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Un poliziotto scrittore

di Elisa Ferrero
14 maggio 2014
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Muhammad Hosny Abul Ezz, poliziotto e scrittore, è uno dei tantissimi giovani egiziani ai quali la rivoluzione del 2011 ha cambiato la vita, restituendogli la forza di distinguere giusto e sbagliato. E di seguire, finalmente, la propria strada.


Sembra un’inquietante contraddizione in termini, un poliziotto scrittore. Quando mai, in Egitto, un poliziotto avrebbe le doti e la sensibilità necessarie per scrivere alcunché? I poliziotti sono quelli che bastonano senza pietà i manifestanti in piazza, torturano gli arrestati, chiedono mazzette a tassisti e autisti di microbus, perseguitano i venditori ambulanti, gestiscono reti di piccoli criminali per il potente del luogo. I poliziotti sono gente corrotta fino al midollo, impossibili da redimere. Sono i cattivi per eccellenza, quelli contro i quali, in primo luogo, si è mossa la rivoluzione del 25 gennaio 2011, perché erano i custodi del regno della paura del raìs Hosni Mubarak e del suo fido ministro dell’Interno Habib el Adly. Un poliziotto usa il manganello, non la penna, che diamine!

Eppure, questo ritratto spietato del poliziotto che abita l’immaginario di molti egiziani si sgretola un po’ di fronte alla storia di Muhammad Hosny Abul Ezz, un poliziotto che ha abbandonato il manganello e ha impugnato la penna per scrivere un libro, Taalimat Siyadatik («Agli ordini!»), edito dalla Dar Merit, celebre casa editrice indipendente cairota.

La storia di Muhammad è emblematica. Figlio della classe media, alla fine delle scuole superiori il suo sogno è iscriversi alla facoltà di Lettere. Il padre, però, che condivide il pregiudizio egiziano secondo il quale solo i falliti e i perditempo studiano lettere, lo obbliga a cambiare strada. Vorrebbe che il figlio diventasse medico ma, quando questo non supera l’esame di ammissione, non resta che un’ultima strada per evitare la facoltà dei falliti: l’Accademia militare di polizia. In realtà, Muhammad non potrebbe entrare in polizia, perché ha un difetto dell’udito. La raccomandazione di uno zio, però, risolve velocemente il problema e Muhammad diventa poliziotto.

Da dipendente del ministero dell’Interno, Muhammad è sottoposto a un duro addestramento che gli insegna sostanzialmente una cosa sola: obbedire. La suddivisione gerarchica in classi, all’interno della polizia, è sacra. Non importa conoscere la legge, nessuno la conosce fra i poliziotti. Non parliamo, poi, dei diritti umani. Ciò che conta è eseguire gli ordini del proprio diretto superiore, che a sua volta esegue gli ordini del suo, risalendo una lunga catena che giunge sino al ministro. E a ogni livello della gerarchia il superiore si diletta a opprimere l’inferiore, come ha imparato dal suo superiore. Tutto per un misero stipendio che non supera le 400 sterline egiziane (poco più di 41 euro). Muhammad racconta questo e altro nel suo libro.

Un giorno, però, scoppia la rivoluzione. Muhammad non resiste, vorrebbe da subito unirsi al sit-in di piazza Tahrir, ma l’esercito glielo impedisce, perché i manifestanti – secondo i militari – lo avrebbero linciato se avessero saputo che era un poliziotto. Poi i mesi passano, la rivoluzione continua e gli rode l’animo, costringendolo a fare i conti con la propria vita, a ripensare a tutti gli assunti e postulati sull’esistenza che prima dava per scontati. Con l’inizio della rivoluzione, Muhammad scopre che loro non sanno niente di legge e si chiede: «La sovranità appartiene al potere o alla legge?»

Infine, quando scoppiano i violenti scontri di via Mohammed Mahmoud, nel novembre 2011, Muhammad prende la decisione di dimettersi dalla polizia «per aggiustare il corso della sua vita», e torna al suo antico sogno, la scrittura. Descrive la sua esperienza nel ministero dell’Interno, senza rivelare nulla di nuovo in realtà, ma ricordando a tutti che dietro i caschi di quei giovanissimi poliziotti, crudeli ma anche affamati, malpagati e maltrattati, ci sono storie di vita umane e complesse.

Muhammad Hosny Abul Ezz, ex poliziotto e scrittore, uno dei tantissimi giovani egiziani ai quali la rivoluzione ha cambiato la vita.

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