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Matrimoni «ecumenici» e diritto canonico

27/06/2007  |  Milano
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Capita di frequente nei Paesi del Medio Oriente, dove il cristianesimo non è la religione della maggioranza, che due giovani entrambi credenti in Cristo ma secondo confessioni diverse, si innamorino e decidano di sposarsi. Che lo sappiano o meno, essi affrontano uno degli argomenti più delicati e più dibattuti nella storia del diritto canonico e del dialogo ecumenico. La validità, la liceità, la stessa opportunità del loro matrimonio è infatti l'esito di una riflessione vecchia di ben diciassette secoli e non ancora conclusa. In proposito ecco un interessante studio del canonista francescano Raimondo Girgis.


Capita piuttosto spesso nei Paesi del Medio Oriente, dove il cristianesimo non è religione maggioritaria, che due giovani ugualmente credenti in Cristo, ma appartenenti a confessioni diverse, si innamorino e decidano di convolare a nozze. Che lo sappiano o meno, essi affrontano uno degli argomenti più delicati e più dibattuti nella storia del diritto canonico e del dialogo ecumenico. La validità, la liceità, la stessa opportunità del loro matrimonio è infatti l’esito di una riflessione vecchia di ben diciassette secoli e non ancora conclusa, né da parte della Chiesa cattolica, né da quella delle Chiese ortodosse o riformate, che per missione o per storia condividono con i cattolici gli stessi spazi e quindi devono far fronte alle conseguenze degli incontri che avvengono tra i rispettivi figli spirituali.

Sembra di poter dire che, soprattutto negli ultimi anni, o almeno a partire dal concilio Vaticano II, prenda il sopravvento un certo insopprimibile anelito all’unità di quanti professano la comune fede in Cristo e che le diverse Chiese tendano a riconoscere il valore positivo e il carattere vocazionale di una famiglia che si forma, anche se gli sposi non sono in materia di fede in perfetta comunione, come neppure le Chiese di riferimento. Ma le cose non sono sempre state così semplici: il pensiero giuridico e teologico sui matrimoni misti, cattolico o meno, è storicamente sfociato in un giudizio oscillante sia per quanto riguarda la validità di detti connubi sia, almeno, la loro liceità: le conclusioni cui sono giunti i legislatori di tutte le epoche hanno chiaramente influito sulla vita di molte famiglie come anche sulla qualità dei rapporti tra le Chiese.

Chi dunque studia queste problematiche ha la possibilità di leggere in filigrana, da un punto di vista privilegiato, il cammino stesso dell’ecumenismo, a maggior ragione in Paesi come Libano, Siria, Egitto e Giordania, dove l’unità dei cristiani sembra essere talvolta coessenziale alla loro stessa sopravvivenza in loco. Tra gli studiosi che si sono occupati dell’argomento va segnalato Raimondo Girgis, francescano della Custodia di Terra Santa e giudice nel tribunale d’Appello della Chiesa patriarcale armena-cattolica ad Aleppo, che nel suo lavoro intitolato I matrimoni misti nelle situazioni particolari delle Chiese Patriarcali Cattoliche ha ripercorso i passi salienti dell’evoluzione dell’istituto matrimoniale nella riflessione della Chiesa cattolica latina, nelle Chiese patriarcali cattoliche e nelle sorelle ortodosse, attingendo ad una grande quantità di documenti ufficiali, a partire da quelli emessi dalla Santa Sede.

L’autore procede dapprima ripercorrendo le decisioni in materia dei concili e dei sinodi più antichi (Calcedonia, Laodicea, Trullano ecc). Di seguito viene accennata l’evoluzione della prassi e della dottrina canonistica tanto delle Chiese patriarcali cattoliche (melchita, armeno-cattolica, siro-cattolica, copto-cattolica, maronita e caldea) quanto nelle omologhe ortodosse. Viene poi data notizia dei tentativi occorsi nel corso dei secoli da parte della Chiesa cattolica di uniformare e ratificare le prassi invalse nei singoli contesti, fino ai due grandi spartiacque, di tendenza opposta, rappresentati dalla lettera motu proprio di Papa Pio XII Crebrae allatae, del 22 febbraio 1949, decisamente rigida persino rispetto alla variegata legislazione precedente, e dai documenti nati in seno al concilio Vaticano II, pregni dello spirito d’apertura e di dialogo che gli sono propri, di cui sono riverbero la stesura del Nuovo Catechismo e il Codice dei canoni delle Chiese orientali, del 1990, che tramite successivi accordi con le Chiese sorelle regola tuttora la legislazione vigente in questo campo.

Lo studio di Raimondo Girgis si conclude accennando alla prassi recepita dalle Chiese ortodosse e dalla giurisprudenza civile negli stati del Medio Oriente dove sussiste una cospicua, ancorché eterogenea, comunità cristiana: quest’ultimo punto aiuta il lettore a comprendere come i concetti di unità e concordia formulati dal concilio Vaticano II anche in materia di matrimoni misti necessitino ancora di molto lavoro e molti tentativi prima di essere recepiti a sufficienza.

(Alcune copie del volume sono disponibili presso la sede di Milano
delle Edizioni Terra Santa
)  

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