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Se Gerusalemme non è più tabù

Giorgio Bernardelli
14 maggio 2014
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Come raccontava qualche giorno fa Terrasanta.net sta facendo discutere in Libano l'intenzione del patriarca maronita Bechara Rai di recarsi a Gerusalemme in occasione della visita del Papa. In tutto il mondo arabo, fino ad ora, è stata prevalente l'idea che recarsi in pellegrinaggio nella Città Santa equivalga a un riconoscimento politico dell'«occupazione israeliana». Ma ora ci sono segnali di cambiamento.


Come raccontava qualche giorno fa Terrasanta.net sta facendo discutere in Libano l’intenzione del patriarca maronita Bechara Rai di recarsi a Gerusalemme in occasione della visita del Papa. Nessun dignitario libanese si è infatti mai recato nella Città Santa dal 1967, quando, con la guerra dei Sei giorni, Israele ne assunse il completo controllo. In tutto il mondo arabo – del resto – fino ad ora è stata prevalente l’idea che recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme equivalga a un riconoscimento politico dell’«occupazione israeliana».

In queste ultime settimane – però – oltre a questo annuncio del card. Bechara Rai ci sono stati altri due fatti che hanno riportato in primo piano questo tema, facendo ipotizzare che qualcosa nell’aria stia cambiando. Il primo è stato qualche settimana fa un folto pellegrinaggio nella Città Santa organizzato in Egitto da un gruppo di copti cristiani in occasione della Pasqua. In realtà non si è trattato di un gesto isolato: nell’articolo che rilanciamo qui sotto una fonte anonima di un’agenzia turistica egiziana sostiene che già 5 mila cittadini del più popoloso Paese arabo quest’anno si siano recati in visita a Gerusalemme.

Dal punto di vista della Chiesa copta i pellegrinaggi in Terra Santa vanno contro una precisa istruzione impartita da papa Shenouda III dopo che il presidente Anwar Sadat aveva firmato gli accordi di Camp David. Un divieto legato non solo allo scontro politico di quel tempo tra il papa copto e Sadat: dietro al boicottaggio c’era infatti anche un contenzioso specifico con il governo di Israele, accusato di aver appoggiato nel 1970 i monaci etiopi nelle loro rivendicazioni contro i copti a Gerusalemme riguardo al monastero di Deir el-Sultan, quello che si trova sui tetti del complesso del Santo Sepolcro. Finora l’attuale papa copto Tawadros non si è pronunciato sui pellegrinaggi a Gerusalemme. Ma da ambienti della Chiesa copta ortodossa copta è filtrato comunque parecchio malumore rispetto a questi pellegrinaggi che farebbero pensare a una «normalizzazione» dei rapporti con Israele.

Eppure non è solo tra i cristiani che sta crescendo l’insofferenza verso il boicottaggio dei viaggi a Gerusalemme. Molto significativa a questo proposito è stata una conferenza tenutasi qualche giorno fa ad Amman sotto l’egida della famiglia reale giordana, che per tradizione – ma anche per un preciso status riconosciuto negli accordi diplomatici con Israele – è custode della Spianata delle moschee (terzo luogo santo dell’Islam per via della tradizione che l’identifica come la meta del misterioso viaggio notturno del Profeta raccontato nella sura 17 del Corano). Già il titolo della conferenza era estremamente chiaro: «La strada verso Gerusalemme». E durante l’appuntamento a sostenere la tesi che i musulmani devono abbandonare la strada del boicottaggio dei pellegrinaggi alla Città Santa – che non farebbe altro che rafforzare il controllo israeliano – è stato personalmente il principe Ghazi bin Talal, conosciuto in tutto il mondo perché estensore nel 2007 del documento A Common Word, sul dialogo tra cristiani e musulmani.

Il principe Ghazi ha visitato personalmente la Spianata delle moschee nel 2012, accompagnato dall’allora gran mufti dell’Egitto Ali Gomaa. Già quel gesto – approvato dal presidente palestinese Mahmoud Abbas, che da tempo sostiene l’idea che «visitare i prigionieri è una vittoria, non una normalizzazione» – destò scalpore nel mondo arabo e fu pesantemente criticato da Hamas e dai Fratelli Musulmani (in particolare dal noto telepredicatore di al Jazeera Yusuf al-Qaradawi). Ora la Giordania attraverso questa conferenza che ha riunito personalità islamiche da tutto il mondo prova a rilanciare su questo tema. E lo fa insistendo sul fatto che i pellegrinaggi musulmani sarebbero la risposta più efficace a quegli ambienti nazionalisti ebraici che vagheggiano la costruzione del Terzo Tempio al posto della Spianata delle moschee. Nonostante la riconciliazione con Fatah i portavoce di Hamas si sono affrettati a prendere le distanze dall’iniziativa giordana, sostenendo che il boicottaggio deve continuare. Ma il dibattito adesso è aperto e l’esito appare tutt’altro che scontato.

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Clicca qui per leggere un articolo sui pellegrinaggi dei copti a Gerusalemme

Clicca qui per leggere l’articolo di Daoud Kuttab sull’incontro di Amman

Clicca qui per leggere l’articolo del 2012 sulla visita a Gerusalemme del Gran Mufti dell’Egitto

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