In Israele disposizioni del primo luglio 2006 stabiliscono che le agenzie di intermediazione non possano chiedere al lavoratore straniero in cerca di lavoro compensi superiori ai 3.050 shekel (circa 535 euro). In teoria chi contravviene alle norme dovrebbe essere punito multe o carcere fino a sei mesi. In realtà, però, le cose vanno molto diversamente. Gli immigrati filippini, ad esempio, versano in media una tariffa sei volte superiore a quella permessa dalla legge. E per entrare in possesso di tale cifra sono costretti a contrarre prestiti a tassi mensili che raggiungono l'8 per cento. La denuncia di Kav LaOved.
(g.s.) – Gli operatori di Kav LaOved, l’organizzazione israeliana che difende i diritti dei lavoratori più deboli – un tempo palestinesi, ora stranieri, ma anche cittadini israeliani delle fasce sociali più basse -, certe cose le sanno da un pezzo. Sanno che le norme israeliane a tutela dei lavoratori stranieri vengono spesso disattese da chi offre impiego e non fatte rispettare col dovuto rigore dalle autorità preposte.
È il caso, ad esempio, dei regolamenti che riguardano le tariffe massime di intermediazione che possono essere richieste a un lavoratore per l’istruttoria della pratica che gli permetterà di ottenere un impiego temporaneo in Israele e il relativo permesso di soggiorno. Disposizioni del primo luglio 2006 stabiliscono che non si superino i 3.050 shekel (circa 535 euro). Chi contravviene può andare incontro a multe e a sei mesi di carcere. In realtà, però, le cose vanno molto diversamente.
Per averne un’ulteriore conferma Kav LaOved nell’ultimo anno ha chiesto ad alcuni degli immigrati filippini che si sono rivolti ai suoi uffici di compilare appositi questionari.
Nei giorni scorsi l’organizzazione ha presentato i risultati emersi da un piccolo campione di 35 intervistati (probabilmente non sufficiente per dare una veste di scientificità all’indagine, ma tale da fermare su carta gli echi di ben più numerosi colloqui).
Gli immigrati filippini versano, in media, una tariffa sei volte superiore a quella permessa dalla legge. Per entrare in possesso di tale cifra sono costretti a contrarre prestiti a tassi mensili che raggiungono l’8 per cento. Il grosso della somma viene versato all’arrivo in Israele e dunque, fa osservare Kav LaOved, le autorità israeliane hanno la possibilità di esercitare il loro potere di controllo. Fin qui, però, nessuno è stato perseguito per la violazione delle norme.
A sembrare beffardo è il fatto che dopo l’introduzione dei regolamenti sulle tariffe, queste ultime sono aumentate. Oggi in media un cittadino filippino che voglioa lavorare in Israele versa in media poco meno di 4.700 dollari (3.300 euro) cioè 400 dollari in più di quanto versava prima del luglio 2006.