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Il blocco di Israele tiene in ginocchio Gaza

Terrasanta.net
16 giugno 2010
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Il blocco di Israele tiene in ginocchio Gaza
Una foto di repertorio del valico di Eretz tra Israele e il nord della Striscia di Gaza.

Salute ed economia nei Territori palestinesi occupati, versano in condizioni gravi. A dirlo è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in una ricerca sulla situazione economica e sociale nei Territori resa pubblica nel mese di maggio. A Gaza, in seguito al blocco dei confini voluto da Israele, il 98 per cento delle attività industriali si è interrotto.


(Milano) – Salute ed economia nei Territori palestinesi occupati, versano in condizioni di estrema gravità. A dirlo è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ha redatto una ricerca sulla situazione economica e sociale nei Territori, rendendola pubblica nel mese di maggio. La ricerca è un approfondimento voluto dall’Assemblea mondiale della salute che, nel 2009 aveva chiesto a Israele di «interrompere subito il blocco agli accessi che portano ai Territori occupati e, in particolare, alla Striscia di Gaza; blocchi che – secondo l’Oms – stavano causando una preoccupante carenza di medicine e materiale medico».

Secondo il rapporto, l’economia in ginocchio, l’incapacità a governare, le carenze mediche e degli impianti igienici, sono fattori che hanno contribuito a un continuo peggioramento della salute della popolazione, soprattutto a Gaza. In seguito al blocco dei confini voluto da Israele, il 98 per cento delle attività industriali della Striscia si sono interrotte. La proibizione di far entrare a Gaza materiale edile (che Israele blocca per ostacolare la realizzazione di strutture sotterranee), ha impedito la ricostruzione di 6.500 case distrutte durante le operazioni militari israeliane dell’inverno 2008/09; nonché di costruire ex novo 7.500 abitazioni di cui la popolazione di Gaza, in continua crescita ha bisogno. In questo modo almeno 3.500 famiglie della Striscia non vivono in casa propria.

«Molto spesso i giornalisti mi chiedono se considero quella di Gaza una crisi umanitaria – commenta Filippo Grandi, commissario generale dell’Unwra, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi –. In realtà si tratta di una crisi molto più seria. Una crisi umanitaria si affronta portando cibo e medicine. Questa, invece, è innanzitutto una crisi economica. E poi è una crisi delle istituzioni e delle infrastrutture. Per risolverla ci vorranno anni». La crisi economica, poi, colpisce duramente anche le grandi istituzioni: l’Unwra, che si occupa di 4,7 milioni di palestinesi rifugiati tra Giordania, Libano, Siria e Territori Palestinesi, dovrà probabilmente affrontare un taglio del 25 per cento del proprio bilancio di previsione.

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Ernesto Borghi

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