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La preistoria del meticciato

Giorgio Bernardelli
2 ottobre 2012
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Questa volta mettiamo insieme due notizie che tra loro non c’entrerebbero proprio nulla. La prima è decisamente curiosa e riguarda la preistoria. Racconta di un antichissimo caso di meticciato, di una convivenza possibile proprio in quella che sarebbe poi diventata Terra Santa e terra di conflitti. La seconda notizia, invece, ci porta alla centrale nucleare israeliana di Dimona...


Porta di Jaffa un po’ strana questa volta. Dal momento che le nuove scritte anticristiane al Cenacolino hanno per il momento congelato le tenui speranze di cui parlavamo nell’ultimo intervento, questa volta più che dal presente mi sono lasciato guidare dagli altri due estremi della storia, mettendo insieme due notizie che apparentemente tra loro non c’entrerebbero proprio nulla.

La prima è decisamente curiosa e riguarda la preistoria. L’ho letta sul Jerusalem Post che la riprende dal Times di Londra: ma siccome entrambe la rilanciano su internet solo in una forma un po’ stringata per i lettori che non sono abbonati, il link che propongo sotto è una testata che si occupa di medicina. Per farla breve la notizia è questa: alcuni scavi archeologici in corso alle grotte di Nahal Me’arot – recentemente iscritte tra i siti Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco per le loro testimonianze sull’età preistorica – stanno facendo emergere un risultato a sorpresa. Contrariamente a quanto si pensava finora, ottantamila anni fa, almeno in questo posto, l’uomo di Neanderthal e l’Homo Sapiens vivevano in pace. Dagli scavi sono infatti emersi reperti che testimoniano la presenza contemporanea nelle grotte di entrambe le specie di primati. E dagli studi sugli scheletri non appaiono segni di traumi. Questo – secondo l’archeologo israeliano Daniel Kaufman – smentirebbe la tesi comune secondo cui il predominio dell’uno sull’altro sarebbe avvenuto in modo violento. Almeno a Nahal Me’arot, dunque, ci sarebbe stata una sorta di meticciato.

La notizia era troppo ghiotta per non fare titolo. Così in israele c’è addirittura chi – giocando un po’ con la fantasia – ha scritto che almeno a quei tempi lo Stato binazionale funzionava. Al di là dei sorrisi la vicenda è comunque intrigante: riflettere sulle origini è sempre un’occasione per ripensare chi siamo. E c’è una bella differenza tra porre all’inizio della propria specie una lotta senza quartiere per la sopravvivenza o un incontro. Non ho ovviamente gli elementi per dire se la tesi di Kaufman sia seria o abbia molto semplicemente un buon ufficio stampa. Ma faccio lo stesso spudoratamente il tifo per la prima ipotesi.

E soprattutto lui mi sta molto più simpatico di altri israeliani che alla preistoria sembrano preferire l’Armagheddon. E vengo così alla seconda notizia, che ho letto invece su Arutz Sheva. Udite udite anche alla centrale di Dimona – il luogo dove le testate nucleari israeliane ci sono ma non si dice (come predica la dottrina ufficiale dello Stato di Israele in materia) – è arrivato il rotolo della Torah. D’ora in poi non si pregherà più in un bunker ma in una sinagoga vera e propria. A renderlo possibile è stata la solita filantropa americana – Ira Rennert – sollecitata da un appello ad hoc lanciato da rav David Abuhatzeira. Niente di male in sé, ovviamente: il mio problema su Dimona non è affatto se c’è o no la sinagoga. Ma c’è una frase del rabbino riportata da Arutz Sheva che mi è andata decisamente di traverso: «La sinagoga in un reattore nucleare è una combinazione tremenda di santità e di forza». Gli consiglierei di andare a farsi un giro a Nahal Me’arot. Potrebbe imparare qualcosa.

Clicca qui per leggere l’articolo sulla scoperta archeologica a Nahal Me’arot

Clicca qui per leggere l’articolo di Arutz Sheva

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