovevamo rischiare la vita per custodire le pietre, poiché la nostra dimora è in Dio. Egli comunque ci ha lasciati soltanto quando era sicuro che ce l’avremmo fatta da soli, e ripeteva spesso: “Dopo di me farete meglio”. Tuttavia, il suo desiderio spirituale di “ri-partire” risale a prima della guerra. Nonostante il suo immenso amore per la Siria, era disposto a lasciare per ricominciare. Sognava di andare altrove spinto dall’amore di Gesù per l’Islam e fondare altre comunità, magari in Pakistan o a Hebron; oppure vivere da semplice monaco senza tante responsabilità formali in un contesto musulmano, come l’Algeria di de Foucauld; o, ancora, vivere da mendicante “gesuano” nelle strade di Mecca per il resto della sua vita…» (p. 17)

Parlando cuore a cuore, Paolo Dall’Oglio confessa le intuizioni a fondamento della sua vocazione personale, maturate anche alla luce dell’esperienza e delle riflessioni di altre personalità che lo hanno ispirato: Francesco d’Assisi, Ignazio di Loyola, Charles de Foucauld, Louis Massignon, i monaci di Tibhirine (i sette trappisti francesi sequestrati e uccisi nel marzo 1996 dalla loro trappa sui monti dell’Atlas, in Algeria, dove avevano scelto di restare, con mitezza, ben consapevoli delle minacce alla loro vita).

Chi è stato a Mar Musa sa quanto per quei monaci e monache sia importante l’accoglienza. Nelle pagine dedicate al tema, padre Paolo confida un’esperienza personale: «Quando ero in pellegrinaggio in Terra Santa, nel 1975, sono andato a piedi nel deserto del Giordano, negli stessi luoghi in cui Cristo ha camminato: per annusare il profumo di Cristo seguendo i suoi passi, per toccare il suo spirito nei luoghi in cui è passato, dove si è seduto, ha dormito, ha parlato e camminato. Un giorno, dopo essere sceso al Mar Morto, come se fossi immerso in un bagno di sale, sono risalito a piedi fino al Monte delle tentazioni. Era la fine di settembre, ed era poco prima che entrassi nella Compagnia di Gesù. Mi sorprese una forte pioggia e, tra il sale misto a fango e sudore, mi trovai in una situazione indicibile. Arrivai in quelle condizioni presso un monastero ortodosso sulla montagna e domandai di nuovo (perché in una precedente occasione avevo chiesto di pernottare in un altro monastero, quando percorsi la strada del Buon Samaritano, tra Gerusalemme e Gerico, ma non fui accolto) di rimanere da loro come ospite, ma non accettarono. Ho giurato a me stesso, in quel momento, che se un giorno avessi fondato un monastero non avrei mai detto a qualcuno: “Non ho posto per te”». (p. 35)

Molti sono i brani che fanno riflettere o provocano. Alcuni commuovono, altri – pensiamo, in particolare, alle riflessioni sulla relazione con i musulmani – richiedono al lettore un certo impegno. Il tema così cruciale della testimonianza dei monaci di Mar Musa in seno all’islam tornerà ancora nei volumi che seguiranno questo, più incentrato sul carisma e sull’identità della comunità. (g.s.)


Paolo Dall’Oglio
Il mio testamento
Itl, 2023
pp. 208 – 19,50 euro

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