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Reinsediamento delle popolazioni beduine in Israele: l’Onu alza la voce

Terrasanta.net
25 settembre 2014
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Reinsediamento delle popolazioni beduine in Israele: l’Onu alza la voce
Un giovane beduino con sullo sfondo l'insediamento israeliano di Maalé Adumim. (foto Cts/m.a.b.)

Giorni fa il governo di Israele ha reso noto l'intendo di reinsediare nei pressi di Gerico le popolazioni beduine attualmente accampate a ridosso di Gerusalemme Est. La decisione è contestata da varie organizzazioni umanitarie israeliane. Anche l'Agenzia delle Nazioni Unite per l'assistenza ai profughi palestinesi critica la misura.


(Gerusalemme/n.k.) – La tensione era palpabile da qualche settimana. A fine agosto l’Amministrazione civile israeliana (organo governativo incaricato dei Territori palestinesi occupati) aveva pubblicato molteplici piani di reinsediamento delle popolazioni beduine.

I piani riguardavano principalmente le comunità nei dintorni di Gerusalemme Est e di Ma’alé Adumim, (uno dei più estesi insediamenti israeliani). Lo Stato di Israele intende trasferire queste popolazioni nomadi più a nord, in prossimità di Gerico.

Quando i progetti sono stati resi noti si sono elevate numerose voci di protesta. B’Tselem, una ong israeliana impegnata contro la colonizzazione dei Territori palestinesi, segnala due problemi rilevanti. Anzitutto il non aver tenuto in alcun conto i bisogni delle popolazioni beduine: «I piani sono stati realizzati senza alcuna consultazione dei residenti, i quali, quindi, non hanno potuto presentare obiezioni, né esprimere i propri bisogni». B’Tselem denuncia anche il rischio di distruzione della cultura beduina: Israele prevede infatti di collocare i beduini in alloggi «in muratura», del tutto estranei alla loro cultura nomade. «La nuova struttura (destinata ad ospitarli – ndr) sarà attorniata su ogni lato da un poligono di tiro, dalle colonie e da un posto di blocco militare, con il risultato di lasciare i beduini senza terre per i pascoli. Senza dimenticare il fatto che questi piani forzerebbero le diverse comunità a vivere fianco a fianco, contrariamente alle pratiche tradizionali», precisa ancora l’associazione.

In secondo luogo, molti temono che lo Stato ebraico si serva del reinsediamento di questa popolazione per trasformare le aree su cui attualmente abitano i beduini in una nuova colonia ebraica. Esiste in effetti un sogno antico, di collegare Gerusalemme Est (occupata militarmente da Israele nel 1967) alla colonia (illegale secondo il diritto internazionale) di Ma’alé Adumim. Progetto fin qui irrealizzabile proprio a causa della presenza beduina, che è forse uno degli ultimi baluardi contro l’erosione del territorio palestinese in Cisgiordania, sempre più frammentato per la presenza delle colonie israeliane.

Domenica 21 settembre sono scese in campo anche le Nazioni Unite con una presa di posizione di Pierre Krahenbühl, responsabile locale dell’Unrwa (l’agenzia Onu per l’assistenza ai profughi palestinesi). Il quale in un comunicato scrive che il progetto: «potrebbe aprire la strada all’espansione delle colonie illegali e compromettere ulteriormente la soluzione a due Stati». «Faccio appello alle autorità – ha detto Krahenbühl – perché non si proceda con questi reinsediamenti e ai (governi) donatori e alla comunità internazionale perché dichiarino apertamente la propria contrarietà». Anche il comunicato Unrwa rimarca l’assenza di coordinamento con le popolazioni interessate.

Nel riportare la notizia dei piani di reinsediamento il quotidiano Haaretz ha riferito che alti funzionari israeliani smentiscono l’assenza di negoziazioni con i beduini. Secondo queste fonti c’è stata una dozzina di incontri con i responsabili delle tribù.

Se il trasferimento previsto dovesse andare in porto, circa 12.500 beduini sarebbero coinvolti (sempre secondo Haaretz). Non sarebbe che un altro degli esodi che questo popolo ha già dovuto subire: nel deserto del Neghev e con le espulsioni provocate dalla guerra del 1948 e dall’occupazione della Cisgiordania nel 1967.

Resta da vedere se il governo di Israele seguirà o meno gli avvertimenti della comunità internazionale.

Nel dicembre scorso, messa alle strette, Israele aveva dovuto soprassedere al Piano Prawer-Begin per il reinsediamento forzato dei beduini del Neghev in centri urbani creati dallo Stato. L’idea, però, non è mai stata abbandonata del tutto.

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Ernesto Borghi

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