(g.s.) – Imperfetta, vituperata, inefficace e costosa, l’Organizzazione delle Nazioni Unite – con le sue varie articolazioni – non suscita grandi entusiasmi e attira critiche da ogni dove. Sul piano della convivenza tra le nazioni a livello planetario, però, è tutto quello che abbiamo a disposizione in alternativa alla legge del più forte o al ciascuno-per-sé. Unica risorsa per non gettare brutalmente alle ortiche il diritto internazionale (nei fatti così poco cogente).
Ieri, 18 settembre 2024, a New York l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato una risoluzione che chiede a Israele di porre fine entro 12 mesi all’occupazione dei Territori palestinesi (inclusa Gerusalemme Est) che dura da 57 anni: 124 i voti a favore, 14 i contrari (inclusi gli Stati Uniti), 43 le astensioni (tra cui quella dell’Italia).
La risoluzione, che sarà ovviamente disattesa (lo dicono i fatti sul terreno e un conflitto sul punto di allargarsi oltre la Striscia di Gaza anche in Libano), recepisce il parere legale che la stessa Assemblea aveva richiesto mesi fa alla Corte internazionale di giustizia. L’organo giudiziario della galassia Onu si è espresso il 19 luglio scorso riconfermando la sua precedente giurisprudenza. Dal punto di vista del diritto internazionale – ha ribadito la Corte – l’occupazione militare israeliana dei Territori palestinesi è illegale e Israele deve cessarla. Agli Stati membri delle Nazioni Unite e all’Organizzazione stessa, i giudici dell’Aia impongono di prendere (nuovamente) atto di questa illegalità e di agire di conseguenza, non avallandola ma anzi ribadendo l’opposizione di principio.
La bozza della risoluzione adottata ieri al Palazzo di vetro è stata proposta all’Assemblea dall’ambasciatore palestinese Riyad Masnour, avvalendosi dei diritti e privilegi aggiuntivi che il massimo organo dell’Onu ha concesso alla Palestina il 10 maggio scorso, quando – forzando un po’ la Carta delle Nazioni Unite e dichiarando che ciò non può essere considerato un precedente – ha consentito che possa prendere parte attiva ai lavori assembleari senza godere però del diritto di voto. Situazione che durerà finché il Consiglio di Sicurezza non acconsentirà alla Palestina di divenire Stato membro dell’Onu a pieno titolo (determinante in tal senso è il diniego fin qui opposto dagli Stati Uniti, che equivale a un veto).
→ Leggi anche: Riconoscimenti della Palestina, l’Europa in ordine sparso
Il testo della risoluzione è piuttosto articolato e prevede, tra l’altro, anche la convocazione di un’assemblea internazionale, sotto gli auspici dell’Onu, «per l’attuazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite relative alla questione della Palestina e alla soluzione dei due Stati per il raggiungimento di una pace giusta, durevole e complessiva in Medio Oriente».
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