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In Rete per la pace

04/09/2009  |  Milano
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In Rete per la pace
Anche i PC arruolati per la pace.

Quando si parla di Terra Santa restiamo sempre tutti affascinati dalla sua lunga storia. Ma Israele e la Palestina sono prima di tutto luoghi veri di oggi, luoghi vivi e soprattutto luoghi abitati da tanti giovani. Non stupisce - dunque - che anche qui spopolino i social network, la nuova frontiera delle reti informatiche. A questo proposito rilanciamo questa settimana due storie interessanti.


Quando si parla di Terra Santa restiamo sempre tutti affascinati dalla sua lunga storia. Ma Israele e la Palestina sono prima di tutto luoghi veri di oggi, luoghi vivi e soprattutto luoghi abitati da tanti giovani. Non stupisce – dunque – che anche qui spopolino i social network, la nuova frontiera delle reti informatiche. A questo proposito rilanciamo questa settimana due storie interessanti.

La prima è legata a un evento di pace molto significativo. Tra pochi giorni cadrà l’11 settembre, la data ormai segnata dall’attentato alle Torri Gemelle di New York. Quest’anno, però, c’è una coincidenza interessante: l’11 settembre cade all’interno del Ramadan e per di più di venerdì. A sottolinearlo sono stati quelli di mepeace.org, il primo social network specificamente dedicato alla pace in Medio Oriente.

Ideato dall’israeliano Eyal Raviv, conta oggi ben 3.037 peacemakers israeliani, palestinesi e di tanti altri Paesi, che attraverso questo strumento web si incontrano e mettono a confronto le proprie opinioni. Ma mepeace.org non è solo un luogo virtuale dove si chiacchera: insieme si promuovono anche gesti concreti di pace. E così è nata l’idea di promuovere a Beit Jala, nei pressi di Betlemme, una cena interreligiosa per la sera dell’11 settembre. Perché trovarsi proprio a cena? Perché durante il Ramadan per i musulmani le giornate finiscono al tramonto con l’iftar, la cena in cui la famiglia dopo la preghiera si riunisce per rompere il digiuno. Ma al tramonto del venerdì sera, dopo la preghiera in sinagoga che segna l’ingresso nello Shabbat, anche per le famiglie ebree osservanti la cena vissuta insieme è un momento molto importante. Di qui – dunque – l’idea di una cena interreligiosa proprio l’11 settembre. Tra l’altro in un luogo come la Talitha Kumi School di Beit Jala, una scuola cristiana (evangelica luterana) che – grazie ai suoi due ingressi – è accessibile sia da Israele sia dai Territori Palestinesi. Un gesto molto significativo, dunque, reso possibile proprio dall’abitudine a confrontarsi acquisita giorno dopo giorno attraverso mepeace.org.

Molto diversa, ma ugualmente interessante, è un’altra storia pubblicata su Arutz Sheva che parla – invece – di Twitter. Uno studente religioso di 25 anni, Alon Nir, ha dato vita a un’iniziativa che si chiama TweetYourPrayers.org. Chiunque può inviargli attraverso Twitter una preghiera che lui provvede a stampare e a infilare in una fessura del Muro Occidentale, il cosiddetto Muro del Pianto, il luogo più importante di preghiera per un ebreo. All’Israel National Radio, l’emittente di riferimento della destra religiosa israeliana, ha raccontato di passare ormai le sue giornate a stampare questi messaggi: 3 mila li ha già collocati, ma ce ne sono altri 2 mila in attesa. La notizia delle preghiere su Twitter può far sorridere. Ma secondo me sarebbe un errore banalizzarla. Perché dice bene il legame fisico che esiste tra un ebreo e questo luogo. Si fa troppo presto a dipingere i religiosi ultra-ortodossi come una massa di fanatici, per principio ostili alla pace. Chi conosce davvero Israele sa che non è così. Se vogliamo davvero costruire la pace non dobbiamo guardare all’amore dei religiosi per la propria terra come a un ostacolo; dobbiamo piuttosto chiederci come fare a trasformarlo in una risorsa per tutti. Ben venga, allora, anche Twitter, se ci aiuta a ricordarlo.

Clicca qui per leggere l’invito all’evento dell’11 settembre
Clicca qui per leggere l’articolo di
Arutz Sheva

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