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L’orsacchiotto sudanese

19/12/2007  |  Milano
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Citavamo già qualche settimana fa il principe Hassan bin Talal di Giordania come una delle voci più coraggiose nel dialogo tra l'islam e l'Occidente. È di questi giorni un altro suo intervento su un tema molto caldo: la vicenda della professoressa inglese e dell'orsacchiotto a cui in Sudan è stato dato il nome Muhammad. Apparso inizialmente sul Guardian questo articolo è stato poi rilanciato anche in arabo da Common Ground, uno dei siti più importanti dedicati al dialogo in Medio Oriente.


Citavamo già qualche settimana fa il principe Hassan bin Talal di Giordania come una delle voci più coraggiose nel dialogo tra l’islam e l’Occidente. È di questi giorni un altro suo intervento su un tema molto caldo: la vicenda della professoressa inglese e dell’orsacchiotto a cui in Sudan è stato dato il nome Muhammad. Apparso inizialmente sul Guardian questo articolo è stato poi rilanciato anche in arabo da Common Ground, uno dei siti più importanti dedicati al dialogo in Medio Oriente.

«L’aspetto più spaventoso di questa vicenda – osserva il principe Hassan – è il fatto che sia emersa in un’aula scolastica. La scuola è sempre più una delle frontiere di quello scontro di civiltà tra l’islam e l’Occidente oggi percepito da molte persone». L’esponente della famiglia reale giordana invita i musulmani ad andare a cercare il senso più autentico di quel rispetto che l’islam chiede per il nome del Profeta. «Senza dubbio – commenta – quel bambino di sette anni che porta lo stesso nome del Profeta Maometto (la pace sia su di lui) e che innocentemente lo ha suggerito per un simbolo di amore per i bambini di tutto il mondo, oggi si sta interrogando sulla sua vera identità. Se non può dare a qualcuno il suo nome in segno d’amore chi è lui e qual è il suo valore?».

Contemporaneamente, però, Hassan invita anche l’Occidente a considerare il contesto tribolato del Sudan, il Paese in cui questo episodio è avvenuto, prima di trasformarlo in un’occasione per guardare ancora una volta a tutto l’islam come a una minaccia. «Questo episodio – continua – dovrebbe suonare come un campanello di allarme per capire fino a che punto la strada dell’incomprensione reciproca ci abbia già condotto».

«Viviamo tempi difficili – è la conclusione – e ci sono già molte persone che vorrebbero costruire offese e creare divisione anche dove non ce n’è ragione. Facciamo tutto il possibile per non aiutarli in questo sforzo distruttivo».

Clicca qui per leggere l’articolo del principe Hassan di Giordania

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Francesco D'Assisi

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