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Fra Ielpo ai volontari per la Terra Santa, testimoni della generosità divina

Giuseppe Caffulli
20 ottobre 2025
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Fra Ielpo ai volontari per la Terra Santa, testimoni della generosità divina
Il Custode di Terra Santa, fra Francesco Ielpo, durante l'intervento conclusivo della Giornata dei volontari di Terra Santa il 18 ottobre 2025 a Roma.

Pellegrini di speranza in Terra Santa: il Custode Francesco Ielpo alla diciottesima Giornata dei volontari. Un incontro per riscoprire la logica del dono, nel cuore della missione francescana in quella regione. Un appello ai volontari: essere segno concreto dell’amore di Dio.


Sabato 18 ottobre, a Roma, si è svolta la diciottesima Giornata dei volontari di Terra Santa, un appuntamento che da anni raduna amici, benefattori e sostenitori della missione francescana in Medio Oriente. Un’occasione speciale, quest’anno segnata da una forte carica simbolica: nell’anno giubilare il titolo scelto, Pellegrini di speranza in Terra Santa, ha fatto da filo conduttore all’intervento del Custode di Terra Santa, fra Francesco Ielpo, che dal giugno scorso ha iniziato il suo servizio subentrando a fra Francesco Patton.

In un contesto segnato dalle ferite profonde della guerra e dalle tensioni religiose e politiche che continuano a lacerare la Terra Santa, il Custode ha voluto offrire una chiave di lettura spirituale e concreta del cammino compiuto dai volontari: una chiamata a essere segni viventi del Donatore, testimoni di una speranza che nasce dal riconoscere ogni giorno il dono gratuito di Dio.

Al centro del discorso di fra Francesco, giunto al termine di un’intensa giornata che ha offerto testimonianze ed esperienze di aiuto e condivisione con le tante necessità delle comunità cristiane locali, un tema profondamente francescano: la logica del dono. Riprendendo le parole del Testamento di san Francesco d’Assisi – «Il Signore dette a me, frate Francesco» – il Custode ha invitato a contemplare l’origine di ogni missione cristiana nella gratuità del dono divino.

Non si tratta – ha affermato fra Francesco – «di un concetto astratto, ma di un’esperienza vissuta»: Francesco riconosce tutta la sua vita come frutto di un dono ricevuto. E proprio questo sguardo – capace di vedere nel mondo, anche dentro le sue contraddizioni, i segni della misericordia di Dio – è ciò che accomuna i frati della Custodia e i volontari, provenienti da esperienze e spiritualità diverse, ma uniti dallo stesso desiderio di restituire ciò che gratuitamente hanno ricevuto.

La vita, ha ricordato fra Francesco, «non è meravigliosa quando tutto va bene, una condizione impossibile, ma quando si è in grado di scorgere in ogni cosa il riflesso del Donatore». Anche i doni «sgraditi», come la sofferenza o una perdita (di una persona cara, del lavoro, della casa), possono aprire a una comprensione più profonda dell’amore di Dio.

«Il peccato più grande, per Francesco d’Assisi, è l’appropriazione di ciò che non è nostro», ha sottolineato il Custode. Ed è proprio dalla consapevolezza di aver ricevuto che nasce il desiderio di restituire: nei gesti di carità, nella vicinanza, nell’impegno quotidiano per gli altri.

«Le diverse associazioni e realtà che collaborano con la Custodia – ha fatto notare – esprimono carismi diversi, tessere di un mosaico che trova unità nell’origine comune: lo Spirito che dona gratuitamente, affinché ciascuno possa a sua volta diventare dono per gli altri».

Nel racconto toccante di un viaggio in Siria, di qualche anno fa, fra Francesco ha descritto il momento in cui, dopo aver contribuito alla ricostruzione di una palazzina bombardata, si è trovato davanti al padre di un giovane ucciso. Quest’uomo, in lacrime, non piangeva solo per il figlio perduto, ma per la commozione di sentirsi amato da qualcuno che, dall’altra parte del mondo, aveva scelto di aiutarlo senza conoscerlo. La Chiesa non è un’organizzazione umanitaria, ma un popolo che sa rendere visibile l’amore del Donatore attraverso relazioni, volti e gesti concreti.

Alla luce di tutto questo, fra Francesco ha rilanciato con forza la missione affidata ai volontari: essere trasparenza del Donatore, come l’acqua lodata da san Francesco, umile, utile, limpida. Ma a suo modo inarrestabile. Non basta portare aiuti, pur necessari: ciò che conta è il modo in cui si dona, la gratuità che rimanda sempre all’origine, a quel Dio che si fa vicino nelle pieghe della storia, anche quella più tragica. È questa «trasparenza» che genera la speranza.

Alla fine del suo intervento, fra Francesco ha ringraziato i presenti, non solo per ciò che fanno, ma per ciò che sono: persone che, con la loro presenza, testimoniano che Dio continua a donare, anche nei luoghi più feriti della Terra.

Essere pellegrini di speranza non significa camminare a vuoto, ma condividere un cammino di restituzione, di fraternità, di prossimità. È una chiamata che interpella tutti: frati, volontari, benefattori, amici della Terra Santa.

Una chiamata a guardare ogni giorno il mondo con gli occhi di san Francesco: non fermarsi al dono, ma risalire al Donatore. Solo così la speranza può diventare concreta. Solo così la Terra Santa ferita, ma costantemente amata, può tornare a essere grembo di un’umanità riconciliata.

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