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Una commedia nera per le strade di Haifa

Anna Jannello
26 aprile 2023
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Una commedia nera per le strade di Haifa

Sta in continuo equilibrio fra umorismo e dramma, coinvolgendo piacevolmente lo spettatore, il nuovo film della regista israelo-palestinese Maha Haj, nata a Nazaret nel 1970. Con sensibilità, tratta un tema delicato come la depressione.


Ci sono molti buoni motivi per andare a vedere Mediterranean Fever, film premiato l’anno scorso a Cannes come miglior sceneggiatura nella sezione Un Certain Regard, che uscirà sugli schermi italiani questo 27 aprile 2023. Perché è una black comedy, in continuo equilibrio fra umorismo e dramma, capace di sorprendere e coinvolgere piacevolmente lo spettatore scena dopo scena. Perché la regista è una donna, ma il film racconta l’amicizia fra due uomini. Per l’altissimo livello interpretativo degli attori protagonisti. Per la sensibilità con cui tratta un tema delicato come la depressione. E non ultimo, per come la regista Maha Haj, nata a Nazaret nel 1970, affronta la questione palestinese che aveva posto in evidenza nel primo lungometraggio Personal Affairs (intricata storia di una famiglia fra la Cisgiordania e la Svezia, selezionato nel 2016 per Un certain Regard), ma che invece permane sullo sfondo in Mediterranean Fever. La febbre mediterranea è forse il malessere sociale, politico, psicologico che colpisce i palestinesi di Haifa, un terzo dei suoi 300 mila abitanti?

La città araba è infatti lo scenario – con i suoi vecchi quartieri come Wadi Saleeb, Wadi Nisnass e Halleesa, dal 1948 volutamente trascurati dall’amministrazione israeliana – in cui si muovono i protagonisti: «Ho voluto girare molte scene fra le vie strette e i bei palazzi tradizionali come omaggio all’antico cuore della città che il governo ha intenzione di abbattere» ha spiegato Maha Haj, presentando il film al Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina il mese scorso a Milano.

I protagonisti – Waleed, scrittore in perenne ricerca d’ispirazione e Jalal, piccolo truffatore inseguito dai creditori – abitano invece in una palazzina moderna non lontana dal mare che, con le sue nuvole autunnali e le spiagge deserte, è un’altra presenza costante nella loro vita quotidiana.

Nelle scene iniziali del film è evidente la profonda insofferenza di Waleed – depresso cronico, vive rinchiuso nel bozzolo famigliare – verso il chiassoso nuovo arrivato Jalal che ascolta musica ad alto volume mentre lui cerca invano di concentrarsi davanti allo schermo del pc. La tensione si inasprisce in un incontro notturno con gli aggressivi cani di Jalal e sfocia in litigio quando quest’ultimo chiama con il nome ebreo una strada nelle vicinanze (la coscienza politica di Waleed appare anche quando deve affrontare il problema del figlio in conflitto con l’insegnante di geografia che parla di Gerusalemme come capitale d’Israele).

A poco a poco però nello scrittore frustrato la curiosità verso lo sconosciuto prevale sulla diffidenza. L’assertivo, vitale, vicino riesce a trascinarlo fuori dal suo torpore esistenziale meglio degli inutili colloqui con la psicologa.  Con la scusa di trovare spunti per il suo romanzo, Waleed accompagna Jalal a riscuotere con la forza dei debiti (è minacciato a sua volta da una banda di malavitosi a cui deve parecchio denaro), lo aspetta in auto mentre fa visita alla giovane amante, viene così coinvolto in situazioni diverse dalla sua esistenza piccolo borghese.

Pur nella diversità di carattere e modo di affrontare la vita, entrambi gli uomini sono anime ferite e inquiete che trovano stabilità nelle rispettive mogli, donne concrete, impegnate a mantenere la famiglia. Il punto di svolta nella loro amicizia arriva quando, mentre stanno pescando sul lungomare, Waleed chiede a bruciapelo al vicino di trovargli un sicario. E la commedia evolve gradualmente verso il dramma rendendo sempre più manifesto il profondo malessere di Waleed. I due si affrontano in un teso confronto: «un codardo ha paura della morte» afferma Waleed «un codardo ha paura della vita» gli ribatte Jalal, che però non abbandona l’amico e pianifica con lui la strategia che li porterà al tragico epilogo finale.

In Mediterranean Fever è determinante la bravura dei protagonisti: «Ho pensato subito ad Amer Hlehel per interpretare Waleed» ha detto Maha Haj «ad Ashraf Farah sono arrivata dopo molti provini prima di trovare la persona giusta per il non facile ruolo di Jalal». Tutti gli attori sono palestinesi e il film, pur senza classificarsi tra i primi cinque, ha rappresentato la Palestina alla selezione per il Miglior film internazionale ai Premi Oscar 2023.


Mediterranean Fever
regia: Maha Haj
interpreti: Amer Hlehel, Ashraf Farah, Anat Hadid, Samir Elias, Cynthia Saleem
genere: drammatico
produzione: Germania – Francia – Cipro – Palestina, 2022
durata: 108 minuti

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