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Il vescovo di Assiut: «I cristiani egiziani pronti a soffrire per il loro Paese»

Carlo Giorgi
30 agosto 2013
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Il vescovo di Assiut: «I cristiani egiziani pronti a soffrire per il loro Paese»
Il vescovo copto-cattolico di Assiut, mons. Kyrillos William.

Per l'Egitto, dopo la cacciata del presidente Mohamed Morsi, è possibile un nuovo inizio che metta al bando fanatismo e violenza. E la bozza di Costituzione all'esame di una speciale commissione è il primo passo verso uno Stato veramente democratico. Ne è convinto monsignor Kyrillos William, vescovo copto-cattolico di Assiut. Nostra intervista.


(Milano) – Per l’Egitto, dopo la cacciata del presidente Mohamed Morsi, è possibile un nuovo inizio che metta al bando fanatismo e violenza. E la bozza di Costituzione, proprio in questi giorni all’esame di una speciale commissione, è il primo passo verso uno Stato veramente democratico. Ne è convinto monsignor Kyrillos William, vescovo copto-cattolico di Assiut, nell’Alto Egitto. La diocesi di mons. William conta 50 mila fedeli (un quarto di tutti i copti-cattolici egiziani), 39 parrocchie, una cinquantina di sacerdoti, 70 tra religiosi e religiose. Lo scorso anno ha celebrato 613 battesimi, segno di una comunità forte e vitale.

«Ora che i Fratelli Musulmani non sono al potere ci sentiamo più sicuri – spiega mons. William -. È vero, ci aspettiamo che qualche altro atto di violenza possa ancora avvenire, non la smetteranno facilmente questi terroristi… Come cristiani sappiamo che dobbiamo pagare ancora un prezzo; ma lo paghiamo volentieri, affinché il nostro Paese faccia un passo verso una vera democrazia, libertà e uguaglianza. Andiamo avanti, con prudenza e continuando a pregare».

Monsignor William, che danni ha avuto la sua diocesi dall’attacco islamista del 15 agosto scorso?
Quella di Assiut è stata la meno colpita delle province egiziane: sono state attaccate solo sette chiese (una cattolica, due ortodosse e quattro protestanti), la libreria della Società biblica, una quindicina di negozi gestiti da cristiani e qualche automobile. Grazie a Dio non abbiamo avuto vittime, a differenza di altre diocesi vicine. Ci hanno danneggiato il santuario delle Stimmate di san Francesco (conosciuto come santuario di santa Teresina per via di una statua che la ritrae e che è particolarmente venerata dai fedeli che visitano la chiesa – ndr): hanno bruciato totalmente la sacrestia ma, a parte alcune statue distrutte, la chiesa si è salvata, tanto che giovedì scorso abbiamo deciso di celebrare lì la festa dell’Assunta: c’erano 8 sacerdoti diocesani, 12 frati francescani e tutti i parrocchiani delle 4 parrocchie di Assiut. Inoltre il nostro ministro della Difesa, il generale Abdel Fattah el-Sisi, ha promesso di riparare tutte le chiese danneggiate coi fondi dell’esercito. Già domenica scorsa è venuta a trovarci una commissione composta da un militare, un architetto e un esperto; hanno fatto l’elenco dei danni e promesso che tutto sarà restaurato.

Con che sentimenti i cristiani hanno affrontato i giorni delle violenze?
Veramente i cristiani hanno mostrato saggezza e un forte spirito nazionale. Cerchiamo di non reagire come i terroristi; al contrario, abbiamo pregato per loro. Il giorno degli attacchi ho celebrato la Messa pregando così: «Preghiamo per il nostro Paese, per tutti quelli che soffrono, tutte le vittime, tra i militari e la polizia ma anche quelli che hanno incendiato le chiese. Che il Signore li illumini»… In una chiesa ortodossa data alle fiamme hanno messo dei cartelli con scritto: «Noi perdoniamo». Molti musulmani, poi, ci sono vicini. In diverse città della mia diocesi, parecchi musulmani si sono presentati come volontari per vigilare notte e giorno davanti alle chiese. I nostri amici musulmani si dicono contentissimi della cacciata del presidente Morsi. Dicono: «Finalmente possiamo vivere come prima…». Morsi non piace perché ha separato i credenti. Secondo i Fratelli Musulmani ci sono i credenti – che sono loro – e i non credenti, che sono tutti gli altri, musulmani o cristiani.

Cosa pensa della nuova bozza di Costituzione, presentata in questi giorni?
La nuova bozza, redatta da dieci esperti, adesso è all’esame della cosiddetta Commissione dei 50, composta da rappresentanti della società egiziana. Il 98 per cento del nuovo testo è buono: ci sono alcune osservazioni da fare, ma fondamentalmente è un testo che non esclude nessuno, che prende in considerazione i diritti umani e la cittadinanza di tutti. Inoltre, mette al bando partiti fondati sulla base di un’appartenenza religiosa… Questo è il grande problema dell’Egitto: confondere la politica con la religione, che equivale a instaurare un fascismo religioso. La Commissione dei 50 ha due mesi di tempo per emendare la bozza; che sarà sottoposta a referendum popolare. Una volta approvata, saranno indette le elezioni che, con probabilità, saranno simultaneamente sia parlamentari, sia presidenziali. Un modo per accorciare la transizione e anche per risparmiare. Prima della fine dell’anno così potremmo avere Costituzione, parlamento e presidente.

Dopo le violenze di agosto, come si può ricostruire la fiducia in Egitto?
Prima che la polizia disperdesse i loro sit-in, i Fratelli Musulmani sono stati invitati a più riprese a trovare una soluzione pacifica ma hanno sempre opposto un rifiuto, perché hanno come unico obiettivo quello di reinsediare Morsi. Tuttavia, se altre decine di milioni di persone non vogliono più Morsi è perché hanno visto che in un anno ha danneggiato il Paese, economicamente, politicamente e dal punto di vista della sicurezza. L’invito a riconciliarsi è sempre valido per i Fratelli Musulmani. Le autorità hanno detto di voler perseguire solo i colpevoli di disordini armati; tutti gli altri, se vogliono, possono prendere parte alla vita politica. I salafiti, ad esempio, hanno deciso di partecipare. C’è sempre l’occasione, nessuno sarà escluso: l’Egitto nuovo, l’Egitto più democratico è aperto a tutti, a condizione di rispettare la Costituzione e abbandonare le armi.

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