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L’Iraq è assetato e a corto di grano

Laura Silvia Battaglia
1 giugno 2022
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La guerra tra Russia e Ucraina concorre, ma desertificazione, inefficienze e carenza d'acqua contano di più. Così la produzione di grano in Iraq cala di anno in anno e il Paese è costretto a importare, proprio mentre la congiuntura internazionale è sfavorevole.


In un momento in cui i prezzi mondiali del grano sono aumentati vertiginosamente a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, gli agricoltori iracheni pagano un prezzo salato per la decisione del governo locale di ridurre del 50 per cento l’irrigazione per le aree agricole. Il governo si è trovato in difficoltà di fronte alla grave carenza d’acqua causata dalle alte temperature e dalla siccità – che si ritiene siano alimentate dai cambiamenti climatici – e dal continuo prelievo di acqua dai fiumi Tigri ed Eufrate da parte dei Paesi vicini, Turchia e Iran in testa.

Tutti questi fattori hanno messo a dura prova la produzione di grano. Lottando contro la carenza d’acqua, il governo iracheno non è stato in grado di affrontare altre questioni a lungo trascurate. La desertificazione è considerata il fattore chiave alla base dell’implacabile ondata di tempeste di sabbia di quest’anno. Almeno dieci hanno flagellato il Paese negli ultimi mesi, coprendo le città con una spessa coltre di polvere arancione, bloccando i voli e costringendo migliaia di persone al ricovero ospedaliero.

«Abbiamo bisogno d’acqua per risolvere il problema della desertificazione, ma ce ne serve anche per garantire le nostre forniture alimentari»: Essa Fayadh, alto funzionario del ministero dell’Ambiente, lancia l’allarme. «Non abbiamo abbastanza acqua per risolvere entrambi i problemi». Il fatto è che l’Iraq fa affidamento sui fiumi Tigri ed Eufrate per quasi tutto il suo fabbisogno idrico, ma a monte la Turchia e l’Iran hanno costruito dighe che hanno bloccato o deviato il deflusso delle acque, creando gravi carenze in Iraq. Il ministro per le risorse idriche Mahdi Rasheed lo conferma: i livelli dei fiumi iracheni sono diminuiti del 60 per cento rispetto allo scorso anno, ma questa situazione va avanti da almeno un decennio e continua a peggiorare. Svegliatisi solo oggi, i funzionari del governo affermano che è necessario un cambio di rotta.

La scarsità d’acqua non lascia altra scelta che spingere alla modernizzazione di tecniche agricole antiquate e dispendiose. Hamid al-Naif, portavoce del ministero dell’Agricoltura, annuncia: «Abbiamo elaborato un piano strategico per affrontare la siccità considerando la mancanza di pioggia, il riscaldamento globale e la mancanza di irrigazione proveniente dai Paesi vicini». Il ministero ha adottato misure innovative per ideare nuovi tipi di grano resistente alla siccità e per introdurre dei sistemi di aumento della produzione sui raccolti. «Abbiamo ancora a che fare con i sistemi d’irrigazione degli anni Cinquanta e dobbiamo costringere gli agricoltori ad accettare le innovazioni». Storicamente, gli agricoltori iracheni sono stati sempre dipendenti dallo Stato nella produzione di cibo. Una dipendenza che i politici e gli esperti sostengono prosciughi i fondi del governo. Il ministero dell’Agricoltura, infatti, fornisce ai contadini tutto, dagli strumenti per la raccolta alle sementi, dai fertilizzanti ai pesticidi. Il tutto a tasso agevolato o gratuitamente. Anche l’acqua deviata dai fiumi per l’irrigazione è fornita gratuitamente. Il passaggio successivo tocca al ministero del Commercio che immagazzina o acquista i prodotti dagli agricoltori e li distribuisce nei mercati.

Il grano in Iraq è una coltura strategica chiave: rappresenta il 70 per cento della produzione totale di cereali nel Paese. La semina inizia ad ottobre, il raccolto ad aprile, estendendosi fino a giugno in alcune aree. L’anno scorso, il ministero dell’Agricoltura ha tagliato i sussidi per fertilizzanti, sementi e pesticidi, e questa scelta ha fatto arrabbiare gli agricoltori. Ma, di più, c’è il problema della produzione, ormai in caduta libera. Secondo il ministero dell’Agricoltura, nel 2021, l’Iraq ha prodotto 4,2 milioni di tonnellate di grano, contro i 6,2 milioni di tonnellate del 2020: la produzione locale si sta riducendo ogni anno che passa. Quest’anno, il ministero stima di poter ottenere al massimo 2,5 milioni di tonnellate e ciò richiederebbe all’Iraq di aumentare le importazioni dall’estero, funestate dalla recente crisi globale del mercato del grano causata dalla crisi russo-ucraina. Per questo il governo ha recentemente modificato la politica nazionale per consentire a tutti gli agricoltori iracheni di vendere i loro prodotti ai silos del ministero del Commercio. In precedenza, questa possibilità era limitata agli agricoltori che operavano nell’ambito del piano del governo.  Ma questa misura, che pretende di risolvere le difficoltà economiche degli agricoltori, è una necessità che deve misurarsi con la domanda dei consumatori locali: nei magazzini del ministero del Commercio iracheno sono attualmente disponibili solo 373mila tonnellate di grano. E se anche si aggiungesse il resto della produzione, sarebbe comunque troppo poco per sfamare tutto il Paese nell’estate alle porte.

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