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Possibile attacco alla Siria. In Medio Oriente si temono rappresaglie

Terrasanta.net
29 agosto 2013
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Possibile attacco alla Siria. In Medio Oriente si temono rappresaglie
Consegna di maschere antigas agli israeliani in un centro di distribuzione allestito a Gerusalemme. (foto Yonatan Sindel/Flash90)

Nell'evenienza di un imminente attacco guidato dagli Stati Uniti contro la Siria, i Paesi del Medio Oriente si preparano al peggio. Il timore diffuso nella regione è quello di una reazione da parte del regime di Bashar al-Assad o dei suoi alleati (iraniani ed Hezbollah libanesi anzitutto) a un eventuale bombardamento.


(Milano/c.g.) – Nell’evenienza di un imminente attacco guidato dagli Stati Uniti contro la Siria, i Paesi del Medio Oriente si preparano al peggio. Il timore diffuso nella regione è quello di una reazione da parte del regime di Bashar al-Assad o dei suoi alleati (iraniani ed Hezbollah libanesi anzitutto) a un eventuale bombardamento. Reazione che potrebbe avvenire anche attraverso l’uso di armi chimiche.

I media israeliani oggi trasmettono le immagini delle lunghe code di cittadini di fronte ai centri di distribuzione delle maschere antigas. Secondo il giornale Maariv, ieri a Gerusalemme uno di questi centri è stato chiuso dopo l’assalto della folla che ha fatto incetta di tutte le maschere conservate nei magazzini. La stampa, che invita alla calma la popolazione, oggi ha comunicato che questi centri rimarranno aperti fino alle sette di sera odierne, ben oltre l’orario previsto. Sul sito internet del Comando del fronte interno, l’istituzione militare per la protezione e la sicurezza dei civili israeliani, ciascun cittadino può consultare la lista dei centri di distribuzione e seguire le istruzioni per ottenere una maschera.

Ben peggiore la situazione in Libano: «Non possiamo fingere di avere la competenza e l’esperienza sufficienti», ha ammesso Suleiman Haroun, capo dell’Associazione degli ospedali libanesi, in un’intervista al quotidiano The Daily Star, rispondendo alla domanda se il Paese fosse pronto ad un attacco chimico. Secondo Haroun, al momento gli ospedali libanesi non avrebbero a disposizione antidoti, abiti protettivi, maschere antigas; e sarebbero carenti anche di personale che abbia seguito esercitazioni su come comportarsi in caso di attacchi chimici. Una simile evenienza, poi, andrebbe a peggiorare le condizioni già problematiche della sanità libanese che conta già oggi 1.500 posti letto in meno rispetto alle esigenze dei ricoveri di emergenza e non potrebbe ricoverare più di 150 pazienti vittime grave intossicazione chimica. Fadi Abi Allam, capo del movimento pacifista libanese, ha dichiarato sempre al Daily Star che il settore pubblico è totalmente impreparato ad un attacco chimico.

Anche la Turchia si starebbe preparando ad attacchi chimici, ammassando cibo e maschere antigas al confine con la Siria. Secondo il centro di crisi del governo, per quanto riferisce il quotidiano Hurriyet, l’esercito avrebbe preparato bunker per la protezione dei civili in sette differenti aree vicino al confine con la Siria. Inoltre una squadra composta da cento esperti di armi chimiche è stata inviata nelle aree di confine, che sarebbero state preparate ad ogni tipo di attacco chimico.

In Egitto il Tamarrud, movimento che ha raccolto 22 milioni di firme per chiedere le dimissioni del presidente Mohammed Morsi aprendo la strada di fatto all’intervento dell’esercito, ha chiesto al governo che venga chiuso il canale di Suez, per evitare il passaggio di materiale militare verso il Mediterraneo. Il Tamarrud sembrerebbe schierarsi così a favore di Assad e contro il Libero esercito siriano, a sua volta sostenuto dai Fratelli Musulmani, avversari di Tamarrud.

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Ernesto Borghi

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