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A Gerusalemme i leader religiosi dicono no a sangue e vendetta

Giuseppe Caffulli
19 novembre 2014
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A Gerusalemme i leader religiosi dicono no a sangue e vendetta
L'abbraccio tra il rabbino capo d'Israele, Shlomo Amar e un imam, alla cerimonia di fronte alla sinagoga dell'attentato, a Gerusalemme

In una Gerusalemme ancora scossa dagli eventi e attraversata da continui episodi di violenza (ultimo, l'attentato nella sinagoga Kehilat Yaakov di Shimon Agassi Street, dove sono morte cinque persone, oltre ai due attentatori) vescovi e rappresentanti delle comunità religiose presenti in Terra Santa si sono incontrati questa mattina, per esprimere solidarietà alla comunità colpita e condannare insieme tutti gli atti di violenza.


In una Gerusalemme ancora scossa dagli eventi e attraversata da continui episodi di violenza, vescovi e rappresentanti delle comunità religiose presenti in Terra Santa si sono recati questa mattina alla sinagoga teatro di un sanguinoso attacco terroristico, per esprimere solidarietà alla comunità colpita e condannare insieme tutti gli atti di violenza che non risparmiano – ormai – neppure i luoghi di preghiera. Alla visita hanno partecipato cristiani, musulmani, drusi e ebrei.  Sul versante cristiano era presente, oltre al patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, il patriarca greco-ortodosso Teofilo III. «Gli interventi – ha riferito all’Agenzia Fides il patriarca latino – hanno ripetuto con forza che nessuna ragione e nessuna intenzione di carattere politico possono giustificare la violenza contro persone in preghiera e assalti a luoghi dedicati al silenzio e all’orazione.

Sono state richiamate le responsabilità dei leader politici, ma anche quelle dei capi religiosi che devono trasmettere alle rispettive comunità sentimenti di pace e concordia, e vigilare affinché  non si sviluppino i semi cattivi dell’odio e dell’intolleranza».

«Il fatto stesso di riunirci insieme in quel luogo di dolore, colpito dalla violenza – ha proseguito mons. Twal – rappresenta un segno di speranza. Vuol dire che a Gerusalemme le diverse appartenenze religiose condividono la volontà di convivere in pace e nel rispetto reciproco, e che il conflitto e la violenza non possono prevalere e sfigurare il volto della Città Santa. Con questo spirito, noi cristiani ci prepariamo all’Avvento, sperando di poter accogliere pellegrini provenienti da ogni parte del mondo».

Sull’attentato alla sinagoga Kehilat Yaakov di Shimon Agassi Street, nel quartiere ortodosso di Har Nof, a Gerusalemme Ovest, è intervenuto anche Papa Francesco, nell’udienza generale di questa mattina: «Seguo con preoccupazione – ha detto il Santo Padre  – l’allarmante aumento della tensione a Gerusalemme e in altre zone della Terra Santa con episodi inaccettabili di violenza che non risparmiano neanche i luoghi di culto. Assicuro una particolare preghiera per tutte le vittime di tale drammatica situazione e per quanti più ne soffrono le conseguenze. Dal profondo del cuore, rivolgo alle parti implicate un appello affinché si ponga fine alla spirale di odio e di violenza e si prendano decisioni coraggiose per la riconciliazione e la pace.  Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento!».

Secondo fonti di polizia, due terroristi arabi, ieri mattina, verso le 7, sono entrati nella sinagoga con pistole, coltelli e spranghe avventandosi contro i fedeli. Gli attentatori, palestinesi di Gerusalemme Est, sono arrivati in auto, e appena entrati avrebbero iniziato a sparare con le pistole gridando «Allah hu-Akbar». Il bilancio dell’attentato è di cinque vittime (4 rabbini e un poliziotto) e 7 feriti fra i fedeli.

Gli attentatori sarebbero già stati identificati e le loro case di Gerusalemme Est rase al suolo. Un’azione che ha innalzato ancora di più la tensione: proprio in queste ore le strade della Gerusalemme sono teatro di sassaiole e atti vandalici che vedono protagonisti, secondo una strategia messa in atto già nel passato, soprattutto minorenni.

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Francesco D'Assisi

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