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Nove ministre in Israele, un record e un nuovo stile

Manuela Borraccino
16 settembre 2021
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Nel nuovo governo israeliano figurano nove donne, quota mai raggiunta in 73 anni. La loro gestione della quarta ondata della pandemia di coronavirus rivela un approccio assai più complesso rispetto al passato.


Un nuovo sguardo sulle politiche sociali, sulla famiglia, sulla scuola, sulla tutela dell’ambiente e sul futuro (meno militarizzato) del condominio israelo-palestinese. È così che molti osservatori giudicano i primi passi intrapresi in questi tre mesi dalle nove donne presenti nell’attuale governo israeliano, guidato da Naftali Bennett, alle prese con la quarta ondata del coronavirus e molto diverso dalla compagine che ha gestito le prime tre. Una nuova leadership e un numero di donne nell’esecutivo che, benché lontano dalle percentuali di diversi Paesi europei e degli Stati Uniti, è il più alto mai raggiunto nei 73 anni della storia di Israele, rafforzato dall’ulteriore nomina di nove donne come direttori generali dei dicasteri (alcuni guidati da uomini).

Valorizzate le competenze

L’età delle ministre va dai 38 ai 59 anni ed alcune di loro hanno già avuto incarichi in governi precedenti, benché sempre in ambiti più civili che militari. Spiccano fra loro due giuriste: la ministra degli Interni ed ex ministra della Giustizia Ayelet Shaked (del partito Yamina), 45 anni, considerata l’astro nascente della destra israeliana, e la 43enne Karin Elharar (Yesh Atid, ovvero C’è un futuro) prima donna ministro dell’Energia ed icona delle battaglie per i diritti delle persone disabili, essendo affetta da una grave forma di distrofia muscolare che la costringe sulla sedia a rotelle. Ci sono poi due parlamentari dell’alleanza Blu e Bianco: la ministra per l’Immigrazione, Tamano Shata, 40enne di origini etiopi, e la ministra per la Scienza e la Tecnologia Orit Farkash-Hacohen, 50 anni. Ci sono poi la ministra per la Protezione dell’ambiente Tamar Zandberg, 45 anni dei pacifisti di Meretz, e la ministra per l’Istruzione Yifat Shasha-Biton, 48 anni (del neonato partito Nuova speranza).

Figurano nella compagine anche la ministra dei Trasporti Merav Michaeli, 54 anni, laburista, ex giornalista di Haaretz che nelle scorse settimane ha suscitato scalpore per aver rivelato di aver fatto ricorso alla maternità surrogata negli Stati Uniti; la ministra per l’Economia Orna Barbivai, 59 anni (Yesh Atid), che è già entrata nella storia per esser stata la prima donna promossa generale dell’esercito e la prima donna a presiedere la Commissione parlamentare per gli Esteri e la Difesa, ed infine la ministra per l’Equità sociale Merav Cohen (dell’alleanza Blu e Bianco), la più giovane nel gruppo, ma con una grande esperienza di campagne sui social.

La riapertura delle scuole emblema di un nuovo approccio

Una delle battaglie legate all’emergenza sanitaria e che ha fatto registrare un approccio più versatile è stata quella vinta dalla ministra dell’Istruzione Shasha-Biton con la riapertura delle scuole il primo settembre. Nonostante il riacutizzarsi dei contagi e sfidando il fuoco incrociato delle critiche, la pedagogista ha infatti imposto la ripresa della didattica in presenza come una priorità sociale, soprattutto per i gravi danni che l’isolamento ha provocato sulla salute fisica e mentale di bambini e adolescenti. Una vittoria ottenuta non solo grazie alla tenacia personale, ma anche attraverso l’appoggio delle colleghe, che hanno quasi tutte figli, o nipoti, in età scolare.

Dalla gestione della pandemia alla transizione ecologica

Anche Shaked, l’ambiziosa stretta alleata del premier Bennet, ha assunto un ruolo di primo piano nella crisi. Nelle scorse settimane le sue parole sulla necessità che Israele impari a convivere con il Sars-Cov2 senza dover necessariamente richiudere tutto hanno suscitato un vespaio. «Dobbiamo imparare ad accettare casi gravi e anche ad accettare le morti, perché questa è una pandemia e nelle pandemie la gente muore: sta succedendo in tutto il mondo» ha detto in un’intervista su Channel 13. La Shaked si è poi scusata per aver utilizzato un linguaggio rude, ma non ha arretrato rispetto alla presa di posizione del nuovo governo, che intende perseguire delle politiche che permettano a Israele di convivere con l’epidemia senza dover ricorrere a nuove misure restrittive.

Il governo ha in cantiere anche proposte per sostenere l’occupazione femminile con asili; progetti per ridurre la congestione nelle strade; cooperazione interministeriale sulla transizione ecologica fra i dicasteri per l’Ambiente, dei Trasporti, dell’Economia e dell’Energia per far entrare Israele nel gruppo di nazioni che combatte il cambiamento climatico.

Certamente la rappresentanza femminile nella Knesset è ancora limitata, e non c’è stata finora una donna ministro delle Finanze e della Difesa: ma nel 1969 con Golda Meir Israele è stato il terzo Paese al mondo a rompere il soffitto di cristallo divenendo una delle pochissime nazioni guidate da una donna.

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