Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Tzniut o la modestia nel vestire

Claire Riobé
20 gennaio 2021
email whatsapp whatsapp facebook twitter versione stampabile
<i>Tzniut</i> o la modestia nel vestire
Clienti ebree ortodosse a un evento organizzato a Gerusalemme dalla rivista femminile Pnima. (foto Miriam Alster/Flash90)

In materia di abbigliamento, che cosa prevede la legge ebraica per le donne? Come possono conciliare pudore e desiderio di riservatezza con la loro femminilità? Lo scopriamo facendo un giro tra i negozi di Gerusalemme.


Una parola risuona silenziosa tra le donne ebree di Jaffa Road: tzniut, modestia nel vestire.

Lungo la linea del tram che attraversa la parte ovest di Gerusalemme, numerosi negozi di abbigliamento propongono un vasto assortimento di abiti femminili: dalle gonne lunghe in cotone ai foulard dai colori sgargianti tempestati di piume e di perle, passando per gli ampi abiti a quadrettoni.

A poche decine di metri da Mea Shearim, il quartiere ebraico ultraortodosso della città santa, i commercianti le pensano tutte pur di attirare le clienti. Chi ha detto che moda e modestia debbano per forza «fare a pugni»? Certo, con la tzniut, l’ambito della halakhah (la legge ebraica) che indica le norme di comportamento relative al pudore, non si scherza. Pur riguardando tanto gli uomini che le donne, queste ultime devono però rispettare un maggior numero di regole. Per le donne ebree, non sono tzniut i vestiti troppo corti, succinti o «ammiccanti», che attirano lo sguardo dell’uomo e lo distolgono da Dio. Alle donne viene anche chiesto di non scoprire le gambe al di sopra del ginocchio, le braccia oltre il gomito o ancora di non portare un capo che lasci intravedere la clavicola. Analogamente, sono vietati i tessuti troppo aderenti, o giudicati troppo provocanti per il colore o il materiale.

Tuttavia, benché l’originalità e la fantasia siano malviste negli ambienti ultraortodossi, la maggior parte delle donne ebree israeliane, sempre più esposte all’influenza degli ambiti laici, sono felicissime di cambiare stile nel vestire. E nel settore dell’abbigliamento israeliano il rispetto della tzniut apre una gamma infinita di possibilità per stilisti e sarti, che non si arrendono alle regole di una moda «modesta».

«Qui vendo tutto, tranne il rosso. Nella halakhah il rosso non è ammesso, è un colore troppo vistoso che attira lo sguardo. Le donne ebree sono invitate a bandirlo », spiega Rami, direttore di un negozio di abbigliamento in Jaffa Road. Sulla soglia, gli acchiappasogni e i gris-gris (amuleti) appesi lasciano intravedere un’esposizione di bandane multicolori e più sobrie camicie di seta. Il rispetto della halakhah non è mai stato vincolante per questo commerciante, che importa i suoi tessuti dall’Indonesia e dalla Thailandia.

Da quindici anni, Rami cerca di sviluppare lo stile peculiare della sua boutique stando al passo con il gusto delle clienti.

«Da me le giovani donne possono trovare cose di loro gradimento pur rispettando la tzniut. Questi abiti lunghi con grandi motivi, ad esempio, potranno anche essere originali ma sono di lunghezza regolamentare, quindi le donne li comprano». Rami, in questo modo, è riuscito progressivamente a diversificare tessuti e modelli, per andare incontro tanto ai gusti delle donne ebree osservanti quanto delle turiste di passaggio.

Altro vantaggio per il settore della moda: l’applicazione della tzniut dipende dallo stato civile delle donne; la halakhah, ad esempio, invita quelle sposate con un ebreo a coprirsi il capo. A seconda del grado di osservanza religiosa, può trattarsi di un berretto, di un foulard o anche di una parrucca. I foulard, per limitarci a questi, possono essere annodati a turbante o portati come una fascia, risaltare sul cappotto o intonarsi con le scarpe, a tinta unita o con fantasie…

Una vera e propria manna per i commercianti della via, che espongono davanti agli occhi estasiati delle clienti decine di modelli diversi.

In fatto di moda, nessuno ha mai detto che le donne ebree dovessero essere austere. Senza sfidare le regole del pudore dettate dalla loro religione, sfilano ogni giorno in Jaffa Road eleganti, addirittura civettuole, offrendo a noi profani uno spettacolo a dir poco esuberante.

Eco di Terrasanta 1/2021
Gennaio-Febbraio 2021

Eco di Terrasanta 1/2021

Aggrappati a una «presenza»
frate Francesco Ielpo ofm

Aggrappati a una «presenza»

Dopo un anno segnato dalla paura dell’ignoto, l’ansia per un futuro imprevedibile si calma sperimentando la vicinanza di Dio. Gesù è vivo e presente e i cristiani si stringono a lui, come la piccola Elif al suo soccorritore.

Una messa «speciale» al Giordano
Giampiero Sandionigi

Una messa «speciale» al Giordano

Per la prima volta, dopo oltre mezzo secolo, domenica 10 gennaio i francescani di Terra Santa sono tornati a dir messa nel piccolo convento di San Giovanni Battista presso il Giordano. Tutta la zona era un campo minato fino a pochi mesi fa e ora va rinascendo.

Newsletter

Ricevi i nostri aggiornamenti

Iscriviti
Sostienici

Terrasanta.net conta anche sul tuo aiuto

Dona ora
Sfoglia l'Eco

Se non hai mai avuto modo di leggere Eco di Terrasanta, ti diamo la possibilità di sfogliare un numero del 2023.
Buona lettura!

Clicca qui
Come ricevere l'Eco

Il tabloid Eco di Terrasanta viene spedito ogni due mesi a tutti coloro che sono interessati ai Luoghi Santi e che inviano un’offerta, o fanno una donazione, a favore delle opere della Custodia di Terra Santa tramite la nostra Fondazione.

Maggiori informazioni
«Voi chi dite che io sia?»
Francesco Patton

«Voi chi dite che io sia?»

In cammino con Pietro sulle orme di Gesù
Seguire Gesù
Matteo Crimella

Seguire Gesù

Sette meditazioni sul Vangelo di Luca
Semi di fraternità
Massimo Fusarelli

Semi di fraternità

Con Francesco nelle sfide del nostro tempo
In Terra Santa – nuova ed. brossura
Gianfranco Ravasi

In Terra Santa – nuova ed. brossura

Un pellegrinaggio spirituale