(Milano) – Le cronache egiziane registrano un crescendo di violenze islamiste e il Paese comincia ad esserne preoccupato e inquieto. Pochi giorni fa a Qena, nel sud dell’Egitto, alcuni fondamentalisti hanno tagliato un orecchio a un cristiano, colpevole ai loro occhi di avere una relazione con una musulmana. Altre centinaia di fanatici, in una cittadina del Delta del Nilo, hanno incendiato la casa di una donna, considerata di facili costumi. In altri centri del Delta, hanno distrutto tombe dei santi musulmani locali, la cui venerazione è vista dai puritani islamici come un’idolatria. Vicino al Cairo, gli estremisti hanno dato l’assalto a un negozio di alcolici, uccidendone il proprietario, e assediato un’organizzazione caritativa copta a Giza, costringendo i sacerdoti locali a chiudere gli ambienti. Questo per rimanere alle notizie più recenti: tutti episodi attribuiti ai salafiti, una corrente religiosa che si batte per il ritorno a un islam puro e senza compromessi.
I salafiti egiziani sono stati tollerati dal passato presidente Hosni Mubarak che li considerava un movimento spirituale e non politico, a differenza dei Fratelli Musulmani, principale nemico del regime egiziano sbriciolatosi a fine gennaio. Benché i loro ideali non differiscano poi tanto da quelli dei wahabiti sauditi (da cui è nata Al Qaeda) o dei talebani afghani, i salafiti non si identificano necessariamente con un atteggiamento aggressivo e militante quanto piuttosto con uno stato «della mente e dell’animo», secondo una definizione di molti studiosi.
Tuttavia in Egitto le cose stanno cambiando rapidamente.
I salafiti locali, pur non avendo partecipato alla Rivoluzione di piazza al Tahrir, appaiono ora divisi tra loro sull’ingresso o meno nella scena pubblica: ci sono sostenitori della non violenza e predicatori ancora convinti che la religione non possa contaminarsi con la politica; ma altri, specie tra le nuove leve, sono pronti a sostenere che i precetti morali del salafismo debbano essere tutelati e difesi in una società a rischio di secolarizzazione e alcuni gruppi vogliono creare un partito politico e presentare un proprio candidato alle prossime elezioni presidenziali. È questo nuovo volto del salafismo egiziano a spaventare gli altri protagonisti della transizione nel Paese. Anche perché la promozione delle «virtù islamiche» si sta trasformando sempre più spesso in azione violenta.
Pochi giorni fa si è sparsa la voce che i salafiti volessero organizzare una grande manifestazione di piazza per imporre l’obbligo del velo per tutte le donne, musulmane e non musulmane, minacciando di sfigurare con l’acido le disobbedienti. Il panico si è propagato in tutti i siti cristiani, nonostante che i portavoce salafiti avessero smentito con prontezza la notizia. Che la tensione sia alta lo dimostra il fatto che, a titolo prudenziale, una parrocchia copta ad Assiut ha fatto ugualmente sgomberare e trasferire in un luogo più sicuro le 340 ragazze di un dormitorio universitario locale. Intanto al Cairo si vedono sempre più donne velate con il niqab, che lascia scorgere solo gli occhi, piuttosto che con il più comune hijab, ed uomini con la barba e senza baffi, per imitare il profeta Maometto.