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Susanna Tamaro, la Terra Santa e il respiro di Dio

15/01/2007  |  Milano
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Susanna Tamaro, la Terra Santa e il respiro di Dio
La scrittrice Susanna Tamaro.

Famosa in tutto il mondo per il suo Va' dove ti porta il cuore, Susanna Tamaro è in libreria con un nuovo romanzo (Ascolta la mia voce) nel quale si interroga sul senso dell'esistenza e del dolore. E che si conclude con un itinerario in Terra Santa alla ricerca delle proprie origini spirituali. In un'intervista rilasciata a Roberto Beretta e pubblicata nel numero di gennaio-febbraio 2007 del bimestrale Terrasanta, la scrittrice triestina racconta il suo rapporto con i Luoghi Santi. Anticipiamo qui alcuni passaggi del lungo colloquio.La Tamaro ci parla delle sue radici ebraiche, dell'esperienza giovanile in un kibbutz e dell'intimo rapporto che ha con la Bibbia e con la città di Gerusalemme.


Famosa in tutto il mondo per il suo Va’ dove ti porta il cuore, Susanna Tamaro è in libreria con un nuovo romanzo (Ascolta la mia voce) nel quale si interroga sul senso dell’esistenza e del dolore. E che si conclude con un itinerario in Terra Santa alla ricerca delle proprie origini spirituali. In un’intervista rilasciata a Roberto Beretta e pubblicata nel numero di gennaio-febbraio 2007 della rivista Terrasanta, la scrittrice triestina racconta il suo rapporto con i Luoghi Santi. Ecco alcuni passaggi del lungo colloquio.

Nel suo ultimo libro, Susanna Tamaro ha scelto proprio la Terra Santa come sfondo. E viene da chiedersi come mai, una scrittrice così attenta alle sfumature dell’intimo, abbia prediletto uno scenario che – da una parte – sembra scontato parlando di spiritualità, e – dall’altra – oggi è consueto ai giornali per caratteristiche purtroppo assai poco «religiose».

Signora Tamaro, lei ha esordito in libreria con l’invito ad andare «dove ti porta il cuore». E in quale occasione il cuore l’ha portata in Terra Santa?
È successo parecchie volte… La prima nel 1979 (ancora non c’era l’Intifada): sono stata vari mesi in un kibbutz della Galilea. Poi sono tornata qualche anno dopo, ma stabilendomi in città. Quindi ancora con diversi pellegrinaggi e in occasioni più ufficiali. E ci vorrei tornare di nuovo, perché uno dei sogni della mia vita (un desiderio che quasi sicuramente non realizzerò) sarebbe quello d’imparare l’ebraico, perché vorrei leggere i Salmi come gli ebrei, sentirne la musica sonora.

Come mai ha scelto di ambientare parte del romanzo proprio in Terra Santa?
Perché per me l’esperienza nel kibbutz è stata molto importante e poi sono convinta che se non ripartiamo dalla base della convivenza umana – cioè il Decalogo, la legge dell’Alleanza – non abbiamo prospettive. Il punto di partenza di tutta la civiltà e del nostro essere si fonda sul patto della Bibbia, e questo è un elemento un po’ troppo dimenticato.

Che cosa l’ha colpita di Gerusalemme? Cos’è la città santa per lei?
È un luogo estremamente inquietante. «È talmente piena di Dio che non si riesce a respirare», dice con ragione Marta nel mio romanzo. Dà un senso di troppo; laggiù tutto è «troppo». L’ultima volta ci sono andata nel 2000, era l’ultima settimana di relativa pace per Gerusalemme; la cui intensità comunque sconvolge: è davvero l’ombelico del mondo, la città di infiniti turbamenti.

Lei sembra intrattenere un rapporto intenso e continuo con la Bibbia. Qual è la parte dell’Antico Testamento che ama di più?
Quando sono andata la prima volta in Terra Santa ero totalmente ignorante di Bibbia e in generale di tutto ciò che riguardava la religione. La mia fede era molto tra parentesi, perché non avevo avuto nessuna formazione religiosa. Possedevo un forte senso di Dio, ma non avevo trovato un ambiente in cui crescerlo; perciò la mia ricerca è andata assai a tentoni e in essa la Bibbia ha certamente rivestito un ruolo fondamentale. A parte i Salmi, ovviamente, il libro che preferisco è quello di Geremia. Troppo triste? Sì, è vero; ma anch’io sono triste… E comunque mi piace la missione di quel profeta in tempi di idolatria. Mi piace quella frase: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso» (Ger 20,7), che ripeto spesso.

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