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Italia-Egitto, gli affari continuano. Le torture anche

Fulvio Scaglione
27 aprile 2022
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Ancor più tra i venti di guerra, la politica internazionale è fatta di interessi, necessità, compromessi. Quasi mai dei valori e degli ideali che amiamo sbandierare. Così Roma continua a trattare con le autorità egiziane, nonostante le ripetute violazioni dei diritti umani.


Tristi conferme dall’Egitto, il Paese che aiuterà l’Italia a sfuggire al ricatto energetico della Russia di Vladimir Putin. Il 10 aprile scorso le autorità egiziane hanno comunicato ai familiari la morte in un ospedale psichiatrico del Cairo dell’economista Ayman Hadhoud, esponente del piccolo (9 seggi in parlamento su 596) partito di opposizione Riforma e Sviluppo. Hadhoud collaborava con Mohammed al-Sadat, nipote del presidente Anwar al-Sadat assassinato nel 1981, ed era stato spesso critico nei confronti della gestione dell’economia egiziana da parte del presidente Abdel Fattah al-Sisi e soprattutto del dominante apparato militare.

Gli esperti forensi della famiglia hanno stabilito che la morte risale a un mese prima della riconsegna del corpo, su cui hanno rilevato evidenti tracce di tortura. Mentre ovviamente le autorità hanno parlato di decesso dovuto a crisi cardiaca, un classico.

Hadhoud come Giulio Regeni, insomma, e come molti altri: il Centro Nadeem per la riabilitazione delle vittime della tortura ha censito nel solo 2021 un centinaio di casi di tortura di persone arrestate dalla polizia e 54 morti di cittadini detenuti. Cifre agghiaccianti anche per un Paese che tiene dietro le sbarre circa 65 mila detenuti politici e che in un solo anno (2021) ha triplicato le condanne a morte, giustiziando 130 persone.

Mentre Hadhoud veniva sepolto, finiva in carcere Hala Fahmy, nota giornalista televisiva che si batteva contro la corruzione nella tivù di Stato e per i diritti dei lavoratori del comparto dei media statali. Dopo aver denunciato sui social media di essere pedinata da «individui sconosciuti», la Fahmy è stata arrestata. Stessa sorte è toccata poco dopo a un’altra giornalista della televisione pubblica, Safaa al-Korbigi, tenace contestatrice della gestione economica del governo egiziano.

Si potrebbe andare avanti a lungo, caso per caso. Resta il fatto che l’Italia corre a fare affari con questo regime, vendendo armi e comprando gas, come del resto fanno anche tutti gli altri Paesi. La Germania, per fare un solo esempio, attraverso la KfW Development Bank, finanzierà con 28,3 milioni di dollari il progetto per l’ammodernamento di una stazione idroelettrica ad Aswan e con altri 31,5 milioni di dollari la costruzione di un impianto di energia solare nel Nord del Paese, nei pressi di Zaafarana.

È la politica, fatta di interessi, necessità, bisogni, compromessi. A livello internazionale quasi mai fatta, invece, dei valori e degli ideali di cui amiamo così tanto parlare.

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