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Padre Hanna Jallouf: La nostra Quaresima di speranza

Giuseppe Caffulli
12 marzo 2020
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Padre Hanna Jallouf: La nostra Quaresima di speranza
Una giovane profuga in un campo tendato nella provincia di Idlib, il 6 marzo 2020. (foto Ali Syria/Flash90)

Grazie a un accordo russo-turco da qualche giorno c'è una fragile tregua nella provincia siriana di Idlib. Ma la situazione resta difficilissima e le condizioni di vita dei tanti sfollati, come di chi ha ancora un tetto sulla testa, sono proibitive. La testimonianza del francescano parroco a Knayeh.


Lunedì 9 marzo, sui principali quotidiani italiani, è apparso un «appello straordinario» a piena pagina dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr). Il contenuto è chiaro quanto drammatico: «Nel Nord della Siria un milione di persone sono in fuga dai bombardamenti, con temperatore vicine allo zero. I bambini, gli anziani, le persone malate muoiono di fame e di stenti. I bombardamenti continuano a provocare vittime civili. La loro fuga è interrotta dalle frontiere». L’appello è quello a contribuire con donazioni all’impegno dell’Acnur per sostenere l’emergenza umanitaria in corso e per aiutare «chi vive intrappolato nelle zone dove si combatte».

L’area di cui parla l’agenzia Onu coincide in gran parte con il governatorato di Idlib, a ridosso del confine turco, dove da molti mesi è in atto una vera e propria guerra tra russi e turchi per il controllo dell’area. Da una parte Ankara che spinge per realizzare una zona di de-escalation sotto il controllo dell’esercito turco, che mira a contrastare anche le milizie curde fino a poco tempo fa indispensabili per combattere il sedicente Stato islamico. Dall’altra Mosca, alleata del presidente siriano Bashar al Assad, che bombarda pesantemente il territorio per consentire alle forze siriane di terra di avanzare.

La valle del fiume Oronte, dove si trovano le missioni della Custodia di Terra Santa, scende dalle ultime propaggini della catena dell’Antilibano fino al Golfo di Alessandretta, a una trentina di chilometri appena da Idlib.

«L’accordo del 5 marzo scorso tra il presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyip Erdogan contiene ancora troppe ambiguità e punti oscuri. Non credo che la tregua potrà tenere». A parlare da Knayeh è padre Hanna Jallouf, frate minore della Custodia di Terra Santa, che dall’inizio della guerra civile siriana vive insieme al confratello fra Luai Bsharat, nella zona controllata da ribelli e jihadisti, e oggi al centro di aspri combattimenti.

«I due capi di Stato hanno trovato un accordo per un cessate il fuoco, che dovrebbe estendersi lungo la linea tracciata dall’autostrada M4, la strada che collega Aleppo alla costa. Questa arteria sarà pattugliata congiuntamente da militari turchi e russi, con la creazione di una terra di nessuno di sei chilometri di ampiezza. Ma è difficile che questo accordo sia qualcosa di definitivo. I ribelli non accetteranno mai che all’interno dell’area controllata da loro possano entrare i russi, che sono nemici e sostengono il presidente Assad. Può darsi che ci sia qualche accordo segreto relativo al ritiro delle forze ribelli da alcune aree, non lo escludo… Diversamente questa tregua non durerà».

La situazione umanitaria resta difficilissima, anche se i giorni di tregua hanno allentato un poco la tensione. E qualche famiglia ha fatto ritorno nei villaggi abbandonati a causa dei bombardamenti.

È pieno di sfollati che vengono dalle città e che vivono in tende di fortuna, nelle macchine. Persino nei pollai. Non c’è un buco che non sia abitato da chi ha perso tutto.

«Lungo la frontiera turca sono fioriti immensi campi profughi. Ma anche qui nelle nostre zone è pieno di sfollati che vengono dalle città e che vivono in tende di fortuna, nelle macchine. Persino nei pollai. Non c’è un buco che non sia abitato da chi ha perso tutto. I generi di prima necessità e i rifornimenti alimentari arrivano, ma il loro prezzo è esorbitante. Un chilo di pane costa mezzo dollaro. Per una famiglia numerosa comprare il pane diventa un lusso, dato che mediamente il reddito famigliare è di 30 dollari. Gasolio e benzina sono carissimi. Carne e cereali hanno prezzi che aumentano ogni giorno. Per scaldarsi, la gente va nei campi a fare legna, tagliando alberi anche nelle proprietà private».

Il nodo più importante che le parti in causa non sembrano in grado di sciogliere è quello della «normalizzazione» del Paese. «Nell’accordo di Mosca è stata ribadita l’integrità territoriale della Siria. Assad dovrà riprendere il controllo di Idlib per forza o per amore, anche se quell’area resta ostile al governo. Ma sappiamo che la Turchia ha i suoi progetti: evitare che il nord siriano torni ad essere il centro della resistenza curda. Insomma, la situazione resta bloccata e difficile. Il governatorato di Idlib e le nostre aree dell’Oronte sono ancora insicure. Quando esci di casa, non si sa mai cosa ti può succedere. Resta in vigore il coprifuoco e alcune aree sono controllate dalle organizzazioni criminali».

A Knayeh, come del resto negli altri villaggi dell’Oronte (Gidaideh e Jacoubieh), le strutture parrocchiali e i conventi ospitano quasi un centinaio di famiglie, la stragrande maggioranza musulmane, che hanno perso tutto, in fuga da aree dove si è combattuto a lungo ma che non sono ancora sicure. O dove non ci sono ancora possibilità concrete di una ripresa economica.

«Speriamo che la Pasqua porti con sé una risurrezione anche per la Siria, che deve essere liberata dagli stranieri e riconsegnata al suo popolo – spiega fra Hanna -. Non si troverà nessuna soluzione duratura se si lascerà la gestione della crisi siriana solo ad Ankara, Mosca e Teheran». L’allusione è alle conseguenze che il conflitto siriano ha innescato e alle ripercussioni su tutta l’area del Mediterraneo, con i tre milioni e mezzo di profughi che dalla Turchia premono sulle frontiere dell’Europa.

Nei villaggi dell’Oronte, intanto, si vive una lunga Quaresima. «I cristiani rimasti in queste terre sono circa 7-800, 210 famiglie. Il nostro cammino penitenziale dura ormai dal 2011. Spesso manca il necessario e diventa piuttosto facile osservare il digiuno. Ma offriamo volentieri tutti i nostri sacrifici al Signore perché finalmente ci mandi la pace. Che questa Pasqua segni per tutti noi una rinascita spirituale e una vera liberazione».

Puoi sostenere l’opera dei francescani della Custodia di Terra Santa nel Nord della Siria tramite ATS Pro Terra Sancta. Clicca qui per scoprire come.

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Ernesto Borghi

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