Ieri mattina un razzo Qassam lanciato dalla Striscia di Gaza ha ucciso un uomo nella località israeliana di Netiv Ha'asara. La vittima è un lavoratore straniero di nazionalità thailandese. Il trentenne Mane Singauephon lavorava nel piccolo centro da oltre tre anni. Nel giro di poche ore Israele ha reagito con una rappresaglia aerea che ha preso di mira sei obiettivi. Due palestinesi sarebbero rimasti feriti nel corso dell'operazione.
(g.s.) – Ieri mattina un razzo Qassam lanciato dalla Striscia di Gaza ha ucciso un uomo nella località israeliana di Netiv Ha’asara. La vittima sarebbe è un lavoratore straniero di nazionalità thailandese. In Israele, i thailandesi trovano impiego soprattutto nel settore agricolo, in condizioni di particolare svantaggio.
La storia di Mane Singauephon, ucciso dal Qassam di ieri, è simile a quella di molti altri cittadini di Paesi d’Asia, Africa e America Latina che sciamano verso il Medio Oriente, l’Europa, l’Australia e il Nord America per dare un futuro più dignitoso alle proprie famiglie, pagando un alto prezzo in termini di sofferenza personale.
Il quotidiano israeliano The Jerusalem Post ha mandato un giornalista a intervistare i compagni di Mane. Ancora sotto choc hanno poche, consuete, parole per ricordarlo: aveva una trentina d’anni, lavorava a Netiv Ha’asara da un triennio abbondante, era un uomo buono, amava molto la moglie e il figlio rimasti in patria.
L’ordigno che lo ha ucciso è piovuto su una delle serre dell’azienda per cui il giovane thailandese lavorava. Mane era all’esterno e il suo corpo è stato trafitto in più punti dalle numerose schegge proiettate tutt’intorno dall’esplosione. Il personale sanitario d’emergenza non ha potuto fare nulla per salvarlo.
Gli 800 abitanti di Netiv Ha’asara, piccolo centro subito a nord della Striscia di Gaza, ai razzi ci hanno fatto l’abitudine da anni, tanto che non corrono più nei rifugi ogni volta che suonano le sirene dall’arme. Gli stessi lavoratori stranieri si limitano a gettarsi pancia a terra, per rimettersi subito all’opera appena cessa il pericolo. Stavolta c’è scappato il morto e qualcuno si chiede se sia giusto rimanere ancora. Intanto, in una scatola di cartone, i compagni di Mane Singauephon raccolgono qualche soldo con una colletta organizzata per esprimere solidarietà alla vedova lontana, che avrebbe anche potuto essere una qualunque delle loro mogli.
Dopo l’Operazione Piombo Fuso, di oltre un anno fa, Netiv Ha’asara aveva attraversato un periodo di relativa calma, ma in passato i razzi palestinesi avevano causato numerosi danni. L’ultima ad aver perso la vita fu, nel 2005, una studentessa israeliana che si trovava in visita alla stessa famiglia presso cui lavorava il giovane thailandese morto ieri.
La responsabilità del lancio del razzo, che proveniva secondo gli esperti militari israeliani dalla zona centrale della Striscia, è stata rivendicata sia dal gruppo Ansar al-Sunna, sia dalle Brigate dei martiri di al-Aqsa (vicine a Fatah). Hamas, secondo alcuni analisti, in questa fase ha tutto l’interesse a mantenere un basso profilo per potersi riarmare dopo la campagna militare israeliana dello scorso anno.
Nel giro di poche ore Israele ha reagito con una rappresaglia aerea che ha preso di mira sei obiettivi: tre tunnel lungo che attraversano la frontiera con l’Egitto, un edificio dove si assemblano armi e due gallerie impiegate per infiltrarsi in territorio israeliano. Due palestinesi sarebbero rimasti feriti.