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Debke, a chi fa paura la danza palestinese?

Paola Caridi
27 maggio 2021
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La compagnia di danza popolare Al Funoun, la più famosa in Palestina, di base a Ramallah, ha anche il triste primato di aver visto nella sua storia molti tra i suoi ballerini di debke arrestati dalle autorità israeliane.


Tra artisti e studenti, superano ben oltre le duecento unità. E hanno un seguito incredibile, soprattutto tra i giovani. Ballano debke, la danza tradizionale palestinese, uno dei pilastri della cultura popolare e, allo stesso tempo, della conservazione di tradizioni, identità e memoria. La compagnia di danza popolare Al Funoun, la più famosa in Palestina, di base a Ramallah, ha anche – però – il triste primato di aver visto nella sua storia molti tra i suoi ballerini arrestati dalle autorità israeliane.

A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, per esempio, due terzi della troupe furono detenuti nel breve spazio di due anni. Ma gli arresti non sono cose antiche, episodi passati in una storia che ha travalicato i quarant’anni di esistenza.

Gli ultimi arresti sono di queste settimane. Ad aprile, i soldati israeliani hanno catturato Tarek Amjad Karaja, studente dell’Università di Birzeit e tra i giovani danzatori di Al Funoun. Lo scorso 2 febbraio, invece, ad essere arrestato durante un raid israeliano alle 4 di mattina nella sua casa di al Bireh, vicino Ramallah, è stato Ata Khattab. Un nome che, nel mondo della danza popolare, è conosciuto ben oltre gli incerti confini palestinesi. Capo coreografo ad Al Funoun, direttore dei corsi di danza, lui stesso ballerino di talento, Ata Khattab è un simbolo della debke e della danza popolare in Palestina. Protagonista di numerosi tour internazionali, ha intessuto negli ultimi venti anni rapporti tra l’Irlanda e la Nuova Zelanda, la Francia e la Giordania, sulle orme di una tradizione familiare iniziata da suo padre Mohammed, uno dei fondatori della compagnia stessa.

Dall’inizio di febbraio, Ata Khattab è in detenzione preventiva, una pratica giudiziaria israeliana contestata da tutte le associazioni per la difesa dei diritti umani, sia internazionali sia palestinesi. Una pratica che può lasciare in carcere un detenuto per anni. Tra febbraio e marzo, Khattab è stato tenuto in isolamento nel carcere di al Moskubiyya a Gerusalemme, sino al suo trasferimento nell’ospedale della prigione di Ramleh dopo aver contratto il Covid-19 mentre – dicono i suoi familiari – si trovava in isolamento.

Le accuse? Non si conoscono. Non si sa quali reati abbia commesso Ata Khattab, sottoposto per settimane agli interrogatori della polizia israeliana. L’unica cosa certa, per il momento, è la carta d’identità di Ata Khattab. Il coreografo e ballerino palestinese è uno degli esponenti più rilevanti di un’arte, la danza popolare, che riesce a mettere insieme molti ragazzi, anche giovanissimi, che trovano un impegno e una forma di espressione artistica, un dono in una situazione complessa e di occupazione, tra Cisgiordania e Gerusalemme est. Al Funoun si fa un vanto di mettere assieme, nei suoi corsi, tutte le diversità di fede e di cultura del panorama palestinese. Musulmani e cristiani, maschi e femmine, più o meno laici, tutti riuniti attorno a un’arte che è anche attaccamento a un’identità messa a dura prova.

I simboli popolari, per i palestinesi di oggi, non sono molti. Simbolo è ancora la bandiera, la cui esposizione è proibita a Gerusalemme dalle autorità israeliane, sfidate ogni sera d’aprile alla Porta di Damasco, durante la recente fiammata di proteste. Simbolo è la stessa debke. I palestinesi che ballano, che non usano la violenza, sembrano fare lo stesso paura. Come se la danza incarnasse una strana forma di reato: di libera espressione.

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