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Rumore e silenzio nel Natale di Gerusalemme

Giorgio Bernardelli
22 dicembre 2017
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All'improvviso da giorni tutti parlano di Gerusalemme; ma sappiamo fin troppo bene che con la stessa rapidità torneranno presto a dimenticarsene. E il Natale che c'entra?


C’è tanto rumore in queste settimane intorno alla Terra Santa. All’improvviso tutti parlano di Gerusalemme; ma sappiamo fin troppo bene che con la stessa rapidità torneranno presto a dimenticarsene. Sulla scia dell’ormai famosa dichiarazione ufficiale di Donald Trump si moltiplicano le parole roboanti intorno alla Città Santa. E allora – provvidenziale – arriva il Natale a ricordarci che per farsi carne Dio ha scelto Betlemme, con il suo silenzio e le sue strade inizialmente incomprensibili.

Così – mentre cercavo il Natale in questa Gerusalemme inquieta e muscolare del dicembre 2017 – mi sono accorto di averlo trovato in una storia che all’apparenza sembrerebbe c’entrare poco. Si tratta infatti di una notizia un po’ malinconica su quattro suore contemplative anziane che – dopo aver vissuto in Terra Santa per quasi cinquant’anni – per mancanza di nuove vocazioni ora hanno scelto di tornare insieme in Francia. La comunità è quella delle Suore della Solitudine, il ramo contemplativo delle suore di Nostra Signora di Sion. Dopo un primo periodo a Nazaret dal 1971 vivevano a Ein Karem in un piccolo monastero vicino alla chiesa della Visitazione, dove in Terra Santa si fa memoria dell’incontro tra Maria ed Elisabetta e della preghiera del Magnificat. Fedeli alla loro vocazione di ponte con il popolo della Prima Alleanza scandivano la loro giornata recitando in ebraico gli inni della Liturgia delle ore, oltre a essere un punto di riferimento importante non solo per il Vicariato dei cattolici di espressione ebraica ma anche per tante altre persone a Ein Karem. Ora però l’età avanza e – per rimanere comunque insieme – le Suore della Solitudine hanno scelto di trasferirsi tutte e quattro in una casa di riposo in Francia, dove continueranno a vivere come una comunità in mezzo anche ad altre persone.

«Partiamo per continuare a vivere la nostra chiamata, se restassimo qui sarebbe solo un modo per sopravvivere», hanno raccontato a Cécile Klos in un bell’articolo dedicato alla loro storia pubblicato sul sito del Patriarcato latino di Gerusalemme. Da Ein Karem porteranno però con sé un’immagine che tenevano nella cappella: un dipinto di un artista israeliano che raffigura Myriam, la sorella di Mosé, che canta al suono del tamburello dietro le canne. «Ognuno di noi è rappresentato in questa immagine – spiegano -. Come Myriam cantiamo la Gloria di Dio e proviamo ogni giorno a superare queste canne che ci separano da Lui».

C’è proprio tanto Natale in queste parole. C’è un Dio che si fa trovare solo da chi è capace di cercarlo nei luoghi e nelle situazioni più impensate. C’è il mistero vero della Terra Santa, che è ben più che appollaiarsi su un fazzoletto di terra da difendere solo per sé contro tutto e contro tutti. C’è la logica di un’incarnazione talmente piena da non lasciarsi spaventare nemmeno dal momento in cui la carne si fa più fragile. Ma c’è soprattutto la consapevolezza che andare da quel Bambino alla grotta di Betlemme è accettare di mettersi di nuovo in cammino, in qualsiasi situazione della vita.

Nell’omelia della Messa di saluto alle Suore della Solitudine, padre David Neuhaus ha detto una profonda verità: «Ci avete insegnato a guardare alla presenza di Dio, mettendo a tacere il rumore che ci invade. Gerusalemme sarà un posto più rumoroso senza di voi». Non c’è dubbio che da domani sarà così. Eppure questo congedo in questo Natale non può non apparirci anche come un compito che ci riguarda di tutti: c’è un silenzio da custodire per ritrovare davvero Gerusalemme. In Terra Santa come nel cuore di ciascuno di noi.

Buon Natale a tutti!

Clicca qui per leggere (in italiano) l’articolo di Cécile Klos

Clicca qui per leggere (in inglese) l’omelia di padre David Neuhaus

  


 

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A dare il nome a questo blog è una delle più celebri tra le porte della città vecchia di Gerusalemme. Quella che, forse, esprime meglio il carattere singolare di questo luogo unico al mondo. Perché la Porta di Jaffa è la più vicina al cuore della moderna metropoli ebraica (i quartieri occidentali). Ma è anche una delle porte preferite dai pellegrini cristiani che si recano alla basilica del Santo Sepolcro. Ecco, allora, il senso di questo crocevia virtuale: provare a far passare attraverso questa porta alcune voci che in Medio Oriente esistono ma non sentiamo mai o molto raramente.

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