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In Libia la Chiesa impegnata a soccorrere le vittime dei tumulti

Edward Pentin
22 febbraio 2011
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La comunità cattolica in Libia al momento non deve fronteggiare problemi particolari nella difficile situazione che il Paese sta vivendo in questi giorni. È anzi impegnata a offrire l’assistenza che le è possibile a coloro che si ritrovano coinvolti nei tumulti.


(Milano) – La comunità cattolica in Libia al momento non deve fronteggiare problemi particolari nella difficile situazione che il Paese sta vivendo in questi giorni. È anzi impegnata a offrire l’assistenza che le è possibile a coloro che si ritrovano coinvolti nei tumulti.

Lo spiega mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli da ben 26 anni, raggiunto il 21 febbraio da Terrasanta.net. Il vescovo, frate minore, assicura che a Tripoli e a Bengasi la Chiesa non deve far fronte a specifici problemi o minacce. «In effetti nell’area di Bengasi la situazione è piuttosto difficile – soggiunge -. Abbiamo suore che lavorano in vari ospedali e un sacerdote in diverse località e siamo pronti a dare aiuto».

Le religiose in Libia appartengono a varie congregazioni (Francescane missionarie di Maria, Missionarie della carità, Piccole sorelle di Gesù, Figlie della carità) e «si prodigano recando un servizio molto apprezzato dalla gente», dice Martinelli.

E spiega che i fedeli che partecipano alla Messa il venerdì, sabato e domenica sono cristiani delle più svariate estrazioni sociali: «Abbiamo immigrati filippini che lavorano negli ospedali e altri africani immigrati illegalmente». «Il nostro servizio – chiosa mons. Martinelli – non è solo d’ordine pastorale. C’è anche l’aspetto assistenziale nei confronti dei migranti e possiamo svolgerlo senza intralci».

Il vescovo condanna il ricorso alla violenza, ma rimane ottimista circa la possibilità di trovare una soluzione e chiede preghiere.

In Libia la comunità cattolica ha subito attacchi nel passato recente. Giusto nel febbraio 2006 la chiesa francescana dell’Immacolata concezione, a Bengasi, venne attaccata e saccheggiata da un gruppo di musulmani. In quell’occasione i frati e le suore furono costretti a rifugiarsi a Tripoli, ma nessuno riportò ferite.

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