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Palestina al verde, tagliati gli stipendi pubblici

Terrasanta.net
3 luglio 2020
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Palestina al verde, tagliati gli stipendi pubblici
Il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh durante un incontro pubblico del 24 giugno 2020. (foto Nasser Ishtayeh/Flash90)

Il governo palestinese non ha abbastanza fondi per pagare regolarmente i 180 mila dipendenti pubblici. Dimezzati gli stipendi. Pesa la crisi con Israele sul tema dell'annessione. Anche l'Unrwa è messa male.


(g.s.) – Per il mese di giugno non è ancora stato pagato lo stipendio ai 180 mila dipendenti pubblici dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). Per la mensilità di maggio, invece, il governo guidato dal primo ministro Mohammad Shtayyeh – in carica dal 17 gennaio 2019 – si limita a versare agli stessi lavoratori la metà del dovuto. Lo ha comunicato ieri, 2 luglio 2020, nel corso di una conferenza stampa, il ministro delle Finanze Sukri Bishara.

La quota minima di paga assicurata per maggio è di 1.750 shekel (circa 450 euro). Secondo quanto riferisce l’agenzia palestinese Wafa, il ministro Bishara ha spiegato che nel corso dell’ultimo quadrimestre si è registrato un declino nelle entrate del bilancio pubblico. Tanto più ora che, per protestare contro i progetti di annessione israeliana di territori della Cisgiordania, l’Anp ha sospeso le rodate forme di collaborazione con lo Stato di Israele. Questa linea di non collaborazione, in maggio ha indotto il governo Shtayyeh a rifiutare una cifra pari a circa 200 milioni di dollari derivanti dalle imposte e tasse (ad esempio sull’import/export dei Territori e sui redditi di lavoratori palestinesi generati sul suolo israeliano o negli insediamenti) riscosse da Israele ma dovute all’Anp, in virtù degli accordi di Oslo del 1993-94. Il mancato trasferimento riguarderà anche il mese di giugno, così che le entrate dell’Anp subiscono un calo dell’80 per cento.

In un momento in cui vengono meno anche alcuni degli aiuti finanziari esterni il governo deve ricorrere a prestiti bancari per finanziarsi. Il ministro delle Finanze assicura comunque il pagamento degli stipendi pubblici in misura ridotta, come per la mensilità di maggio, sino alla fine del 2020.

Anche l’Unrwa boccheggia

Un campanello d’allarme squilla anche dall’Unrwa, l’Agenzia Onu che dal 1950 assiste i profughi palestinesi sparsi in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza, in Libano, Siria e Giordania. Il Commissario generale Philippe Lazzarini – italo-svizzero, nominato il 18 marzo scorso – ha presentando alla Commissione consultiva dell’agenzia la sua prima relazione il primo luglio.

In questa fase di grandi incertezze e turbolenze – Lazzarini menziona la guerra in Siria, il crollo economico del Libano, la paventata annessione israeliana di parte dei Territori palestinesi, il Covid-19 – l’Unrwa si trova ad operare con risorse finanziarie inadeguate. Va ricordato che nel 2018, con Donald Trump, gli Stati Uniti hanno deciso di non versare più la loro quota di finanziamenti all’agenzia, criticata dal governo di Israele perché non farebbe che perpetuare la condizione precaria dei profughi palestinesi in Medio Oriente, anziché agevolare la loro piena integrazione nelle terre e nazioni che li hanno accolti. Le scelte di revisione di spesa adottate dal 2015 hanno consentito all’Unrwa di risparmiare in media 100 milioni di dollari ogni anno anche riducendo la qualità dei servizi, annota Lazzarini. I conti comunque non tornano più e l’organismo Onu, che ha uno staff di 30 mila membri, è sull’orlo del collasso finanziario. Se le cose non cambiano, e cioè se gli Stati membri dell’Onu non versano altri fondi, l’Unrwa potrebbe non condurre a termine tutte le attività previste da qui alla fine dell’anno.

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Francesco D'Assisi

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