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Il giorno di Gerusalemme

22/05/2009  |  Milano
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Il giorno di Gerusalemme
Uno scorcio di Gerusalemme ovest vista dalle mura della città vecchia.

Sono cominciati ieri sera a Gerusalemme i festeggiamenti di Yom Yerushalaim, la festività istituita dopo la «riunificazione» del 1967. È il giorno per eccellenza degli slogan sulla «capitale unica e indivisibile» di Israele. Ma è anche il giorno dei numeri sulla città. Gli stessi che spiegano come questo slogan abbia a che fare con i sogni, più che con la realtà.


Sono cominciati ieri sera a Gerusalemme i festeggiamenti di Yom Yerushalaim, la festività istituita dopo la «riunificazione» del 1967. È il giorno per eccellenza degli slogan sulla «capitale unica e indivisibile» di Israele. Ma è anche il giorno dei numeri sulla città. Gli stessi che spiegano come questo slogan abbia a che fare con i sogni, più che con la realtà.

Riprendiamo i dati da una fonte insospettabile come Arutz Sheva, l’agenzia vicina al mondo dei coloni. Intanto Gerusalemme è una città la cui popolazione è in forte crescita: gli ultimi dati parlano di 760.800 abitanti. Ma – nonostante i grandi quartieri ebraici costruiti intorno a Gerusalemme Est – è una crescita non omogenea: dal 1967 a oggi – è costretta a riconoscere persino Arutz Sheva – la popolazione ebraica è cresciuta del 150 per cento, quella araba del 290 per cento. Non solo: da qualche anno sono più gli ebrei che se ne vanno da Gerusalemme di quelli che decidono di stabilirsi qui; nel 2008 se ne sono andati in 18.500 contro i 13.600 nuovi arrivi. Anche se l’agenzia dei coloni si premura di rassicurarci dicendo che «è andata meglio rispetto agli anni scorsi». Ma il dato forse più interessante è riportato in fondo: Gerusalemme è la città più giovane di Israele; il 53 per cento dei suoi abitanti ha meno di 24 anni, il 41 per cento è addirittura sotto i 18.

Altri numeri – impietosi – ieri li riportava Haaretz. Erano quelli sulla condizione dei palestinesi che vivono a Gerusalemme Est: due terzi vive sotto la soglia della povertà, 160 mila abitano in case «abusive» perché in zone prive di piano regolatore, decine di migliaia vivono senza collegamenti alla rete idrica e a quella fognaria, per metà dei bambini palestinesi non c’è letteralmente posto nelle aule scolastiche. Haaretz non lo scrive ma lo aggiungiamo noi: sono problemi che la costruzione del «muro di separazione» ha accentuato, perché per non rimanere dalla parte sbagliata migliaia di palestinesi di Gerusalemme Est hanno traslocato in case di fortuna.

La verità – dunque – è che la «capitale unica e indivisibile» oggi è una città che cresce in maniera del tutto disordinata. Ecco, allora, che il nuovo sindaco Nir Barkat ha deciso di correre ai ripari. Sì, perché mentre eravamo occupati a raccontarvi il viaggio del Papa, nelle settimane scorse nella Città Santa è successo un fatto straordinario: per la prima volta dal 1957 un sindaco ha presentato un progetto di piano regolatore. E – come ogni cosa a Gerusalemme – lo ha fatto in grande stile e con grandi ambizioni: sulle piantine appaiono ben cinque parchi metropolitani, con l’obiettivo di creare un anello verde intorno alla città; e poi piste ciclabili, valorizzazione turistica, pianificazione ordinata. E – udite, udite – nel piano si prevede addirittura di costruire 13.550 case per i palestinesi, 10.000 delle quali potrebbero essere già pronte entro il 2030.

Meraviglioso. Se non fosse per un piccolo dettaglio: dove verrebbero costruite queste case? Solo 750 nella zona più vicina alla Città Vecchia (quella – per intenderci – dove oggi ci sono le case «abusive»). Tutte le altre sarebbero nei quartieri periferici: A-Tur (1.500), Beit Hanina-Shufat (2.500), Tel Adesa (2.000), Jabel Mukabar (2.500). Guarda un po’, alla fine il moderno piano regolatore (quello «verde» e «sostenibile») redatto dal laico Nir Barkat (quello che non è mica un colono ultra-ortodosso) alla fine ha lo stesso obiettivo di sempre: allontanare le case degli arabi dalle mura della Città Vecchia. Del resto lì sono «abusive», no?

Definire «abusivo» qualcosa in un posto che da 42 anni è privo di un piano regolatore è un’operazione di un’ipocrisia senza limiti. Eppure – mentre si fantastica allegramente sul nuovo piano di pace di Obama – è questo il nuovo fronte estremamente caldo del conflitto a Gerusalemme. Qualche settimana fa raccontavamo la vicenda del quartiere di Silwan. Adesso – come spiega l’ultimo articolo che rilanciamo, tratto dal Jerusalem Post – un’altra battaglia a colpi di avvocati si è aperta a Sheikh Jarrah, un altro quartiere arabo a ridosso della Porta di Damasco. Anche qui un ordine di demolizione pende su 28 case «abusive» abitate da palestinesi. E che cosa verrebbe costruito al loro posto? Un complesso di 200 appartamenti di proprietà di una fantomatica immobiliare chiamata Nahal Shimon International. Che guarda caso ha sede negli Stati Uniti.

L’urbanistica è una cosa molto seria. Se il mondo della politica e quello dell’informazione vogliono davvero fare qualcosa di buono per il Medio Oriente, la smettano con le chiacchiere vuote e diano piuttosto un’occhiata alle planimetrie che girano di questi tempi a Gerusalemme.

Clicca qui per leggere l’articolo di Arutz Sheva
Clicca qui per leggere l’articolo di Haaretz
Clicca qui per leggere il comunicato sul nuovo piano regolatore di Gerusalemme
Clicca qui per leggere l’articolo del Jerusalem Post

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