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Ripartiamo da Ginevra

23/10/2009  |  Milano
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Ripartiamo da Ginevra
L'israeliano Yossi Beilin (in primo piano) e il palestinese Yasser Abed Rabbo, protagonisti degli Accordi di Ginevra.

C'erano una volta gli Accordi di Ginevra, l'iniziativa «ufficiosa» di pace promossa dagli ex negoziatori Yossi Beilin e Yasser Abed Rabbo, firmata nel 2003. Un documento che si proponeva di indicare un quadro concreto attraverso cui delineare la famosa soluzione dei due Stati per due popoli in Terra Santa. C'era una volta. Ma in realtà c'è ancora. E in queste ultime settimane ha fatto un passo avanti molto importante. Anche se nessuno ce lo ha raccontato. Ricapitoliamo i fatti...


C’erano una volta gli Accordi di Ginevra, l’iniziativa «ufficiosa» di pace promossa dagli ex negoziatori Yossi Beilin e Yasser Abed Rabbo, firmata nel 2003. Un documento che si proponeva di indicare un quadro concreto attraverso cui delineare la famosa soluzione dei due Stati per due popoli in Terra Santa. C’era una volta. Ma in realtà c’è ancora. E in queste ultime settimane ha fatto un passo avanti molto importante. Anche se nessuno ce lo ha raccontato.

Ricapitoliamo i fatti: gli Accordi di Ginevra non sono un’iniziativa ingenua nata dal nulla. Partono da un punto di riferimento ben preciso, cioè i parametri di (Bill) Clinton, che altro non sono che le conclusioni che l’allora presidente degli Stati Uniti nel dicembre 2000 (quando già era iniziata la seconda intifada) provò a trarre dai sette anni di negoziati avviati nel settembre 1993 con gli Accordi di Oslo. Clinton propose alcuni principi generali: i due Stati, la divisione di Gerusalemme a partire dalla situazione attuale anziché dai confini del 1967, il principio degli scambi di territori, una soluzione simbolica per la questione dei rifugiati… Gli Accordi di Ginevra – stilati da due gruppi di ex negoziatori che conoscono a menadito tutte le questioni calde del conflitto – andavano un passo avanti, esponendo in un documento dettagliato di 17 articoli quello che nel gergo diplomatico viene chiamato lo status finale, cioè il profilo che dovrebbero assumere lo Stato palestinese e quello di Israele una volta raggiunta la pace. E parlano non solo dei confini, ma anche delle garanzie reciproche perché questi due Stati possano vivere in sicurezza.

Gli Accordi di Ginevra furono accolti da un grande entusiasmo nell’opinione pubblica internazionale. Eravamo allora nel periodo più buio della seconda intifada e questa sembrava davvero un’alternativa. Tanta attenzione, però, non passò inosservata a un grande tattico come è sempre stato Ariel Sharon. Che – guarda caso – proprio nell’autunno del 2003 lanciò a sorpresa l’idea del ritiro da Gaza. Perché c’è un legame stretto tra queste due mosse: di fronte ai rischi di un negoziato che ormai non potrebbe più prescindere da un punto di riferimento come gli Accordi di Ginevra, l’anziano generale (con l’appoggio dell’amministrazione Bush) scelse la mossa dell’unilateralismo, molto meno impegnativa per Israele. I risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti. È arrivata la vittoria di Hamas alle elezioni del 2006, la situazione a Gaza è quella che conosciamo, ci sono state altre due sanguinose guerre nell’area. In un contesto del genere gli Accordi di Ginevra non se li fila più nessuno. Ma questo è un grave errore: perché quel gruppo di negoziatori è andato avanti a lavorare. E il 15 settembre scorso ha diffuso un nuovo testo, ancora più importante. Si tratta degli Annessi, cioè dei dettagli di quel quadro delineato nel 2003 con gli Accordi. Gli Annessi sono un libro di oltre 400 pagine in cui si mostra come e a quali condizioni quel quadro potrebbe funzionare. Ci sono cartine dettagliate, rendering dei posti di frontiera, regolamenti attuativi di accordi come quelli sulla gestione delle risorse idriche, modalità ben precise di intervento della comunità internazionale nel suo ruolo indispensabile di garanzia (con tanto di pattuglie di polizia internazionale a Gerusalemme). Un lavoro importantissimo, alla luce del sole, scaricabile on line da un sito internet. Eppure non ne sta parlando nessuno.

Spero di non essere frainteso, ma oserei dire che questo documento è dieci volte più importante del rapporto Goldstone, che riempie in questi giorni le cronache sul Medio Oriente. Perché le ferite di una guerra terribile come quella di Gaza – con le gravi violazioni dei diritti umani che ha portato con sé – si sanano davvero solo se si torna a dare una prospettiva politica ai discorsi sui due popoli e i due Stati. Non basta spingere perché Israele e l’Autorità palestinese si incontrino e ricomincino da capo il balletto dei faccia a faccia. Dobbiamo insistere perché questo confronto avvenga intorno a una fotografia di un futuro possibile. Ed è quanto queste 400 pagine delineano in maniera cristallina. Se vuole davvero far ripartire il processo di pace in Medio Oriente la comunità internazionale deve chiedere a tutti gli interlocutori (Hamas compreso) di esprimersi ufficialmente su questa proposta. Perché ovviamente poi ciascuno potrà fare i suoi emendamenti, le sue precisazioni, ma se vogliamo parlare seriamente di due popoli e due Stati in Terra Santa il quadro non potrà essere molto diverso.

Con questo libro in mano, oggi, tutto si può dire tranne che gli Accordi di Ginevra siano una proposta teorica campata per aria. Ma è una proposta che ha bisogno di una comunità internazionale che le dia forza. Perché, con le rinunce che chiede a entrambi, mai e poi mai la leadership israeliana e quella palestinese la adotteranno spontaneamente. Se il premio Nobel Barack Obama c’è è ora che su questo specifico punto si decida a battere un colpo.

Clicca qui per leggere il sommario degli Annessi dal sito degli Accordi di Ginevra

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