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Il blocco di Gaza

11/12/2007  |  Milano
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Ieri il mondo ha celebrato l'anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Una ricorrenza particolarmente solenne, quest'anno, perché è stata l'occasione per lanciare una grande campagna all'Onu in occasione dei 60 anni di questo documento, che rappresenta una delle sintesi più alte mai elaborate dalla politica internazionale. C'è poca aria di celebrazione, però, in giro. Ci si chiede: è davvero possibile garantire i diritti anche nel mondo del dopo-11 settembre? Una prospettiva interessante per affrontare questa domanda la offre l'articolo che rilanciamo oggi, tratto dal sito palestinese Amin.


Ieri il mondo ha celebrato l’anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Una ricorrenza particolarmente solenne, quest’anno, perché è stata l’occasione per lanciare una grande campagna all’Onu in occasione dei 60 anni di questo documento, che rappresenta una delle sintesi più alte mai elaborate dalla politica internazionale. C’è poca aria di celebrazione, però, in giro: perché il nodo di questo sessantesimo sarà una domanda: quei diritti rimarranno ancora a lungo solo scritti sulla carta? Ed è davvero possibile garantirli anche nel mondo del dopo-11 settembre?

Una prospettiva interessante per affrontare queste domande la offre l’articolo che rilanciamo oggi, tratto dal sito palestinese Amin. Si tratta di un documento scritto dal Gaza Community Mental Health Programme, una delle più importanti Ong assistenziali palestinesi che opera nella striscia di Gaza. Una realtà con una lunga storia alle spalle, che non può essere ridotta a mera portavoce delle istanze di Hamas. Ebbene: questo testo parla specificamente dei diritti umani dal punto di vista di Gaza. Spiegando quali sono le conseguenze, soprattutto sulla salute mentale dei bambini, del blocco imposto ormai da mesi e su cui periodicamente pende la spada di Damocle di un ulteriore inasprimento.

Che la situazione di Gaza sia complessa è fuori discussione. Come pure il fatto che il lancio di missili Qassam che quasi quotidianamente colpiscono la città di Sderot è una grave violazione dei diritti umani. Ma – detto questo – il fatto che migliaia di ragazzi siano di fatto privati della scuola e che delle persone muoiano semplicemente perché prive di assistenza sanitaria può essere ridotto al rango di un mero effetto collaterale della lotta al terrorismo? È una domanda che oggi resta aperta.

Clicca qui per leggere l’articolo pubblicato su Amin

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